Il Museo delle pure forme

    Basteranno una stanza vuota, luci ad effetto, e qualche sofisticato software di interfaccia per avere le opere d’arte di tutto il mondo a portata di mano, nel senso letterale del termine. È la tecnologia che si fonde con l’arte, tanto da rimpiazzare degnamente il paziente lavoro di scultori e pittori. Ovviamente quadri e sculture a tuttotondo non ci saranno, ma verranno sostituiti da adeguati modelli software che riprodurranno i profili tridimensionali delle opere stesse. Ecco l’obiettivo dell’ipertecnologico e rivoluzionario Museo delle Pure Forme, uno spazio virtuale a cui sta lavorando l’équipe del Percro (http://www-percro.sssup.it), uno dei laboratori di ingegneria della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il progetto, al via tra pochi mesi, è stato presentato durante l’ottava edizione dell’International Workshop on Human and Robot Interaction, appena conclusasi proprio nel prestigioso istituto pisano. Al Museo delle Pure Forme sarà quindi possibile vedere e toccare sculture e opere d’arte grazie a particolari dispositivi elettromeccanici, detti aptici, che consentiranno di percepire le sensazioni tattili, dalla rugosità alla temperatura. Per saperne di più Galileo ha intervistato Massimo Bergamasco, docente di meccanica dei robot al Sant’Anna e responsabile del progetto.

    Professor Bergamasco, quando è nata l’idea del Museo delle Pure Forme e come è strutturato l’intero progetto?

    I primi esperimenti di riproduzione di forme tridimensionali condotti al Pecro risalgono al 1993. Sin dall’inizio abbiamo usato particolari interfacce, dette aptiche: sistemi esoscheletrici – una sorta di armatura esterna – dotati di un elevato grado di articolazione, che avvolgono il braccio dell’operatore umano, ne registrano i movimenti e riproducono la forza di contatto. Così chi li usa riesce a percepire l’oggetto virtuale mediante il movimento del proprio braccio e della propria mano. L’oggetto virtuale in questione potrebbe essere la Nike di Samotracia o La Pietà di Michelangelo. Il Museo delle Pure Forme è quindi nato mettendo insieme da una parte lo sviluppo delle interfacce aptiche, dall’altra la realizzazione di particolari software in grado sia di riprodurre oggetti esistenti e di modellarne delle astratte, sia di simulare il contatto mano-oggetto virtuale.

    Ma come funziona il sistema percettivo aptico?

    Nell’uomo il sistema percettivo aptico è il meccanismo che permette di riconoscere le proprietà degli oggetti coma la durezza, la rugosità superficiale, la forma geometrica, la temperatura, a partire dagli stimoli cutanei e cinestetici. Per riprodurre virtualmente questo meccanismo si usano le interfacce aptiche, sistemi robotici controllati da un calcolatore, che consentono all’operatore di percepire tutte le sensazioni derivate dal contatto con l’oggetto virtuale. Basta infilarsi un guanto o una tuta sensorizzata per ricevere tutti gli stimoli cutanei che normalmente si proverebbero toccando un oggetto. Per questo i modelli delle opere d’arte che verranno utilizzati nel Museo delle Pure Forme saranno diversi dai modelli geometrici tridimensionali propri della Computer Graphics. Le interfacce aptiche permetteranno di riprodurre sculture e dipinti oltre la tridimensionalità, facendone percepire al visitatore tutte le caratteristiche superficiali, proprio come si trattasse di un oggetto reale.

    Quali sono i campi di ricerca del Percro?

    Il laboratorio lavora sui cosiddetti ambienti virtuali, sulle simulazioni inerziali per i veicoli a due e tre ruote, sui sistemi robotici intelligenti per teleoperazione. Uno degli obiettivi del Percro è realizzare un ambiente virtuale completo, progettando e realizzando interfacce aptiche antropomorfe che non solo permettano di afferrare l’oggetto, ma anche di poterlo osservare e sentire, come accadrà nel Museo delle Pure Forme. Ma per completare l’ambiente virtuale è necessario anche lo sviluppo di adeguati software capaci di visualizzare un’opera d’arte nella sua interezza, in tempo reale. E così, gli esperimenti del laboratorio riguardano lo studio delle interfacce e la loro realizzazione, la progettazione di ambienti virtuali che forniscano gli stimoli all’interfaccia e quindi all’utente, ed infine lo sviluppo di software di visualizzazione real-time.

    E’ possibile applicare questi sistemi di interfaccia anche in altri settori?

    Certamente: uno dei campi più interessante, diverso da quello della conservazione e della fruizione dei beni culturali, è quello della riabilitazione. In questo caso le interfacce aptiche possono essere usate per aiutare persone con deficit motori sia attraverso esercizi di manipolazione virtuale, sia con simulazioni di controllo sull’ambiente circostante.

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