Forse non tutti sanno che… nessuno sa cos’è la gravità, nemmeno gli scienziati

Gravità
(Credits: Sharon McCutcheon on Unsplash)

I lettori sono avvertiti: non riuscirete – ammonisce Richard Panek nell’introduzione a Il mistero sotto i nostri piedi – a sapere cosa sia la gravità. E lo fa con una sorta di gioco di parole. “Parlerò di cosa la gravità causi, e di cosa causi la gravità”, perché “nessuno sa che cosa sia la gravità, e quasi nessuno sa che nessuno sa che cosa sia la gravità. Gli scienziati fanno eccezione. Loro sanno che nessuno sa che cosa sia la gravità, perché sanno che loro stessi non sanno che cosa sia la gravità”.

La gravità non ha mai riguardato esclusivamente la fisica ma ha sempre affondato le sue radici nella metafisica e nella filosofia, tanto da essere presente nei più antichi miti della creazione che raccontano come, per una qualche colpa, gli umani siano stati scaraventati quaggiù, da una condizione privilegiata per cui si trovavano in un altrove, lassù. Nel racconto delle varie religioni, nei testi filosofici, nelle antiche concezioni scientifiche del mondo corruttibile confrontato alle sfere celesti, cristalline e pure, si cercano spiegazioni cosmologiche di quello che si vede muovere sulla Terra e di quello che si vede muovere nei cieli. Ma bisogna saper guardare, in modo tale da far nascere nuovi problemi e trovarne possibili soluzioni.

Galileo e gli esperimenti con il piano inclinato

Panek trova nella storia del pensiero, e in particolare nelle intuizioni di Galilei, Newton ed Einstein, tre fondamentali punti di svolta. I tre scienziati, ciascuno nel proprio tempo, sanno guardare le cose in modo non convenzionale e, reinterpretando fatti considerati ovvii, aprono nuove prospettive allo sviluppo delle conoscenze. Galileo, con i suoi esperimenti sul piano inclinato, cerca la matematica che descrive esattamente i moti e scopre che una sfera acquista sempre velocità durante la caduta e che, soprattutto, accelera in modo costante. Inoltre la materia a riposo permane a riposo fin quando non viene messa in moto, e la materia in moto permane in moto fin quando non viene fermata. Ma dal punto di vista di una sfera che rotola su un piano senza attrito a velocità costante, pensa Galileo, non c’e alcuna differenza tra essere in moto e non esserlo.

Newton e le orbite dei corpi celesti

Newton, che gradualmente si costruisce una matematica adatta alle sue interpretazioni, usa i termini gravità e levità per indicare la tendenza ad andare verso il basso (quando un sasso cade) e verso l’alto (quando una fiamma si innalza) e immagina che la gravità sia causata da una materia “gommosa”, “untuosa”, “di natura duttile e tenace”. Ma soprattutto, spiega Panek, Newton si domanda cosa significhi “essere in moto”: perché un pianeta non dovrebbe continuare il proprio moto in linea retta? Perché dovrebbe deviare, curvare, lasciare il percorso rettilineo per intraprenderne uno ellittico? Oltre a quello in linea retta ci deve essere un altro movimento, quello verso il basso studiato da Galileo.

Mettendo insieme il moto in avanti, inerziale, e quello verso il basso, centripeto, Newton riesce a spiegare il movimento dei pianeti lungo le loro orbite ellittiche e quello della Luna intorno alla Terra. La Luna cade verso la Terra. Ma la Terra cade verso la Luna, anche se cade al contempo verso il Sole, e il Sole cade verso la Terra, e Giove verso la Terra, verso il Sole e verso la Luna, e a loro volta anch’essi cadono verso Giove… e cosi via: tutti i corpi celesti viaggiano sulle loro linee rette mentre cadono l’uno verso l’altro. Il termine gravitazione indica, per Newton, la combinazione dei due effetti, quello inerziale e quello centripeto – l’effetto globale che noi percepiamo in forma di orbite ellittiche e di oggetti che cadono. Ma la causa rimane misteriosa. “Non sono ancora stato in grado di dedurre dai fenomeni le ragioni per queste proprietà della gravità, e non invento ipotesi”, scrive Newton, ma aggiunge: “E’ sufficiente che la gravità esista davvero e agisca secondo le leggi che abbiamo presentato”. Non c’è necessità di sapere cosa sia.

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Richard Panek,
Il mistero sotto i nostri piedi. L’enigma della gravità
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020

La ricerca delle cause prime


I secoli passano e il pensiero scientifico esplora altre direzioni: i pendoli che oscillano più lentamente in prossimità dell’Equatore danno indicazioni sulla forma della Terra, si predice quanto il moto di una cometa – quella di Halley – possa essere influenzato da Saturno e da Giove mentre si allontana dal Sole, si scopre che il cuore pompa sangue nel corpo in modo circolare, Lyell tenta di spiegare “i cambiamenti passati della superficie terrestre con riferimento alle cause ora in atto”, Darwin pubblica “L’origine delle specie”. La natura segue delle leggi, e tali leggi sono universali.

