Guida all’universo della complessità

Melanie Mitchell
Complexity – A Guided Tour
Oxford University Press 2009, pp. 349, euro 25,04

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Spesso si sente dire che la natura ama le cose semplici, tanto che le leggi dell’universo sono esprimibili con semplici equazioni. La cosa non sta esattamente così: sarebbe più corretto dire che ci sono molte leggi approssimabili da equazioni semplici, e fino a una cinquantina di anni fa non si aveva la possibilità di studiare il resto. Le cose sono cambiate, sia dal punto di vista computazionale, e quindi pratico, sia da quello teorico; oggi la teoria della complessità è una scienza a pieno titolo, che raduna esperti dei campi più disparati. Proprio a causa della sua multidisciplinarietà, però, non è sempre semplice districarsi al suo interno; il libro di Melanie Mitchell vuole appunto essere una guida per avvicinare il lettore a questo affascinante mondo.

Il libro inizia col presentare esempi di sistemi complessi in campi diversissimi tra loro: le colonie di insetti, il cervello e il sistema immunitario umani, ma anche l’economia mondiale e il World Wide Web. Se si vuol cercare di evidenziare le similarità tra questi sistemi, si giunge a definire alcuni punti fondamentali: innanzitutto hanno tutti un comportamento globale collettivo che viene ottenuto unicamente per mezzo di informazioni locali, e sono capaci di adattarsi. I concetti di base che servono a studiare i sistemi complessi sono però diversissimi tra di loro: si possono applicare le teorie dei sistemi dinamici e dell’informazione – entrambe le quali portano al concetto di entropia, che in questo caso viene combattuta – ma si parla anche di computazione, evoluzione, ereditarietà, genetica. Con tutta questa carne al fuoco, non è poi così strano che non esista una definizione univoca: scherzando un po’ ma neppure troppo, si può dire che chiedendo a tre esperti di complessità di che cosa tratti la loro materia si otterranno almeno quattro risposte diverse! Chi proprio volesse uno strumento per valutare la complessità di un sistema può scegliere quello messo a punto da Seth Lloyd, calcolare cioè quanto è difficile crearlo, quanto è difficile ampliarlo, e quanto è organizzato.

Il testo presenta alcuni esempi pratici di sistemi complessi. Gli algoritmi genetici permettono a un sistema di “apprendere” un comportamento, apportando tante piccole modifiche casuali e scegliendo a ogni generazione la prole che si comporta meglio. Più in genere, gli automi cellulari mostrano come da semplici regole locali si possa arrivare a un comportamento globale imprevisto; si pensi al Life di Conway, l’esempio più famoso di un sistema automa cellulare sviluppato dal matematico inglese John Conway, oppure all’automa monodimensionale studiato da Stephen Wolfram e che può essere usato come generatore di numeri casuali.

Il risultato complessivo raggiunto dal libro è difficile da valutare; nonostante il vasto materiale presente, rimane la sensazione di non riuscire ancora a capire cosa sia effettivamente la teoria della complessità. Forse è giusto così, proprio perché è una disciplina così multifunzionale che non si può dare una visione coerente d’insieme; però si rimane un po’ con l’amaro in bocca.

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