Il futuro del Web

Tim Berners-Lee
L’architettura del nuovo Web.
Dall’inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interattiva e intercreativa
Feltrinelli, 2001
pp. 196, £ 35.000

Un libro difficile, da non leggere prima di andare a dormire. Un libro interessante, che apre orizzonti nuovi. Controverso, sicuramente, questo volume, come lo è la storia del Web che racconta. Berners-Lee è a buon diritto considerato l’inventore del WorldWideWeb. Fu lui infatti che negli anni Ottanta sviluppò il software necessario per far compiere il salto di qualità alla rete Internet già esistente, permettendo non più solo lo scambio di file e l’uso delle Bbs (Bullettin Board System, servizi di bacheca elettronica), ma anche il collegamento di documenti tramite il sistema ipertestuale Html (HyperTextMarkupLanguage), l’identificazione Uri (Universal Resource Identifier), il protocollo Http di trasmissione dati, e il programma di navigazione (browser). Sono state queste le innovazioni decisive per lo sviluppo della Rete come noi la conosciamo: un mondo pieno di immagini e suoni, di documenti collegati tra loro, di connessioni impreviste.

Il racconto di Berners-Lee è diviso in due parti. Dapprima è dedicato alla ricostruzione delle vicende personali che hanno portato Berners-Lee al Cern di Ginevra, dove ha sviluppato le prime idee che sono alla base del Web. Da lì, negli anni, Berners-Lee ha dedicato sempre più tempo ed energie alla creazione del World Wide Web Consortium, autorità di riferimento per lo sviluppo degli standard tecnologici della Rete. Particolarmente interessante è la componente libertaria e antiburocratica che fa da sfondo alla storia, mostrando quanto la nascita di questo strumento di comunicazione abbia beneficiato soprattutto dello sforzo di pochi individui che si sono “votati alla causa”. E quanto la componente commerciale sia stata inizialmente un ostacolo allo sviluppo di standard globalmente condivisi. Una delle difficoltà principali fu infatti la tendenza di molte aziende a sviluppare software e macchine non compatibili tra loro. Successivamente, l’interazione con le aziende si è rivelata decisiva perché prendessero piede le innovazioni suggerite dal Consorzio, fornendo gli strumenti necessari.

La seconda parte del libro è invece la visione di Berners-Lee per il futuro del Web e il suo divenire uno strumento che permetta una vera interazione e intercreazione. Nucleo centrale del suo sogno è la creazione della “Rete Semantica”, cioè la creazione di un linguaggio che permetta alle macchine non solo di riconoscere ed elaborare una sintassi descrittiva, ma anche di collegare tra loro i documenti secondo il loro significato. Per esempio, un linguaggio di etichettatura che sia in grado di dire non solo “questa è un’immagine Jpg” ma anche “questa è l’immagine di una montagna innevata delle Dolomiti”. In questo modo, anche le macchine potrebbero dare un significato alle informazioni che manipolano, contribuendo alla creazione di nuovi collegamenti. E’ comunque soprattutto in quest’ultima parte che Berners-Lee prende coscienza dei possibili rischi legati all’utilizzo prevalentemente commerciale del Web e degli strumenti che lo sostengono. E’ consapevole dei pericoli, ma allo stesso tempo si dice convinto che sia necessario pensare alla collaborazione con le aziende soprattutto per incentivare una collaborazione che non sfoci in un monopolio, ma rimanga legata ad un utilizzo collettivo della tecnologia.

Forse l’unico neo di questo volume è l’ostico stile di scrittura, infarcito di tecnicismi che non ne consentono una lettura scorrevole al lettore non addetto ai lavori. Questo inconveniente è parzialmente ovviato dal glossario presente alla fine del libro, ma sicuramente non è necessario per cogliere il contagioso entusiasmo che trapela dalle pagine, e che rende moderatamente ottimisti sulla possibilità che il Web rimanga uno strumento di innovazione e comunicazione orizzontale e, soprattutto, libero.

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