Grande fratello d’Europa

Da qualche mese i governi europei si passano un documento che presto potrebbe diventare legge per l’Unione. E’ la nuova regolamentazione, elaborata dal governo belga nel suo semestre di presidenza (luglio-dicembre 2001), che modifica le norme per la registrazione e l’utilizzo dei dati di traffico delle telecomunicazioni. Ovvero il luogo, il tempo e gli utenti di ogni telefonata, fax, e-mail e sms all’interno dell’Unione. Allargando le possibilità di utilizzare questi dati anche nel caso di lotta alla criminalità e non solo al terrorismo, ed estendendo i limiti di conservazione degli stessi fino a un massimo di 24 mesi. Mettendo così in serio pericolo il diritto alla privacy di tutti i cittadini. E le possibilità che la proposta belga si trasformi in legge sono davvero alte: il 9 settembre scorso sono stati inviati ai governi europei dei questionari riguardanti la loro posizione sul tema, mentre oggi il documento viene discusso nel meeting informale dei ministri della giustizia a Copenaghen.Al momento, la legislazione europea in merito ha come base la Convenzione del 1991 sulla conservazione dei dati. A questa si aggiunge la direttiva della Commissione europea del 1997 che consente la registrazione dei dati di traffico solo per ragioni commerciali (per l’utilità dell’utente), e per soli sette giorni. I primi tentativi di intaccare i diritti sanciti da queste leggi risalgono al 1993. In quell’anno, durante una riunione dell’Fbi alla quale furono invitati anche i rappresentanti europei, venne istituito l’Ilets (International Law Enforcement Seminar) con lo scopo di sostenere, in particolare durante le riunioni del G8, le richieste, avanzate da polizie e servizi segreti, di un controllo maggiore delle telecomunicazioni. Più di recente, nel luglio 2000, la Commissione Europea propose delle modifiche alla direttiva del 1997, incontrando un’opposizione generale da parte del Parlamento Europeo. Che però cambiò radicalmente atteggiamento dopo l’11 settembre 2001. Già il 20 dello stesso mese il Consiglio dei ministri della Giustizia dei Paesi europei ripropose le modifiche. Queste vennero avallate dalla Commissione Europea a dicembre e approvate dal Parlamento nel maggio scorso, col sostegno dei due più grandi schieramenti, il Ppe (partito popolare europeo) e il Pse (partito socialista europeo). Le modifiche prevedevano la possibilità di utilizzare i dati di traffico anche per la lotta al crimine (non solo al terrorismo, ma alla criminalità organizzata, allo sfruttamento della prostituzione, ecc.), e che il termine di conservazione potesse essere stabilito dai singoli parlamenti dell’Unione. Si è trattato di un notevole salto di qualità, ma la nuova normativa avrebbe richieste ancora più forti. Gli Stati sarebbero obbligati ad allungare il periodo di conservazione a 12-24 mesi e la lista dei crimini per il perseguimento dei quali sarebbe consentito l’utilizzo dei dati sarebbe ancora più lunga. In più, mentre ora le forze di polizia devono ottenere l’autorizzazione di un giudice per poter accedere ai dati, la nuova legge renderebbe questo passaggio una formalità. Una regolamentazione troppo invadente, secondo Ben Hayes, dell’associazione per i diritti civili inglese Statewatch , che è riuscita a ottenere e a pubblicare su Internet il documento classificato come “riservato”. “La tecnologia consente un controllo profondissimo delle nostre comunicazioni. Già adesso la protezione legale nei confronti di questa penetrazione è in gran parte teorica. La nuova regolamentazione la renderebbe ancora più labile”. “Ci sono tutti i presupposti perché le indagini della polizia non partano più dal crimine, ma dall’individuazione della persona da incriminare”, mette in guardia Hayes. “Inoltre Statewatch sospetta che il prossimo passo sia mettere sotto controllo anche i contenuti delle comunicazioni, oltre ai dati di trasmissione. Queste sono le drammatiche conseguenze di un’ideologia perversa che si è diffusa dopo l’11 settembre. E che afferma che per avere più sicurezza sia necessario avere meno libertà. Il contrasto fra sicurezza e libertà non esiste. E’ solo un invenzione retorica per giustificare forme di autoritarismo auspicate in certi ambienti già molto tempo prima della tragedia di New York.”

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