Galassie in fuga

Non solo si espanderà all’infinito, ma sembra addirittura accelerare sempre di più. Questa è la conclusione a cui è giunto un gruppo di astronomi dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e dell’Università di Berkeley dopo aver osservato le ultime immagini dell’universo arrivate dallo Hubble Space Telescope. Puntato su 14 supernovae tra i cinque e i sette miliardi di anni luce da noi, il telescopio spaziale ha fornito dati che hanno lasciato di stucco i ricercatori guidati da Robert Kirshner e Adam Riess: non solo questi oggetti sembrano più distanti di quanto previsto, ma sembrano anche allontanarsi sempre più velocemente. Spinti da una forza ancora misteriosa, forse una specie di anti-gravità che anziché attirare le masse tra loro le spingerebbe ad allontanarsi sempre più. Se il risultato fosse confermato, sarebbe davvero eclatante. E permetterebbe sì di sistemare qualche altro pezzo dell’intricato e ancora largamente incompleto puzzle dell’evoluzione dell’universo, ma potrebbe anche costringere gli scienziati a buttare via quel puzzle tutto intero e ricominciarne daccapo un altro. Ma andiamo con ordine.

Secondo una storia ormai entrata nella leggenda, il grande Isaac Newton fu messo sulla buona strada nella sua ricerca della legge di gravitazione osservando una mela cadere da un albero. La mela cade perché la sua massa e quella della Terra si attirano reciprocamente. Newton dimostrò che ciò che vale per le mele vale per qualsiasi oggetto dotato di massa, e che la forza con cui due corpi si attirano è tanto maggiore quanto più le due masse sono grandi e quanto più sono vicine. Dalle mele alle galassie il passo non è poi così lungo. Dopo l’immane Big Bang che ha dato inizio all’espansione dell’universo, la forza di gravità ha cominciato a rallentare il moto dei corpi celesti. Fino a che punto? Questa è una delle domande su cui i cosmologi si arrovellano da decenni. L’espansione continuerà indefinitamente, oppure la massa dell’universo è abbastanza grande, e quindi la forza di gravità abbastanza intensa, da fermare l’espansione e dare il via a una contrazione che dovrebbe chiudere il ciclo iniziato dal Big Bang con un Big Crunch?

A complicare ulteriormente la già intricata faccenda, ora arrivano i dati di Kirshner e Riess. Dopo tre anni di osservazione delle 14 supernovae, l’analisi dei dati dice che gli oggetti sono più lontani del previsto. Questo confermerebbe tra l’altro l’analoga conclusione a cui era giunto un altro team di astronomi a gennaio. Ma il gruppo di Berkeleyfa un passo in più: le supernovae starebbero addirittura accelerando. Un risultato che potrebbe sconvolgere la nostra visione della nascita e dell’evoluzione dell’universo, ma che metterebbe a posto almeno una questione. Secondo i dati più recenti il Big Bang risale a circa 10 miliardi di anni fa. Ma altri dati mostrano che alcuni ammassi stellari hanno almeno 12 miliardi di anni. Insomma, come se la figlia fosse più vecchia della madre. Ma tenendo conto dell’accelerazione, l’età dell’universo balzerebbe indietro a 14 miliardi di anni e i conti tornerebbero.

Sulle possibili spiegazioni di questo fenomeno nessuno avanza ancora ipotesi precise. Ma a molti è venuta in mente una vecchia idea proposta, ma poi anche ripudiata, nientemeno che da Albert Einstein. Quando all’inizio del secolo il grande fisico formulò la sua teoria della relatività generale, si trovò di fronte uno spinoso problema. All’epoca si riteneva che l’universo fosse statico e fermo. Ma sotto l’azione della gravità un universo siffatto dovrebbe collassare su se stesso. Così Einstein introdusse una “costante cosmologica” che associava allo spazio vuoto un’energia repulsiva che compensava quella attrattiva della gravità. Quando più tardi Edwin Hubble avanzò l’ipotesi che i corpi celesti non fossero fermi, ma in allontanamento reciproco, Einstein ripudiò la “costante cosmologica” e la definì il più grande abbaglio della sua carriera. Ora, i nuovi risultati degli astronomi statunitensi potrebbero indurre i ricercatori a rispolverare la vecchia costante, o qualcosa che le assomiglia molto.

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