Haiti, un anno dopo

A un anno di distanza dal terremoto che ha provocato 230 mila morti, 300 mila feriti e un milione e mezzo di sfollati, Haiti deve ancora risolvere i problemi della ricostruzione, della sicurezza e soprattutto dell’assistenza sanitaria e dell’emergenza colera. La grande partecipazione dei donatori e gli aiuti umanitari delle circa 12 mila organizzazioni non governative presenti sul campo non sono bastati. Anzi, la rapida diffusione della malattia (che fino ad oggi ha ucciso 3.600 persone), denuncia Medici Senza Frontiere nel rapporto “Haiti un anno dopo. Analisi dell’intervento umanitario”, è il sintomo dei limiti del sistema degli aiuti nella risposta alle emergenze.

Secondo il rapporto, da quel 12 gennaio, giorno del sisma, poco è stato fatto per migliorare le condizioni igieniche a livello nazionale, per rifornire le tendopoli di acqua potabile, di sistemi per lo smaltimento dei rifiuti, di ripari adeguati. Tutti fattori che hanno favorito la rapida diffusione del colera in un paese dove il sistema sanitario era già carente. Già prima della catastrofe, il 70-80 per cento della popolazione di Haiti non poteva permettersi l’assistenza sanitaria e il sistema non era in grado di far fronte alle esigenze di base della popolazione di Port-au-Prince.

Nelle regioni colpite dal terremoto, oltre il 60 per cento degli ospedali è stato gravemente danneggiato o completamente distrutto, come anche le principali sedi del Ministero della Sanità e gran parte delle sue risorse materiali. Le strutture sanitarie sono fornite o sostenute da una serie di attori del settore pubblico, del settore privato e del settore misto, privato e non-profit. Ma nonostante una spesa annuale governativa pro capite per la sanità superiore ai 60 dollari e il coinvolgimento di organizzazioni internazionali, bilaterali e non governative, nella fornitura di assistenza  prevenzione, quasi i tre quarti della popolazione non può permettersi i ticket applicati dai servizi sanitari privati e misti.

Finora, con i 104 milioni di euro provenienti dalle donazioni da privati, Msf è riuscita nel 2010 a curare più di 358 mila persone, svolgere oltre 16 mila interventi chirurgici e far nascere 15 mila bambini. Inoltre, ha trattato più di 91 mila casi di colera degli oltre 171 mila registrati a livello nazionale. Per il 2011, il budget previsto è di 46 milioni di euro che serviranno a mantenere una rete di sei ospedali gestiti dall’organizzazione a Port-au-Prince, con una capacità totale di 1.000 posti letto, e per continuare a supportare due ospedali del Ministero della Salute haitiano.

Ma quello sanitario non è il solo problema con cui Haiti deve fare i conti. Il rapporto Unicef “Bambini di Haiti. Un anno nuovo – La lunga strada dall’emergenza alla ricostruzione”  mette in evidenza come i bambini haitiani rischino seriamente ogni giorno di subire violenza, o di finire vittime della tratta degli esseri umani. Per questo l’Unicef, oltre a portare avanti campagne di vaccinazione, alimenti integrativi, acqua potabile e cloro contro il colera, ha creato l’Interagency child protection working group, per registrare i bambini separati dalle loro famiglie. Inoltre, l’organizzazione ha realizzato 369 “Spazi a misura di bambino” per quasi 95 mila bambini in zone colpite dal sisma, avviando attività di prevenzione e di risposta alla violenza di genere e, soprattutto, contro la tratta.

Ad oggi, quasi 5 mila bambini sono stati registrati e più di mille hanno ritrovato le proprie famiglie. Su questo fronte è attiva anche Terre des Hommes che, grazie ai fondi della raccolta di Agire (Agenzia Italiana Risposta Emergenze), ha inaugurato due “Case del sole”, in grado di accogliere 180 bambini orfani o abbandonati e tre nuove scuole, i cui lavori saranno ultimati all’inizio di marzo. Inoltre, come è possibile vedere sul nuovo sito perhaiti.org (dove vengono resi pubblici gli interventi e l’utilizzo dei fondi), l’associazione è attiva nella registrazione e monitoraggio dei bambini a rischio di traffico nelle case d’accoglienza e nell’assistenza psico-sociale nelle tendopoli.

Grave anche la situazione della sicurezza e dei controlli della polizia fuori e dentro i campi, che ha generato un aumento delle aggressioni a sfondo sessuale. Secondo un rapporto di Amnesty International, le donne e le ragazze che vivono nelle tendopoli allestite nella capitale Port-au-Prince e nel sud di Haiti rischiano sempre di più di subire stupri ad opera di uomini armati che si aggirano nei campi dopo il tramonto. Nei primi 150 giorni dopo il terremoto, sono stati segnalati oltre 250 casi. Un anno dopo, quasi ogni giorno l’ufficio di un gruppo locale di sostegno alle donne riceve persone che intendono denunciare uno stupro. Il rapporto, realizzato con il contribuito di oltre 50 sopravvissute alla violenza sessuale, evidenzia la risposta inadeguata delle forze di sicurezza haitiane: le donne si sentono rispondere che la polizia non può fare niente.

1 commento

  1. Trovo questi articoli molto interessanti, perché tengono viva l’attenzione su problemi sociali e sanitari che i media trattano solo nell’immeditazza del fatto. Stile coinciso e lucido, brava!

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