Guida alla gravidanza con la sclerosi multipla

Giusy e Vinod (Gordola, Svizzera, 18 ottobre 2015). Giusy, 28 anni, ticinese di origini italiane, ha scoperto di essere affetta da sclerosi multipla nel 2011. Il suo compagno, Vinod, 32 anni, è nato in Svizzera da genitori indiani del Kerala, e sta seguendo la formazione per diventare agente di polizia. I due si sono conosciuti in un locale nel 2012 e si sono sposati nel 2014. Giusy, a cui è stata riconosciuta l'invalidità, è ora al sesto mese di gravidanza. L'appoggio sereno e premuroso del suo compagno è fondamentale in questo periodo di cambiamento. La malattia non è mai stata per loro un freno alla volontà di avere un figlio. Ad altre coppie in situazioni simili augurano di avere la loro stessa forza.

Vincere pregiudizi, paure, dubbi. È questo l’obiettivo della campagna “Genitori si può” nata da un’idea del Centro per la Sclerosi Multipla della Seconda Università di Napoli, e supportata da Merck. Attraverso le storie di Carmen e Massimo, Giusy e Vinod, Debora e Loreto, Federica e Giulio, Francesca e Nino, le cinque coppie protagoniste del progetto, l’iniziativa vuole dimostrare che donne e uomini con sclerosi multipla non devono per forza rinunciare al loro desiderio di genitorialità. “Sino agli ultimi anni dello scorso secolo alle donne con diagnosi di sclerosi multipla veniva consigliato di evitare la gravidanza perché non si conoscevano gli effetti che questa avrebbe potuto avere sulla malattia e, viceversa, quelli che la malattia avrebbe potuto avere sulla gravidanza”, spiega Luigi Lavorgna, Neurologo, Dirigente Medico I Clinica Neurologica AOU – Seconda Università di Napoli. “Gli studi condotti nel corso degli ultimi anni hanno però ormai stabilito che il decorso nel lungo periodo della sclerosi multipla non viene influenzato dalla gravidanza. In gravidanza, con il fisiologico aumento degli estrogeni, si ha poi un effetto protettivo per quanto riguarda le ricadute cliniche della malattia. Diventare genitori, insomma, è un sogno possibile”.

Possibile vuol dire che la gravidanza va pianificata, parlandone con i propri medici in modo da preparare il terreno – sia fisico sia psicologico – all’arrivo di un figlio. Per chiarire i dubbi dei genitori, un pool di esperti (Gioacchino Tedeschi, Professore Ordinario di Neurologia e Direttore della I Clinica Neurologica della Seconda Università di Napoli; Simona Bonavita, Professore Associato di Neurologia della Seconda Università di Napoli; Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano; Federica Esposito del Laboratorio di genetica delle malattie neurologiche complesse presso l’Istituto di Neurologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano; Pietro Vajro, Direttore della Cattedra di Pediatria del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Salerno) ha risposto ad alcune fra le domande più frequenti.

La sclerosi multipla altera la fertilità?

Il tasso di fertilità delle coppie con SM non è dissimile da quello delle coppie sane, questo porta a dire che la malattia non influisce in maniera determinante sulla fertilità. È vero però che, dal momento che si tratta di una malattia di origine autoimmune, spesso si associa ad altre condizioni che hanno la stessa matrice (disturbi della tiroide o celiachia, per esempio) che possono compromettere la fertilità della donna. Per questo è bene pensare fin dalla diagnosi a una possibile gravidanza e valutare se si possono consigliare interventi protettivi, ad esempio la crioconservazione degli ovociti. Inoltre la malattia può causare disturbi della sfera sessuale, come secchezza vaginale o dolore al rapporto, diminuzione della libido in entrambi i sessi, impotenza nell’uomo. Sebbene si tratti di disturbi che non alterano direttamente la possibilità di concepimento, si tratta di condizioni che possono compromettere la vita sessuale e quindi rendere difficile ottenere una gravidanza.

I farmaci per la SM influenzano la fertilità?

Nella terapia della SM si usano molti farmaci diversi, che hanno efficacia e effetti differenti. Per gli immonomodulanti è stata dimostrata l’assenza di influenza sulla fertilità, mentre alcuni anticopri monocolonali hanno evidenziato di ridurre la fertilità negli animali. Gli immunosoppressori possono causare un’interruzione transitoria o a volte anche permanente del ciclo mestruale nella donna e della produzione di spermatozoi nell’uomo, e quindi di fatto una impossibilità a concepire. Per altri farmaci, somministrati per via orale, non ci sono ancora abbastanza evidenze per poter affermare che abbiano o meno un effetto sulla fertilità.

