Oggi, 9 ottobre, ricorre la giornata mondiale dedicata a una sindrome neuropsichiatrica rara che può insorgere in età pediatrica: la cosiddetta Pans-Pandas. Vediamo di che cosa si tratta, quali sono cause e sintomi, e soprattutto com’è possibile intervenire.
Pandas sta per Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Dirsoder Associated with Streptococcal infection. Si tratta cioè di una malattia che colpisce il sistema nervoso centrale e che può essere scatenata dall’infezione con un determinato patogeno. Si manifesta improvvisamente con sintomi come tic, stati d’ansia apparentemente immotivati, disturbi del sonno, piccole ossessioni (come il bisogno di lavarsi spesso le mani), difficoltà a controllare la minzione, rush cutaneo. In alcuni casi la malattia può essere associata anche a disturbi dell’alimentazione.
La Pandas è stata identificata nel 1998 da una ricercatrice americana, Susan Swedo, che aveva per la prima volta associato questo tipo di sintomi all’infezione con Streptococco beta-emolitico di gruppo A. “Oggi, a oltre 30 anni di distanza, sappiamo che non è soltanto lo streptococco a poter predisporre alla possibilità di avere sintomi psichiatrici: altri germi (mycoplasma, herpes, stafilococco e altri virus) possono essere implicati” afferma Antonella Gagliano, neuropsichiatra infantile e Professore Associato presso l’Università degli studi di Messina. “La ricerca scientifica, infatti, sta modificando l’acronimo Pandas in Pans (Pediatric Acute Onset Neuropsychiatric Syndrome) proprio per indicare una sindrome che può essere innescata da una serie di cause, non necessariamente infettive, che poggia su una disregolazione del sistema autoimmune e che causa un’infiammazione del cervello”, prosegue Gagliano.
La Pans-Pandas si manifesta più frequentemente nei bambini di età compresa fra i 5 e i 7 anni, ma può insorgere durante tutta l’età pediatrica, che va dalla nascita fino all’adolescenza. L’esatta prevalenza di questa sindrome non è al momento nota, anche perché spesso la diagnosi non arriva o arriva in ritardo, sia a causa dell’assenza di test diagnostici specifici che per il rischio di associare i sintomi tipici a patologie prettamente psichiatriche e non collegate a condizioni mediche sottostanti. Ma la diagnosi precoce può invece fare la differenza: “Le possibilità di guarigione sono maggiori se la diagnosi è tempestiva e il trattamento viene intrapreso subito; quello di prima linea è costituito dagli antibiotici e dalla terapia di supporto cognitivo comportamentale”, spiega Alberto Spalice, professore ordinario di pediatria presso l’Università Sapienza di Roma. Fondamentale quindi, oltre che quello dei genitori, anche il contributo di insegnanti, parenti e amici che spendono molto tempo con i bambini, e che possono magari notare i cambiamenti comportamentali nel contesto scolastico o comunque fuori da quello domestico. Secondo Cristiana Guido, psicologa del Policlinico romano, servirebbe tra l’altro “una maggiore formazione del corpo docente per gestire al meglio questi bambini che ad oggi non possono beneficiare dei supporti destinati ad altri di pari età con bisogni speciali (Bes), a causa del mancato riconoscimento della sindrome”.
E proprio nell’ottica della sensibilizzazione riguardo ad una malattia così poco conosciuta nasce il documentario “Piccole vite sospese”, diretto da Stefano Moretti, prodotto da Pandas Italia ODV e basato sull’omonimo libro di Cinthia Caruso, pubblicato nel 2019. Il documentario riporta le testimonianze dei pazienti e dei loro familiari, ma contiene anche interventi di carattere scientifico, volti a far conoscere la malattia, a raccontarne i sintomi tipici, sempre con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza di genitori, insegnanti e di tutti i cittadini per favorire diagnosi sempre più precoci e quindi efficaci.
Via: Wired.it
Credits immagine: Piron Guillaume su Unsplash
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