Ginecologi in trincea

La legge che sta per essere approvata in Parlamento provocherà un blackout della cura della salute riproduttiva nelle strutture pubbliche. Di questa opinione è la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), che ha dichiarato la sua contrarietà alla nuova normativa nel corso di una conferenza stampa svoltasi oggi a Roma. Il rischio del disconoscimento della infertilità come malattia e l’uscita della procreazione medicalmente assistita dai livelli essenziali di assistenza è stata denunciata da Nicola Colacurci, ginecologo universitario ed esponente del direttivo Sigo. “La legge”, ha detto il medico, “prevede solo un esiguo fondo speciale, sufficiente per poco più di 3000 cicli di trattamento a fronte di una richiesta di 15 mila ogni anno”. E se si bloccherà la pratica clinica, gli ha fatto eco Massimo Moscarini, ordinario di ginecologia alla Sapienza di Roma, si paralizzerà anche la ricerca e la formazione universitaria. In Italia, ha ricordato Luca Gianaroli, esponente della Società Europea Eshre, un bambino su 60 nasce grazie alla procreazione medica assistita, mentre in Olanda il rapporto è di 1 a 30 e in Francia di 1 a 45. “Questa legge proibizionista scardina il processo della metodica, diminuendo del 40 per cento il buon esito delle tecniche”, ha denunciato il ginecologo, e “ciò significa seimila nati in meno ogni anno”. Altro argomento di critica nei confronti della futura legge è quello relativo alla prevenzione delle patologie genetiche gravi, che oggi colpiscono il 4-8 per cento dei nuovi nati e che possono essere diagnosticate con test genetici sugli embrioni. La diagnosi di preimpianto è in forte sviluppo a livello di ricerca internazionale e anche in Italia, dove è utilizzata per la betatalassemia, un tipo di anemia mediterranea, è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale. “Ma domani”, ha spiegato Gianni Monni, primario di Diagnosi genetica prenatale all’ospedale Microcitemico di Cagliari, “il limite a tre degli embrioni da produrre per ciclo di stimolazione e l’obbligo a non selezionarli di fatto non la renderebbe più praticabile”. Infine, anche Stefano Inglese, del Tribunale per i diritti del malato, ha criticato la nuova normativa, che tra le altre cose rischia di favorire il “turismo procreativo”, “che i cittadini italiani sarebbero costretti a intraprendere, pur essendo cittadini europei e non solo grazie all’euro”. (mo.s.)

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