Il corpo nel Medioevo

Jacques Le GoffIl corpo nel MedioevoLaterza, 2005pp. 189, euro 16,00 Così presente in tutta la sua fisicità, eppure assente nelle rappresentazioni del Medioevo. Il corpo è il grande dimenticato dalla storia del periodo che va dal V al XV secolo. Anche quando si interessavano degli uomini, fossero potenti e re, guerrieri e santi, gli storici tradizionali lo facevano come se essi non avessero avuto un corpo, descrivendoli quasi come creature prive della loro stessa carne. Per colmare questa lacuna, lo storico del Medioevo francese Jacques Le Goff dedica al tema un intero volume raccontando, attraverso le idee e le opere dei personaggi del passato, le tante trasformazioni che la concezione del corpo ha subito, “in una tensione continua tra umiliazione e venerazione”. Se è vero, infatti, che i corpi erano solo simboli, rappresentazioni e figure e che questa visione si rifletteva anche nel linguaggio comune (le grandi moltitudini di persone che prendevano parte a battaglie e altri eventi erano definite con i termini generici di “popolo” e “plebe”), in alcuni momenti il disprezzo per la fisicità dell’essere umano lasciava il posto alla venerazione. Come si legge nella prefazione del volume edito da Laterza, “la concezione del corpo, il suo spazio nella società, la sua presenza nell’immaginario e nella realtà, nella vita quotidiana e nei momenti salienti hanno subito mutamenti in tutte le società storiche”. Proprio per questo la storia del corpo non può essere ignorata quando si parla di Medioevo: la società è infatti il frutto di diverse tensioni, come quella tra Dio e l’uomo, tra città e campagna, quindi anche di quella tra anima e corpo. Il racconto dell’autore parte dagli albori del Medioevo, quando papa Gregorio Magno definì il corpo “abominevole rivestimento dell’anima”, si indossarono i cilici sulla carne in segno di spiritualità e l’astinenza fu una delle virtù primarie. E prosegue passando in rassegna quei teologi, come San Bonaventura e Tommaso D’Aquino, che misero in evidenza la valenza positiva del corpo nel mondo terreno. Il corpo “chiarisce e sostanzia la storia delle idee, delle mentalità, delle istituzioni e anche delle tecniche e delle economie” dice l’autore, ricordando come su di esso abbiano influito l’avvento della peste nera nel 1347-48, l’introduzione di nuovi metodi di coltivazione, l’evoluzione dei gusti culinari e il nascere della gastronomia, fino alla rivoluzione della medicina dei secoli XIX e XX. Per spiegare le diverse valenze del corpo nel Medioevo Le Goff usa la lebbra, malattia dell’anima che si manifesta con la corruzione del corpo. “Il malato è un reietto e insieme un eletto”, spiega, “che aspetta di essere curato da Cristo”. Interessante è la descrizione dell’utilizzo di metafore corporee nel Medioevo per rappresentare il sistema politico, la Chiesa o le città, come aveva già fatto Platone nella “Repubblica” proponendo un modello organicista della città ideale, dove il filosofo re era la testa, gli agricoltori il ventre e i custodi i piedi. Chiudono il volume i versi di Francois Villon, definito il migliore e meraviglioso interprete della ritrovata sensibilità verso il corpo nell’Occidente quattrocentesco.

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