Come si può misurare l’intensità del campo magnetico di un pianeta extrasolare, talmente lontano da non essere osservabile nemmeno con il più potente del nostri telescopi? Un team di scienziati dell’Austrian Academy of Sciences, suggerisce che sia possibile farlo con un modello, realizzato analizzato i dati spettrali di Hd 209458b (un esopianeta con dimensioni simili a quelle di Giove) ottenuti dall’Hubble Space Telescope mentre il pianeta passava davanti alla propria stella.
Nel lorostudio, pubblicato su Science, i ricercatori spiegano come questi dati mostrassero delle particolari configurazioni degli atomi carichi di idrogeno che tendevano ad allontanarsi dal pianeta a velocità molto elevate. Nonostante gli scienziati avessero in passato cercato di spiegare questo fenomeno, nessuna delle teorie presentate era finora stata accettata.
Nei due decenni trascorsi dalla scoperta del primo pianeta all’esterno del Sistema Solare, gli astronomi hanno compiuto passi da gigante nello studio di questi oggetti: mentre 20 anni fa la scoperta stessa di un esopianeta era un avvenimento straordinario, ai nostri giorni gli scienziati sono in grado di studiare le loro lune, la composizione delle loro atmosfere, il loro clima e le loro caratteristiche. Tra queste caratteristiche, di fondamentale importanza è il campo magnetico e la sua intensità.
I campi magnetici che avvolgono i pianeti, infatti, agiscono come una sorta di scudo che protegge dalle particelle cariche e dai raggi cosmici emessi dalle stelle. Sulla Terra, il campo magnetico protegge tutti gli esseri viventi dalle radiazioni, ed e’ anche di fondamentale importanza per l’orientamento di alcune specie animali (vedi Galileo: L’elettrosmog che disorienta gli uccelli).
I ricercatori austriaci sono, per la prima volta, riusciti ad stimare il valore del momento magnetico (una grandezza tramite la quale e’ possibile risalire all’intensità del campo magnetico) della magnetosfera di Hd 209458b, un esopianeta gassoso più grande di Giove di circa un terzo, che orbita attorno alla sua stella in soli 3,5 giorni terrestri. Questo grazie allo sviluppo di un modello tridimensionale che tiene conto di tutte le interazioni conosciute tra il vento stellare e le atmosfere dei pianeti.
Per testare il modello, i ricercatori hanno applicato il modello a Hd 209458b e sono stati in grado di determinare, tramite l’osservazione delle linee di assorbimento dell’idrogeno in fuga dal pianeta, che la velocità del vento stellare che partiva dal pianeta mentre esso orbitava attorno alla stella era di circa 400 chilometri al secondo. Grazie a questa informazione, i ricercatori hanno potuto anche calcolare che il momento magnetico dell’esopianeta era circa il 10% di quello di Giove in quel momento.
“Abbiamo modellato la formazione della nube di idrogeno caldo che si forma attorno al pianeta e mostrato che una sola configurazione, che corrisponde a valori specifici del momento magnetico e del vento stellare, ci permettevano di riprodurre le osservazioni,” ha spiegato Kristina Kislyakova, coordinatrice del team di ricercatori della Austrian Academy of Science, aggiungendo che questo metodo potrebbe essere usato per studiare il campo magnetico di qualsiasi pianeta, oltre che per ottenere importanti informazioni sulle interazioni dei pianeti con le loro stelle.
Riferimenti: Science doi: 10.1126/science.1257829
Credits immagine: Nasa’s Goddard Space Flight Center
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