Huntington, perché colpisce il cervello

Nell’interazione tra due proteine è il segreto della “selettività” della malattia di Huntington nel colpire soprattutto alcuni specifici neuroni. Lo rivelano i ricercatori della Johns Hopkins University in uno studio pubblicato su Science.

La malattia di Huntington è una patologia ereditaria causata dalla mutazione di un singolo gene localizzato sul cromosoma 4. Il gene mutato sintetizza la forma patogena della “huntingtina” (mHtt), una proteina che agisce nel cervello. Nei pazienti affetti da Huntington, le mHtt si accumulano in tutto il corpo, ma, misteriosamente, uccidono solo le cellule nervose del corpo striato, un’area del cervello deputata al controllo dei movimenti.

Per scoprire il ruolo giocato dalle proteine nella malattia, gli scienziati hanno mescolato le proteine Rhes (esclusive del corpo striato del cervello) e le mHtt in cellule embrionali umane e cellule cerebrali di topo. Dopo 48 ore, la metà delle cellule moriva solo se nel terreno di coltura erano presenti sia le Rhes sia le mHtt. A questo punto, i ricercatori si sono interrogati sui possibili meccanismi di interazione tra proteine.

 “Abbiamo sempre saputo che le mHtt formano aggregazioni anomale in tutte le cellule del corpo” spiega Srinivasa Subramaniam, a capo della ricerca. “Ma nei pazienti affetti da Huntington queste aggregazioni sono meno abbondanti nel corpo striato che nelle altre parti dell’organismo”. In effetti, quando vengono combinate con le mHtt, le Rhes “sciolgono” le aggregazioni di huntingtina patogena.

Considerato che le Rhes si trovano quasi esclusivamente nel corpo striato, è come se le aggregazioni di mHtt nelle altre parti del corpo difendessero le cellule dalla morte. Il gruppo di ricerca è ora al lavoro per scoprire se la rimozione delle Rhes dal cervello di topi affetti da Huntington può in qualche modo rallentare o fermare la malattia. L’obiettivo finale è quello di brevettare farmaci che agiscano selettivamente sulle Rhes, per trattare questa drammatica patologia. (m.s).

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1170088

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