Il fascino dei numeri

Claudio Bartocci (a cura di)
Racconti matematici
Einaudi, 2006 
pp. 306 + XXVIII, € 18,00

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Questo libro antologico, se accettato da un congruo numero di matematici, si potrebbe sottotitolare “Non siamo soli nell’universo”. Claudio Bartocci è un raffinato e attento lettore, non strettamente monomaniaco come la maggior parte dei suoi colleghi matematici dà mostra di essere. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto fare un’operazione così elegante. Senza alcuna malizia, dai brani scelti si riceve la sensazione precisa del rimpianto di chi la matematica la ha solo orecchiata o sbocconcellata con stupore.

I personaggi presenti come autori appartengono al gotha della letteratura non strettamente accademica degli ultimi cento anni; cioè, sono di quelli che in un romanzo o in un racconto non hanno paura di introdurre materiale pescato appropriatamente nella gioielleria della razionalità formalizzata: c’è Queneau, che scriveva da matematico mancato, c’è Lasswitz e gli altri culturi di fantascienza non mirabolante o becera che si immaginano cose estremamente suggestive senza violare risultati consolidati. C’è Borges, ovviamente, con il suo amico Bioy Casares; c’è Lem, c’è Cortazar. E ci sono gli italiani come Calvino, Eco, Buzzati e Del Giudice, a testimoniare che non tutto è disprezzato dai nostri umanisti di rango (come vorrebbero certe gazzette).

Il libro si divide in Numeri, Spazi e Ritratti a cui si aggiunge in chiusura L’uomo matematico di Musil e una ricca bibliografia. Ma la cosa che più mi è piaciuta è la tormentata introduzione di Bartocci, che rispecchia il dibattito più diffuso e più ricco di fraintendimenti della cultura di tutti i tempi: quello sui linguaggi e sull’estremismo filosofico che solo la matematica può guidare restando al riparo dalla banalità del soprannaturale. L’infinito, le antinomie, la complessità, il caos, e via discorrendo; Bartocci non si tira indietro e sembra quasi dire: scrivetemi e vi dirò cosa penso. Mi vanto di avere il suo indirizzo elettronico ma non ve lo do, perché tengo al suo relax.

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