I virus che condividiamo con i Neanderthal

Virus che infettarono i Neanderthal e i Denisovan sono stati trovati anche in essere umani moderni, nascosti nel loro dna. A scoprire la presenza di sequenze virali ancestrali nel genoma di alcuni pazienti di oggi è stato un team di ricercatori della Plymouth University e della Oxford University. Lo studio, pubblicato su Current Biology, suggerisce che i virus in questione abbiano infettato un antenato di ominide più di 400mila di anni fa, ovvero prima che la nostra linea evolutiva si separasse da quella dei nostri cugini .

Che fossimo vicini a questi ominidi era chiaro già da qualche tempo. Da quando almeno gli scienziati avevano scoperto che una piccola parte del genoma dei Neanderthal era in comune a quello degli uomini moderni, e da quando il sequenziamento dei Denisovan aveva mostrato quanto del loro dna fosse condiviso con gli esseri umani. Da allora lo sforzo dei ricercatori è stato quello di capire quali parti dei genomi fossero in comune. Per esempio, si sono chiesti gli scienziati, le sequenze geniche ereditate dai virus (retrovirus capaci di integrare il proprio genoma nel dna dell’ospite) erano presenti nei Neanderthal, nei Denisovan? E laddove presenti, erano uguali alle analoghe rintracciate negli esseri umani moderni?

Se la risposta alla prima domanda è stata sì – il team di Jack Lenz dell’ Albert Einstein College of Medicine ha infatti trovato 14 sequenze retrovirali nei Neanderthal e Denisovan – la seconda è stata, ad un primo momento negativa: quelle dei vecchi cugini sono parti di dna che non hanno analoghi nell’uomo moderno.

Tuttavia a rimettere tutto in discussione è stato il team di Plymouth e Oxford, come racconta New Scientist, impegnato a studiare il contributo delle sequenze virali nascoste nel genoma umano alla genesi di malattie. Gli scienziati, analizzando il genoma di 67 malati di cancro, hanno infatti trovato corrispondenza per sette delle 14 sequenze virali credute finora appartenere unicamente ai vecchi cugini.

L’apparente contraddizione tra i risultati dei due team – quello di Lenz e quello di Robert Belshaw della Plymouth University, a capo della ricerca su Current Biology si spiega così. Il gruppo di Lenz, per il confronto tra i genomi di Denisovan, Neanderthal e uomini moderni, ha analizzato quello che viene chiamata una sequenza di riferimento, ovvero un genoma assemblato dalla combinazione di informazioni provenienti da più individui. Questo significa che, in modo del tutto casuale, le sequenze degli antichi virus non erano presenti nei vari pezzi di dna che sono andati a costituire il genoma di riferimento analizzato da Lenz. Al contrario le stesse sequenze erano presenti nei genomi dei pazienti presi in considerazione da Belshaw.

Le conclusioni dello studio però ribadiscono anche un altro concetto, ovvero: gli esseri umani moderni possono essere molto diversi gli uni dagli altri nelle porzioni non codificanti del dna (il cosiddetto dna spazzatura, dove sono state trovate le sequenze in questione). “Questo significa”, ha commentato Gkikas Magiorkinis della University of Oxford, tra gli autori dello studio: “che oggi possiamo trovare individui che condividono loci con i Denisovan o i Neanderthal, ma non con gli altri essere umani di oggi”.

Infine, concludono gli esperti, la scoperta rappresenta anche il punto di partenza per capire se e come queste sequenze virali sono connesse allo sviluppo di malattie come suggeriscono alcuni dati relativi ai modelli animali : “In alcune circostanze, due virus ‘spazzatura’ possono combinarsi per favorire l’insorgere di una malattia. Lo abbiamo visto diverse volte negli animali. Le Ervs (i retrovirus endogeni, da endogenous retroviruses, nda ) hanno dimostrato di causare cancro quando attivate da batteri in topi con sistemi immunitari indeboliti”, conclude Magiorkinis.

Via: Wired.it

Credits immagine: MIKI Yoshihito (´・ω・)/Flickr

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