Così corre veloce il disgelo della Groenlandia

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(Foto: Annie Spratt on Unsplash)

Se tutta l’acqua di disgelo “persa” dalla Groenlandia solo nell’ultimo decennio si fosse riversata sul Regno Unito, oggi la Cop26 (la conferenza delle Parti delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, in corso in questi giorni a Glasgow) si terrebbe sotto 15 metri d’acqua. Sono 3.500 miliardi le tonnellate di ghiaccio sciolte e defluite nell’oceano, una stima che arriva da uno studio dell’Università di Leeds (Inghilterra) appena pubblicato su Nature Communications, il primo a utilizzare i dati satellitari della missione CryoSat-2 dell’Agenzia spaziale europea (Esa). In quarant’anni, secondo gli autori della ricerca, il deflusso delle acque di disgelo della Groenlandia è aumentato del 21% e da un’estate all’altra la sua irregolarità è aumentata del 60%. Conseguenza del cambiamento climatico che sta facendo aumentare frequenza e intensità di fenomeni di scioglimento estremi.

Quel centimetro in più

Dal 2011 al 2020 l’aumento del deflusso dell’acqua di fusione dalla Groenlandia ha innalzato il livello globale del mare di un centimetro. Le estati peggiori per i ghiacci che ricoprono questa terra all’estremo nord del nostro pianeta sono state quella del 2012 e quella del 2019, quelle in cui lo scioglimento è stato nettamente superiore rispetto alla media del decennio, pari a 357 miliardi di tonnellate di ghiaccio sciolto all’anno. Nel 2012 si è toccato il massimo di 527 miliardi di tonnellate. Per gli esperti questi numeri sono legati a eventi meteorologici estremi come le ondate di calore, diventate sempre più frequenti.

Quel centimetro in più, già oggi, aumenta il rischio di inondazioni lungo le coste di tutto il mondo e di sconvolgere gli ecosistemi marini nell’Oceano Artico: può alterare la circolazione oceanica e atmosferica influenzando le condizioni meteorologiche di tutto il pianeta.


Ghiacci artici ai minimi storici, continua il trend negativo


Lo sguardo dallo Spazio

Lo studio, finanziato dall’Esa all’interno del progetto Polar Surface Mass Balance Feasibility, ha utilizzato i dati raccolti dalla missione satellitare CryoSat-2, ed è il primo a osservare il fenomeno del deflusso delle acque di disgelo della Groenlandia dallo Spazio.

L’acquisizione di questi dati, spiegano gli autori della ricerca, dovrebbe permettere di migliorare i modelli climatici e di prevedere meglio cosa accadrà in futuro. Certo, rimane un’impresa particolarmente complicata: al momento si stima che lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia contribuirà all’innalzamento del livello globale del mare da 3 a 23 centimetri entro il 2100, che è un range molto ampio proprio perché ancora devono essere compresi meglio i complessi processi di scioglimento dei ghiacci.

Da qui l’importanza di continuare il monitoraggio satellitare. “Da quando è stato lanciato oltre 11 anni fa, CryoSat ha fornito una grande quantità di informazioni sulla rapida evoluzione delle nostre regioni polari”, ha commentato Tommaso Parrinello, responsabile della missione CryoSat dell’Esa, ribadendo la centralità dei dati acquisiti anche per le ripercussioni a livello decisionale, per la salute del pianeta: “Guardando ulteriormente al futuro, la missione Cristal di Copernicus Sentinel Expansion assicurerà che il ghiaccio vulnerabile della Terra venga monitorato nei prossimi decenni. Nel frattempo, è imperativo che CryoSat rimanga in orbita il più a lungo possibile per ridurre il divario prima che queste nuove missioni Copernicus diventino operative”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Annie Spratt on Unsplash