Si cercano le “Cause Prime” dei fenomeni nella religione o nella matematica, ma certe spiegazioni restano incomprensibili. Già ai primi del ‘900 Mach distingue tra incomprensibilità ordinaria e non ordinaria. L’esempio che usa riguarda i concetti di luce e gravità del diciassettesimo secolo. Newton pensa che la luce si propaghi sotto forma di palline, che egli chiama corpuscoli. Huygens propone di interpretare la luce come onda – un concetto, scrive Mach, “incomprensibile per Newton”. Allo stesso modo, l’idea di Newton di un’azione a distanza è “incomprensibile per Huygens”. “Ma un secolo dopo – continua Mach – le nozioni diventano conciliabili, anche per una mente comune”.

Einstein e le onde gravitazionali

Negli stessi anni, Einstein comincia a sviluppare i suoi esperimenti mentali e nota come osservatori in moto relativo uniforme possono fare affermazioni differenti sulla realtà che appare loro. Sa che la velocità della luce è finita e che non cambia nel vuoto, ma sebbene l’universo sia comprensibile a tutti nello stesso modo, ogni osservazione può essere diversa relativamente a un’altra. Come spiega Panek, Einstein vuole una teoria generale, che si applichi a oggetti in moto relativo non uniforme. I riferimenti a spazio e tempo non hanno senso – sostiene – se non si specifica relativamente a cosa. Ragionamenti e ipotesi si sviluppano nella sua mente. Come per lo spazio e il tempo “unificati” da Galileo, come il moto inerziale in linea retta e quello centripeto verso il basso “unificati” da Newton, Einstein pensa che la massa inerziale (quella che misura la resistenza di un oggetto a cambiare il suo stato di moto) e la massa gravitazionale (quella che misura la predisposizione di un oggetto a cambiare il suo stato di moto) misurino la stessa cosa.

Nella fisica di Newton, la materia è attiva e si muove, mentre lo spazio è un contenitore passivo in cui avvengono scambi misteriosi tra le masse. Nella fisica di Einstein la materia è ancora attiva. Ma anche lo spazio diventa attivo: coopera con la materia per produrre ciò che noi percepiamo come effetto della gravità. La materia incurva lo spazio, lo spazio guida la materia. La “sensazione” di attrazione non è solo reciproca: è continua nello spazio e nel tempo. Einstein considera lo spazio quasi letteralmente come un fluido e pensa che l’universo si comporti come un oceano, globalmente e dinamicamente continuo. Si può osservare un’onda qui o un vortice lì, ma questi fenomeni non esistono in modo isolato. Emergono dal loro ambiente, e l’ambiente emerge da essi. La presenza di una massa crea una curvatura dello spazio, genera onde – gravitazionali– percepite, appunto come gravità e capaci di spiegare l’azione a distanza, l’“enorme assurdità” che Newton non riusciva a giustificare.

Nuovi casi di incomprensibilità ordinaria

Nella seconda metà del ‘900 la meccanica quantistica apre ai fisici nuove prospettive di ricerca, e la cosmologia si sviluppa attraverso suggestive teorie sull’origine e la struttura dell’Universo, ampliando la sua visione fino a ipotizzare possibili “multiversi” le cui interpretazioni superano finanche i limiti della incomprensibilità ordinaria. Le tradizionali concettualizzazioni dell’Universo vengono modificate e nuove rappresentazioni multimediali, come ad esempio il documentario Interstellar, visualizzano le conoscenze proponendo a un vasto pubblico immagini straordinarie di oggetti incomprensibili come i buchi neri. Al tempo stesso strumenti sensibilissimi come l’interferometro LIGO sono stati in grado di rilevare il passaggio di onde gravitazionali provocate dalla collisione tra due buchi neri in orbita l’uno intorno all’altro, e questi risultati generano teorie che rappresentano nuovi casi di “incomprensibilità ordinaria”.

Non è facile – e nemmeno realistico – tentare di riassumere e spiegare in poche pagine “idee inconciliabili con una mente comune”, come direbbe Mach; e il tentativo di Panek non può che dare alcune, poche suggestioni che lasciano solo intravvedere il significato delle teorie di Einstein e dell’intera costruzione teorica della fisica che da questa ha avuto origine. L’attuale comprensione dell’universo, conclude Panek, non è un mito della creazione, una raccolta di fantasticherie. E’ invece una raccolta di evidenze sperimentali ancora incomplete: un’equazione con una x che continuiamo a tentare di risolvere, generazione dopo generazione, per dare un senso e uno scopo a noi stessi e al mondo in cui viviamo.

Credits immagine di copertina: Sharon McCutcheon on Unsplash

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