Si chiama Cladosporium sphaerospermum ed è uno specie di fungo radiotrofico, ovvero che si nutre delle radiazioni. Un’abilità che fa di questo organismo un perfetto candidato per proteggere gli astronauti dai raggi cosmici durante i loro lunghi viaggi nello Spazio. A suggerirlo sono i ricercatori dell’Università di Stanford, che nel loro studio apparso sul sito pre-print bioRxiv, raccontano come il fungo, scoperto in uno dei luoghi più radioattivi della Terra, Chernobyl, possa rappresentare la soluzione a uno degli tanti ostacoli che finora non ci hanno permesso di colonizzare pianeti, come Marte. E lo hanno già dimostrato a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss).
Il fungo super resistente alle radiazioni è stato scoperto nel 1991, ovvero 5 anni dopo la catastrofica esplosione del quarto reattore nucleare di Chernobyl, un periodo in cui i livelli di radiazioni erano elevatissimi. All’interno del reattoregli esperti hanno scoperto un organismo davvero resistente, il Cladosporium sphaerospermun appunto, in grado di proliferare in questo ambiente ostile, nutrendosi delle radiazioni. Come si legge nel nuovo studio, infatti, l’organismo attua un processo analogo a quello della fotosintesi, chiamato radiosintesi, in cui grazie ai pigmenti di melanina di cui è provvisto riesce a trasformare le radiazioni gamma in energia.
Da qui, i ricercatori hanno ipotizzato che il fungo di Chernobyl possa essere uno scudo radioattivo in grado di proteggere gli astronauti dalle pericolosissime radiazioni spaziali. Per giungere a questa conclusione, il team ha inviato l’organismo in orbita, a bordo della Iss. Qui, è stato posto su una capsula di Petri e monitorato per un periodo di 30 giorni attraverso un rilevatore di radiazioni. Dai dati emersi al termine di questo arco di tempo, i ricercatori hanno scoperto che l’organismo è stato in grado di adattarsi alle condizioni di microgravità e di bloccare parte dei raggi cosmici in arrivo sulla Iss, riducendo i livelli a quasi il 2%.
Dalle sperimentazioni, inoltre, i ricercatori hanno osservato che uno strato dello spessore di 21 centimetri composto dal fungo potrebbe essere in grado di bloccare l’equivalente dose annuale dell’ambiente di radiazione sulla superficie del pianeta rosso. “Ciò che rende fantastico il fungo è che ha bisogno solamente di pochi grammi per cominciare”, commenta al New Scientist Nils Averesch, dell’Università di Stanford, sottolineando l’importanza di un’altra capacità del fungo. Il Cladosporium sphaerospermun, infatti, è in grado di auto-rigenenrasi e basterebbe quindi inviarne una piccola quantità nello Spazio per riuscire a creare uno scudo biologico contro le radiazioni. Questi organismi, concludono i ricercatori, potrebbero davvero essere una delle soluzioni che ci permetterebbero finalmente di colonizzare la Luna e Marte e di accompagnare gli astronauti nei viaggi sempre più lunghi dello Spazio profondo.
Riferimenti: bioXiv
Credits immagine di copertina: Nasa
Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…
Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…
Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…
Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…
L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…
Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…
Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.
Leggi di più