I sintomi del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) sono spesso sottovalutati o mal valutati. Non esistono infatti parametri oggettivi per identificare il disturbo, e le diagnosi si basano spesso sulla descrizione del comportamento del bambino da parte delle persone che gli sono più vicine, come i genitori, i tutori o gli insegnanti. Forse, però, presto ci sarà un nuovo metodo oggettivo per aiutare con le diagnosi, grazie a un’analisi delle risposte cerebrali dei bambini con Adhd tramite la risonanza magnetica. I risultati sono stati presentati questa settimana al meeting annuale della società di radiologia del Nord America (Rsna).
Il legame fra movimento e concentrazione nei bambini con Adhd
Cos’è l’Adhd
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività è un disturbo dell’età evolutiva e del neurosviluppo. I sintomi più evidenti sono, appunto, la difficoltà a rimanere concentrati, a controllare le reazioni impulsive, e l’estrema irrequietezza fisica. In Italia colpisce circa il 2 per cento dei bambini, soprattutto maschi, ma rimane difficile da diagnosticare. Anche perché spesso si accompagna a malattie dello spettro autistico, a dislessia o a disturbi psicologici legati alla difficoltà di gestire la rabbia e l’autocontrollo. A causare l’Adhd potrebbero essere fattori di natura genetica, legati in particolare alla produzione dell’ormone dopamina, o ambientale, specialmente inquinanti o sostanze nocive alle quali è stata esposta la donna durante la gravidanza, stress o malattie.
I cambiamenti nel cervello
Lo studio ha sfruttato i dati di risonanza magnetica dell’Adolescent Brain Cognitive Development Study (Abcd), il più grande studio a lungo termine sullo sviluppo del cervello e sulla salute dei bambini negli Stati Uniti, estraendo quelli relativi a 7.805 bambini di età compresa fra i 9 e i 10 anni, 1.798 dei quali avevano ricevuto una diagnosi di Adhd.
L’analisi ha mostrato che il cervello dei pazienti con disturbo da deficit di attenzione e iperattività mostrava differenze evidenti rispetto a quello di bambini che non avevano questo disturbo. Un risultato che stupisce, perché tutti gli studi precedenti avevano mostrato cambiamenti solo in alcune regioni specifiche del cervello, come il lobo frontale, quello coinvolto nella gestione dell’impulsività e dell’attenzione, due dei principali sintomi dell’Adhd.
In particolare, i risultati hanno mostrato un’anomalia nella connettività delle reti cerebrali coinvolte nell’elaborazione della memoria e dell’udito, un assottigliamento della corteccia cerebrale e cambiamenti microstrutturali della materia bianca, soprattutto nel lobo frontale del cervello. I bambini con Adhd, infine, tendono ad avere un volume corticale più basso, soprattutto nei lobi temporali e frontali.
Migliorare la diagnosi con l’AI
La statistica raccolta grazie ai dati di risonanza magnetica, e i risultati sulle modifiche a livello cerebrale, potrebbero essere usati come input per addestrare modelli di apprendimento automatico utili a migliorare la diagnosi del disturbo. Secondo gli autori, infatti, i biomarcatori della risonanza magnetica forniscono risultati solidi, che possono essere utili in caso di dubbi sulla diagnosi clinica e comportamentale, e anche per pianificare e monitorare l’efficacia dei trattamenti farmacologici.
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