Ho creduto nei Khmer rossi

Ong Thong HoeungHo creduto nei Khmer rossiGuerini e Associati, 2004pp.235, euro 20,00Un quarto di secolo dopo la fine del regime più sanguinario della storia moderna, è arrivata il 4 ottobre la notizia del primo si del Parlamento cambogiano al processo per il genocidio attuato dai Khmer rossi. Un milione e 700 mila persone innocenti sono morte tra il 1975 e il 1979, vittime delle teorie ultracomuniste di Pol Pot e dei suoi seguaci, alcuni ancora in vita, che vagheggiavano una società di contadini mentre fame e malattie decimavano le campagne. Il volume di Ong Thong Hoeung “Ho creduto nei Khmer rossi” racconta la storia di un’illusione, quella della rinascita della Cambogia dopo la caduta del regime filoamericano del generale Lon Nol. Ma il libro è anche un romanzo sulla morte dell’illusione, descritta dall’autore sopravvissuto attraverso la propria vicenda personale. Nella primavera del 1975 i Khmer rossi prendono il potere a Phnom Penh. L’autore, che studiava in quegli anni in Francia, decide quindi di ritornare in patria per partecipare alla grande ricostruzione. Ma una volta giunto in Cambogia le speranze di rinascita si trasformano in incubo. Molti di coloro che si univano ai Khmer, infatti, venivano uccisi, gli altri morivano di fame, mentre Ong Thong e la moglie furono deportati nei campi di prigionia, riuscendo però a sopravvivere. L’autore ha voluto dare una testimonianza di quella follia ideologica che in teoria “voleva rendere tutti uguali ma che in pratica cancellava i diversi e riduceva alla schiavitù”. Attraverso il racconto delle vicende dell’autore e dei suoi compagni, troviamo la paura, i lavori forzati, la fame, il coraggio e anche la vigliaccheria dei complici del Khmer rossi. Quello dei khmer rossi, dice Renzo Foa nella presentazione del libro, è un orrore compiuto in nome della liberazione e con il silenzio complice del resto della comunità internazionale e della sinistra occidentale, che ha negato l’esistenza di un regime di terrore solo perché quella era una verità raccontata dagli avversari politici. Il valore del romanzo sta tutto nei problemi che pone nel presente, continua Foa, per esempio sul come la Cambogia possa uscire da quel trauma senza fare giustizia e su quale peso dare alla memoria di un genocidio. Molti dei responsabili dei massacri, infatti, sono ancora liberi, vivono di traffici illegali e gli ultimi irriducibili hanno consegnato nel 1999 le armi in cambio di un perdono formale concesso dal re o dall’attuale primo ministro insediato dopo la liberazione. Ora però un tribunale internazionale delle Nazioni Unite processerà i leader dei Khmer rossi ancora in vita e farà luce sulle responsabilità nazionali e internazionali dei crimini rimasti impuniti per trent’anni. Forse, a causa dei tempi burocratici, questo potrebbe essere un processo a dei fantasmi del passato vista l’anziana età degli imputati, ma per l’80 per cento dei cittadini cambogiani che attendono con ansia di vedere puniti i responsabili, il giorno d’avvio del processo sarà una festa nazionale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here