Gran Bretagna, warfare state

David EdgertonWarfare State. Britain, 1920-1970Cambridge University Press, 2006, pp. XV+364, euro 27,29Perché il governo britannico ha fin troppo spesso sollecitato la risoluzione manu militari delle controversie internazionali negli eventi bellici dell’ultimo decennio? Questa tendenza al militarismo viene spesso spiegata con la strategia “atlanticista” del New Labour di Tony Blair e la ricerca di nuove alleanze con gli Stati Uniti. Questo saggio ci mostra invece come lo sviluppo di un apparato militare e di una industria bellica siano tratti distintivi della storia contemporanea della Gran Bretagna. In esso vi si sostiene che – molto prima dell’era di Blair – una sorta di “sovrastruttura” industrial-militare avrebbe diretto le scelte politiche ed economiche del paese trasformandolo in uno stato votato alla guerra (o warfare state). Questo lavoro certamente segna una inversione di tendenza nella storiografia britannica (e non solo), visto che la gran parte dei saggi storici attribuiscono alla Gran Bretagna un ruolo di primo piano come potenza militare solo fino alla fine dell’Ottocento, quando il declino dell’Impero britannico apre la strada ad altri paesi, come la Germania o gli Stati Uniti. Edgerton dimostra che l’immagine “declinista” non convince, visto che l’investimento in strumenti di guerra rimane costante nella prima parte del Novecento e cresce enormemente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il peso della Gran Bretagna nello scacchiere internazionale certamente cambia, ma ciò non corrisponde affatto a un disimpegno dallo sviluppo della Gran Bretagna come potenza bellica. Anzi, coincide con il suo rafforzamento, l’espansione (la bomba atomica per esempio) e persino la creazione di un commercio internazionale di armi “made in Britain”.Lo sviluppo dell’industria bellica è qui visto sia come motore di scelte politiche, sia come elemento determinante nelle scelte economiche del paese. Uno degli aspetti più importanti di questo libro è il confronto tra i concetti di “welfare” (stato del benessere) e “warfare”. Il primo viene generalmente descritto come una delle conquiste del partito laburista fino a diventare una caratteristica fondamentale dello Stato inglese nel dopoguerra. Edgerton non nega che nell’ultimo secolo vi sia stato uno sviluppo eccezionale della istruzione e sanità pubbliche, e dell’assistenza sociale. Ma dimostra che mentre questa immagine di una Gran Bretagna “welfarista” domina nella letteratura storico-economica, gli investimenti nello “Stato di guerra” sorpassano di gran lunga quelli dello “Stato del benessere”. Dunque, se vi fu una crescita nella spesa pubblica, questa fu diretta soprattutto alla produzione di nuove armi.Benché l’analisi storico-economica occupi la prima parte di questo volume, gli studiosi di questioni scientifico-tecnologiche troveranno la seconda parte di questo saggio utilissimo per comprendere la funzione degli esperti nella pianificazione della ricerca pubblica. Anche in virtù del ruolo che l’industria militare gioca nella vita del paese britannico, nel corso del Novecento una nuova generazione di “tecnocrati” avverte l’esigenza di espandere le istituzioni per la ricerca. Edgerton legge il loro problema non come una semplice richiesta di modernizzazione del paese, quanto piuttosto come un tentativo di usare la scienza e la tecnologia come leve per la loro presa del potere. Per questo, nuovi tecnocrati chiederanno a gran voce maggiori fondi per la ricerca, spesso entrando in conflitto con i vecchi mandarini della burocrazia. Nel quadro di questa analisi emerge anche una critica sferzante del famoso discorso sulle “due culture” che lo scrittore C. P. Snow formulò a Cambridge nel 1959: un discorso, secondo Edgerton, non solo “antistorico”, ma anche propagandistico, che aveva il compito di richiamare maggiori finanziamenti verso la ricerca. Puntuale e rigoroso, ma soprattutto “velenoso” nei confronti della storiografia britannica contemporanea, il saggio di Edgerton sicuramente aiuta a riflettere sulla relazione tra Stato, scienza e apparati militari nel Novecento. In particolare la critica del discorso sulle due culture di Snow è di grande interesse, specialmente tenendo conto dell’uso che ne è stato fatto negli studi di divulgazione scientifica. Proprio la tensione costante a leggere la storia come veicolo di nuove ideologie permette invece a Edgerton di dimostrare con successo che la storia contemporanea del Regno Unito è soprattutto la storia di uno Stato che, alle volte in gran segreto, ha usato i soldi dei contribuenti per fini del tutto differenti da quelli di assicurare il loro benessere.

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