Un porcino, uno champignon, un chiodino o un prataiolo. Fin qui, chi più chi meno, li conosciamo tutti abbastanza bene. Ma sappiamo anche che il sottobosco è pieno di funghi dall’aspetto appetitoso da cui, tuttavia, è bene tenersi alla larga: basta pensare, infatti, che i funghi velenosi sono responsabili di oltre 100 morti all’anno e di migliaia di ricoveri per intossicazioni gravi. Ma ora, un team di ricercatori dello statunitense Agricultural Research Service (Ars) ha appena messo a punto un semplice test in grado di rilevare in pochi minuti il più potente dei veleni nei funghi, l’amanitina, una tossina letale. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Toxins.
La distinzione tra specie di funghi velenosi e non si basa principalmente sull’identificazione corretta del fungo da parte di un esperto. Eppure, sebbene possa identificare funghi mortali solo osservandone l’aspetto, non può vedere le sostanze tossiche che si nascondono al loro interno. I funghi, infatti, possono variare molto per le caratteristiche fisiche, rendendo quindi molto difficile il compito di identificare quali sono tossici e quali no. Ad esempio, l’Amanita di primavera (Amanita velosa) è un fungo selvatico commestibile, ma a un occhio non allenato potrebbe sembrare simile al fungo più pericoloso esistente in natura, a causa della sua elevata tossicità: l’Amanita phalloides (o angelo della morte), responsabile di oltre il 90% delle morti per avvelenamento da funghi in Europa.
Questo nuovo test, quindi, potrebbe essere uno strumento più sensibile e affidabile per identificare i funghi velenosi. “Oltre all’aspetto e alla caratteristiche fisiche, questo test può offrire ulteriori informazioni su un fungo selvatico e rilevare qualcosa che non possiamo nemmeno vedere: la presenza di amanitina”, spiega Candace Bever, microbiologa dell’Ars. Ma come funziona? Il nuovo esame è un test immunologico e si basa su un anticorpo monoclonale molto reattivo. In circa dieci minuti, è in grado di identificare la presenza di appena 10 parti per miliardo di amanitina da un campione delle dimensioni di un chicco di riso, nei funghi velenosi o nelle urine di qualcuno (anche di un cane) che ha, appunto, mangiato un fungo velenoso contenente la tossina.
Al momento non esiste alcun test diagnostico per l’avvelenamento con la amanitina. “Abbiamo sviluppato un test abbastanza sensibile da rilevare la tossina anche nelle urine”, commenta Bever. “La nostra speranza è che medici e veterinari siano in grado di identificare rapidamente e con sicurezza l’avvelenamento da amanitina, anziché dover eliminare clinicamente altre ipotetiche malattie gastrointestinali. Speriamo anche che ciò possa offrire ai pazienti maggiori possibilità di cura, anche se oggi non esistono trattamenti specifici efficaci”. Il test, precisano i ricercatori, identifica solo la presenza o l’assenza nei funghi velenosi di questa specifica classe di tossine e non rileva, quindi, altri composti allucinogeni o sostanze tossiche, responsabili di altri sintomi gastrointestinali o neurologici. Non può, quindi, determinare se un fungo è commestibile o meno.
Riferimenti: Toxins
Credit immagine di copertina: Candace Bever, Ars-Usda
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