I solisti del genoma

I geni umani che “lavorano da soli” sembravano fino a ieri essere una sparuta minoranza: si credeva infatti che sia la copia (allele) di origine materna, sia quella di origine paterna venissero entrambe espresse (tradotte in proteine). Una ricerca condotta da Andrew Chess e Alexander Gimelbrant dell’Harvard Medical School di Boston, pubblicata su Science, dimostra invece che, per una parte non trascurabile del nostro genoma, viene espressa solo una delle due copie e che la “scelta” è casuale.

I ricercatori hanno clonato delle linee cellulari da singole cellule del sistema immunitario umano e hanno marcato l’Rna messaggero (m-Rna) prodotto dalla copia di origine materna o paterna alternativamente, per distinguerli. Risultato: su 4mila geni analizzati, in 371 casi (circa il 9 per cento), viene espresso solo uno dei due alleli. Almeno apparentemente è il caso a scegliere. Le cellule delle varie linee erano infatti geneticamente identiche tra loro, ma alcune producevano l’m-Rna materno, altre quello paterno, altre ancora entrambi. “Questa espressione genetica differenziata”, commenta Gimelbrant, “può essere la causa di variazioni del fenotipo esteriore in persone con identico genotipo (genoma), come accade a volte nei gemelli omozigoti”.

Secondo gli autori, queste differenze potrebbero influenzare anche la predisposizione verso alcune malattie. Un esempio? Il gene App sembra legato all’insorgenza precoce del morbo di Alzheimer: cellule in cui solo una copia del gene è espressa producono metà della proteina rispetto a quelle in cui sono attivi entrambi gli alleli.

Il meccanismo potrebbe essere una forma raffinata di regolazione dell’espressione genica. Secondo altri scienziati, invece, dipenderebbe da un meccanismo di “silenziamento” alterato, come avviene per il  cromosoma X nel sesso femminile. Da tempo, infatti, è noto che nelle donne solo uno dei due cromosomi X è attivo, per evitare una dose doppia di ormoni. Anche le cellule dei globuli bianchi inattivano uno dei due set genetici per la produzione di immunoglobulina, per migliorare la risposta immunitaria, mentre è noto che gli embrioni “spengono” alcuni alleli di uno dei due genitori durante lo sviluppo. L’esperimento è stato ripetuto su altre linee cellulari e su tessuti, quali la placenta e i globuli bianchi, ottenendo gli stessi risultati. I ricercatori hanno ora intenzione di esaminare l’intero genoma umano, circa 20mila geni: se le proporzioni saranno rispettate, dovrebbero essere più di mille i potenziali “solisti”.(mi.m.)

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