Proprio come un’immagine, anche un numero può rimanere impresso nella mente. Così, monitorando l’attività del cervello, è possibile scoprire quale cifra, o quanti oggetti, una persona ha appena visto. Lo straordinario risultato è frutto del lavoro di ricercatori coordinati da Evelyn Eger dell’Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica (INSERM) francese. Il nuovo studio, pubblicato su Current Biology, aggiunge un altro tassello alla comprensione del funzionamento e dell’organizzazione dei circuiti nervosi, dimostrando che nel cervello i numeri sono codificati in circuiti nervosi specifici e ben strutturati.
Appena un anno fa, ricercatori americani dimostrarono che attraverso risonanza magnetica funzionale (fMRI) è possibile “vedere” nel cervello l’immagine che una persona ha appena osservato (vedi Galileo). Sempre utilizzando l’fMRI, i ricercatori hanno scoperto che osservando e analizzando l’attività del cervello è possibile sapere che numero o quanti oggetti una persona ha appena visto.
Da studi sulle scimmie, si sapeva che esistono neuroni specifici per l’elaborazione numerica, ma anche che sono assai mescolati tra loro e con altri. Ecco perché finora si credeva che la fMRI (le cui immagini sono costituite da pixel che racchiudono centinaia di neuroni) non sarebbe stata in grado di rilevare le differenze nell’attività cerebrale legata all’elaborazione di singole cifre o quantità.
Nello studio, i ricercatori hanno esaminato l’attività cerebrale di volontari mentre osservavano simboli numerici o puntini. Hanno così scoperto che era possibile stimare la numerosità di un insieme di puntini corrispondente a un numero osservando il pattern cerebrale attivatosi in risposta al numero stesso. In più, i ricercatori hanno osservato che l’attività dei circuiti nervosi cambiava nell’elaborazione di quantità molto simili (per esempio insiemi da 5, 6 o 7 puntini). Quindi, la fMRI permetteva anche di capire se due volontari stessero osservando insiemi di diversa grandezza. Lo stesso non era possibile con i numeri, forse perché questi sono codificati in modo più rigido. “Siamo solo all’inizio”, ammette Evelyn Eger. “Ma la nostra scoperta è la porta di accesso alle unità funzionali di base su cui è costruita la matematica simbolica”. (m.s.)
Riferimenti: Current Biology doi:10.1016/j.cub.2009.08.047
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