I farmaci vanno interrotti prima di rimanere incinta?

Dipende, dal decorso della malattia e dalla terapia che si assume. L’uso degli interferoni al momento del concepimento è sicuro. Gli studi condotti non hanno evidenziato alcun impatto negativo sulla salute del bambino. Anche l’uso del glatiramer acetato non ha effetti negativi. I farmaci modificanti il decorso della malattia (DMD) sono stati oggetto di studio recente perché sospettati di avere effetti teratogeni e quindi di causare possibili malformazioni nei feti: ancora una volta i dati raccolti non hanno evidenziato alcuna associazione fra i farmaci e rischio di aborti spontanei o malformazioni, sia se assunti dal padre sia dalla madre al momento del concepimento. Ci sono poi altri farmaci – come gli anticorpi monoclonali o gli orali – di cui si conoscono ancora poco gli effetti perché sono stati immessi sul mercato da un numero inferiore di anni. Per alcuni però è stato dimostrato un effetto negativo negli animali, e quindi si consiglia in via precauzionale di sospendere la loro assunzione e di programmare la gravidanza.

La gravidanza influenza il decorso della SM?

No, questo è ormai dimostrato da diversi studi condotti a livello nazionale e internazionale: non c’è alcuna differenza di disabilità a lungo termine tra le pazienti che affrontano una gravidamnza e quelle che decidono di non affrontarla. Durante la gravidanza – grazie alla produzione di estrogeni e progesterone in maniera costante e sempre maggiore – la malattia rallenta e le ricadute diminuiscono, soprattutto dopo il secondo trimestre. Questo effetto protettivo però non viene mantenuto dopo il parto. Anzi, proprio a causa del crollo repentino degli estrogeni la ricadute nei tre mesi post partum possono essere maggiori. Nel caso di una ricaduta durante la gravidanza si possono usare corticosteroidi,farmaci molto usati nelle donne incinte anche in altre aptologie. Si avrà l’accortezza di usare quelli che non attraversano la barriera placentare, evitando così di aumentare il rischio di labbro leporino per il nascituro.

La gravidanza e il parto sono più difficili?

Non ci sono importanti differenze rispetto alle gravidanze di donne non malate. Nelle gravide con SM sono leggermente più frequenti le infezioni urinarie e i disturbi intestinali, se presenti, possono peggiorare. Nel terzo trimestre, la fatigue, una dei sintomi principali della malattia, può peggiorare, così come l’equilibrio e la difficoltà a camminare. Il parto può avvenire per via naturale e può essere eseguita l’anestesia epidurale o totale. I dati ci parlano di una maggiore necessità di manovre ostetriche o ginecologiche durante i parti di donne con SM: spesso infatti la donna ha una ridotta sensibilità e non riconosce adeguatamente le contrazioni da travaglio.

Si può allattare?

Ancora una volta dipende. Il latte di una mamma con SM non differisce da quello di una mamma non malata. Può diventare tossico se la paziente è in trattamento con farmaci che modificano il decroso della malattia. Sarà quindi una decisione che i genitori prenderanno con il medico: se la malattia permette di rimandare ancora di qualche mese la ripresa della terapia, la mamma potrà allattare. L’allattamento non aumenta né riduce il rischio di ricadute.

La SM si può trasmettere al figlio?

La SM è una malattia complessa dove fattori genetici si intrecciano a fattori ambientali. Pertanto non esiste un gene che, se individuato, dà la certezza che la malattia si svilupperà. Recenti ricerche hanno messo in evidenza come le mutazioni genetiche presenti nel genoma delle persone con SM siano in realtà piuttosto comuni e contribuiscano ognuna in minima parte all’aumento del rischio: basti pensare che se uno di due gemelli omozigoti, che condividono cioè il 100% del genoma, è malato l’altro ha un rischio di sviluppare la malattia “solo” del 30%. Quindi: la presenza di persone con SM nella famiglia – tanto più se un genitore o entrambi – predispone allo sviluppo della malattia ma tale predisposizione non è sufficiente a determinare l’attivazione della risposta autoimmune che genera la malattia. Nel caso in cui più di una persona in famiglia abbia la SM è da consigliare una consulenza genetica. Proprio perché si tratta di una malattia che coinvolge molti geni e un insieme di fattori ambientali, non esiste un test che la individua nel feto così come nel bambino alla nascita. La SM generalmente si manifesta fra i 20 e i 40 anni, raramente può avere un esordio pediatrico, e quindi non si può individuare alla nascita.

Questi ed altri quesiti trovano delle risposte nel sito del progetto www.genitoriconsclerosimultipla.it

Nella foto Giusy e Vinod, foto di Isabella Di Maddalena

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here