Categorie: Spazio

I sistemi planetari delle pulsar: ecco come scovarli

All’inizio erano conosciute come Lgm, Little Green Men (piccoli omini verdi), perché le loro emissioni radio erano state scambiate per un segnale extraterrestre. Le pulsar, o stelle a neutroni, sono corpi dalle caratteristiche estreme: una massa pari a quella del nostro Sole concentrata in poche decine di chilometri di raggio. Eppure è nelle loro orbite che sono stati identificati i primi esopianeti. Durante il congresso europeo di scienza planetaria (Epsc 2012), Fabrice Mottez astrofisico dell’Osservatorio di Parigi ha presentato una serie di previsioni sulle proprietà dei loro sistemi planetari, su come scoprirli, sulla loro formazione e sviluppo.

“Una pulsar e il suo sistema planetario funzionano un po’ come un gigantesco generatore elettrico”, ha spiegato Mottez: “Nelle giuste condizioni il campo magnetico e il vento solare della pulsar possono interagire con i pianeti, creando intorno a questi una potente scia elettromagnetica”.

Il fenomeno, che potrebbe essere osservabile anche dalla Terra, rappresenterebbe quindi un nuovo metodo per identificare questi sistemi planetari. Ma non solo, potrebbe anche aiutare a capire i meccanismi della loro formazione.

Come spiegano gli scienziati infatti, le pulsar sono quel che rimane dopo l’esplosione di una stella come una supernova. Nei primi periodi dopo l’esplosione, lo spazio che circonda la neonata stella a neutroni è dunque pieno di detriti e dei pianeti che sono sopravvissuti al violento evento. Da questa materia spaziale possono però crearsi altre strutture planetarie, per aggregazione, sotto la spinta del vento stellare della pulsar.

Inoltre, le scie elettromagnetiche che circondano i pianeti di questi sistemi potrebbero servire anche a studiare altri corpi celesti e le loro interazioni con le pulsar. Infatti, nonostante non siano abbastanza forti da influenzare oggetti di dimensioni planetarie, le scie potrebbero avere degli effetti notevoli su corpi più piccoli, come asteroidi, comete o detriti spaziali. “In base alla direzione dei loro percorsi, gli asteroidi e le comete possono essere lanciati in orbite molto distanti, o trascinati con forza verso la superficie della pulsar. Persino oggetti con un diametro di chilometri possono subire questi effetti in meno di 10.000 anni, un periodo brevissimo dal punto di vista astronomico”, ha concluso Mottez.

Riferimenti Epsc 2012

Credits immagine: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC)

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

Articoli recenti

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

2 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

4 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

5 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

6 giorni fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Fogli d’oro sottilissimi: arriva il goldene

Potrebbe essere usato in diverse applicazioni come catalizzatore per la conversione dell'anidride carbonica e la…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più