Il cervello di scorta

Pezzi di ricambio per il cervello? La strada potrebbe essere stata tracciata con il decisivo contributo di due biologi molecolari italiani: Edoardo Boncinelli, direttore del laboratorio di Biologia Molecolare dell’Istituto San Raffaele di Milano, e Vania Broccoli, ricercatore del Max Planck Institute. Il primo ha lanciato l’idea, il secondo l’ha raccolta e sperimentata. E il frutto del loro lavoro è stato pubblicato questa settimana su Nature.

La storia di quella che potrebbe sembrare un’avventura alchemica, ossia trasformare il cervelletto in cervello, comincia molto prima di questo esperimento, nella testa dell’allora giovane “apprendista” biologo Edoardo Boncinelli. “Individuai il gene Otx2, assieme agli altri geni responsabili della costruzione del cervello, nel 1991”, racconta il ricercatore, “ma erano già molti anni che questa scoperta si stava preparando. Fin dai miei primi studi sulla drosofila, il moscerino della frutta”.

Ma cos’è esattamente l’Otx2? Lo sviluppo del cervello durante la fase fetale, come quello di qualsiasi altro organo, è diretto da una serie di geni che regolano come e dove debba formarsi una determinata cellula. Otx2, Otx1, Emx1 ed Emx2, insomma, sono i quattro geni che “coordinano” la formazione del cervello. I loro domini di espressione, ossia le regioni dell’embrione in cui si manifestano i risultati del loro lavoro, hanno una struttura concentrica, “Come in un gioco di scatole cinesi”, commenta Boncinelli. Dal punto di vista temporale, invece, i quattro geni si attivano l’uno in successione all’altro. Il primo a risvegliarsi è appunto l’Otx2, che controlla la formazione della maggior parte del cervello, compresi gli emisferi cerebrali. “La sua funzione”, aggiunge Boncinelli, “è di dichiarare ‘questo è il cervello’, in modo che non ci siano equivoci”. Dopo di ché si attivano in successione Otx1, contenuto in Otx2, ed Emx2, contenuto in Otx1, responsabili della formazione delle regioni posteriori del romboencefalo e del midollo spinale. L’ultimo a risvegliarsi è Emx1, il cui dominio di espressione è confinato nella corteccia cerebrale, la regione del cervello attraverso cui ricordiamo, pensiamo e immaginiamo. Siamo ormai al decimo giorno dello sviluppo fetale e il cervello è già quasi ultimato.

Poiché Otx2 è il gene che, a livello gerarchico, dà il via a tutto questo processo, appariva chiaro il fatto che esso fosse il vero responsabile della formazione del cervello. Bisognava tuttavia dimostrarlo sul piano sperimentale. Così Boncinelli ha lanciato un’idea: “Cosa accadrebbe se costringessimo Otx2 a rimanere ‘acceso’ anche nel cervelletto?”. Con questa domanda, tre anni fa, sono cominciati gli esperimenti sui topi, il modello genetico più vicino a quello umano. Vania Broccoli ha impiantato l’Otx2 nelle cellule staminali, le cellule indifferenziate che danno origine a tutte le diverse cellule dei vari tessuti di un individuo completo, degli embrioni di topi ancora nell’utero materno. Giunti alla dodicesima settimana di vita, gli animali sono stati sottoposti a esami istologici e morfologici che dimostrano come il cervelletto si sia trasformato in cervello: si evidenzia infatti un accrescimento dei collicoli superiori e inferiori e una riduzione del verme cerebellare. In altre parole, il cervelletto perde le sue caratteristiche deputate al mantenimento dell’equilibrio – e infatti i topi camminano a fatica, traballando – mentre ha acquistato i tratti morfologici del cervello, manifestando un accentuato sviluppo dell’area visiva.

Le implicazioni della scoperta sono molteplici, anche se Boncinelli dichiara di non interessarsene: “Non fa parte del mio lavoro pianificare le applicazioni pratiche di una ricerca, preferisco dedicarmi solo al come e al perché delle cose”. Comunque, con un po’ di fantasia, si potrebbe immaginare che l’impianto forzato del gene Otx2 in cellule staminali le trasformi in vere e proprie officine di pezzi di ricambio per il cervello. Una speranza di cura per tutti quei casi in cui un trauma, per esempio un incidente, un ictus o un tumore, abbia lesionato i tessuti originari. Boncinelli stesso ammette che “sostituire pezzi di cervello potrebbe diventare più facile che sostituire qualsiasi altro organo”, ma rassicura anche circa le implicazioni etiche del trapianto: “L’anatomia non incide sulla fisiologia, ossia sui modi di funzionamento. Comunque con un cervello uguale sia anatomicamente che fisiologicamente si possono avere individui dal comportamento diverso, perché bisogna riconoscere che gran parte del lavoro deriva dalle esperienze e dal caso. Possiamo arrivare a conoscere il numero delle cellule, la loro posizione e il modo in cui sono interconnesse, ma delle connessioni possiamo avere solo un’idea molto vaga”.

La vita di Edoardo Boncinelli è costellata di grandi sfide, così come lui stesso racconta nell’autobiografia “A caccia di geni” (Di Renzo editore, 1996). Dalla filosofia alla fisica, dalla fisica alla biologia molecolare – con una breve parentesi anche nella psicologia – e dalla biologia molecolare alla genetica, Boncinelli spazia con disinvoltura attraverso diversi campi di ricerca, guidato sempre da un grande intuito. La sua avventura cominciò negli anni ‘70 con le ricerche su una particolare sequenza genica della drosofila – i cosiddetti geni omeotici – e da lì ai ratti e all’uomo. Sorridendo commenta gli antefatti della sua scoperta: “Ricordo ancora quando, nel Natale del 1987, dopo aver guardato e riguardato per anni quei geni, cominciò a formarsi nella mia mente un quadro unitario, che poteva spiegare il passaggio dalla drosofila all’uomo. Appena credetti di aver compreso le linee di questo schema ne scrissi ad alcuni colleghi. La risposta dei più fu molto educata ma scettica. Qualcuno mi disse anche che forse ero andato un po’ troppo in là con le mie speculazioni”.

L’evidenza sperimentale gli ha poi dato ragione, ma lui non ha tempo di rallegrarsene. Perché è già con la mente altrove, alla sua prossima sfida: “Conto di continuare a scrivere i miei libri e di dedicarmi subito allo studio del gene Emx1. Finora sappiamo per certo che è quello che stabilisce il numero delle cellule della corteccia, ma sembra anche che ne decida la posizione”. Niente a che fare con l’Alzheimer? “Non arrivo ancora così lontano con la mente. Ma ne dubito, perché ci stiamo concentrando sullo studio di aree ben localizzate della corteccia, mentre sappiamo che l’Alzheimer coinvolge zone disperse dei tessuti corticali”.

Da un po’ di tempo gira la voce che Edoardo Boncinelli potrebbe essere il prossimo candidato italiano al Premio Nobel, ma lui non si sbilancia troppo: “Si dice sempre così, ma poi di fatto non esistono candidati al Nobel. Non lo ritengo probabile in termini scientifici. Ma nemmeno impossibile”.

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