Il nuovo occhio elettronico che vede il mondo in 3D

    Una telecamera che capta la terza dimensione e ce la restituisce in tempo reale. Si tratta del nuovo dispositivo sviluppato dai ricercatori dell’Unità di Ricerca Sensori Ottici Integrati della Fondazione Bruno Kessler (Fbk) di Trento, il cui brevetto, a differenza degli altri in circolazione, sfrutta una tecnologia a basso costo. Galileo ha intervistato David Stoppa, coordinatore della ricerca.

    Dottor Stoppa, come funziona questa nuova telecamera?
    “A differenza di una telecamera standard, che permette di catturare una scena in movimento ma fornisce una rappresentazione bidimensionale, una telecamera 3D fornisce la terza dimensione, cioè la distanza degli oggetti, ricostruendo un modello tridimensionale della scena. È la stessa differenza che c’è fra vedere un film normale e vederne uno con gli effetti 3D con i classici occhialini. La telecamera si presenta come una normale webcam. Il nostro primo prototipo è dotato di una sorta di disco di plastica che contiene degli illuminatori a led nell’infrarosso. I led emettono degli impulsi di luce infrarossa invisibile all’occhio umano e chi è di fronte alla telecamera non ha la percezione di essere illuminato. Questi puntatori emettono circa 20 milioni di impulsi al secondo: ciascun flash infrarosso viene inviato sulla scena, colpisce il bersaglio e viene retrodiffuso. A questo punto uno speciale sensore – che costituisce il cuore della telecamera – riesce a misurare il tempo di volo impiegato dall’impulso di luce per raggiungere un oggetto e tornare indietro e, conoscendo la velocità della luce, si può risalire alle distanze degli oggetti”.

    È una tecnologia nuova?
    “Sì. Le telecamere basate su sensori a stato solido, compatte e in grado di acquisire il profilo tridimensionale degli oggetti sono disponibili sul mercato già da qualche anno, ma si tratta di pochi prodotti, venduti da tre o quattro ditte, e di fascia alta che possono costare 5-6 mila euro. Non sono quindi pensati per l’elettronica di consumo, ma per un impiego industriale. Noi, invece, vogliamo usare queste telecamere per applicazioni di ambient assisted living, cioè per migliorare la qualità della vita, soprattutto quella delle persone disabili o degli anziani. Per questo la nostra ricerca si basa su una filosofia completamente nuova, volta allo sviluppo di un microchip innovativo in grado di ridurre i costi. 

    Come si raggiunge questo obiettivo?
    Innanzitutto abbiamo usato una tecnologia assolutamente standard, usata per fabbricare i microprocessori che si trovano nell’elettronica più diffusa e basata su sensori CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor, ndr), gli stessi che si trovano nelle macchine fotografiche digitali. Il suo costo è quindi basso. Questa è una piccola rivoluzione perché le altre telecamere 3D sul mercato usano tecnologie dedicate, sviluppate ad hoc che, non avendo grandi volumi di produzione, presentano costi elevati. La seconda innovazione riguarda i pixel. Per il 3D le dimensioni di ciascun pixel sono circa 100 volte maggiori di quelli di una fotocamera standard, da 40 micron di lato; finora, quindi, è stato impossibile realizzare sensori con milioni di pixel, perché troppo ingombranti e dai costi proibitivi. Il nostro sensora, invece ha pixel di appena 10 micron per lato. In questo modo siamo riusciti a ridurre le dimensioni e quindi i costi”.

    Quali sono le applicazioni della vostra telecamera?
    “Abbiamo sviluppato la telecamera all’interno progetto Netcarity, con lo scopo di mettere a punto una tecnologia non invasiva a servizio della fascia più debole della popolazione.  Per esempio una telecamera che sia così intelligente da identificare una persona in movimento, capire se è sola, se cade e non si rialza. Oggi per lo stesso scopo si usano braccialetti contenenti un accelerometro che percepisce la caduta a terra. Ma questi dispositivi non è detto che vengono sempre indossati, quindi non sono completamente affidabili. Una telecamera che emette luce infrarossa è invece in grado di monitorare l’ambiente anche di notte, costruire il profilo 3D della scena e analizzarla con estrema robustezza”.

    Ma per questo non basta una telecamera 2D?
    “I sistemi basati sulle telecamere 2D danno problemi: per esempio non funzionano in stanze molto illuminate né buie. Ma il grande vantaggio è legato alla privacy, perché la telecamera acquisisce il profilo 3D della persona ma non i dettagli. Le informazioni vengono raccolte e inviate a centri di monitoraggio che, in situazioni di pericolo, intervengono chiamando i soccorsi. Pensando poi ad applicazioni più ‘frivole’, prevediamo l’uso nel campo dei videogiochi di prossima generazione. Avere una telecamera che ti osserva mentre ti muovi  permette di capire cosa fa il giocatore senza bisogno di joystick e dover usare telecomandi con accelerometri, come quello della Nintendo Wii. Un’altra applicazione è in ambito automobilistico: qui il sensore potrebbe essere in grado di analizzare ciò che accade intorno al veicolo e avere sistemi intelligenti di prevenzione di incidenti e infortuni”.

    Come verrà sviluppato ora il dispositivo?
    “Il nostro gruppo, formato da giovani ricercatori della Fbk, ha progettato e sta fabbricando la versione successiva del sensore. Vogliamo dimostrare che è possibile utilizzare pixel così piccoli per realizzare la prima telecamera 3D a risoluzione elevata. Il passo successivo sarà dimostrare che questo tipo di sensore abbinato a un sistema di analisi di immagini tridimensionali rappresenta un sistema automatizzato in grado di interpretare determinati eventi – come la caduta di una persona – in modo infallibile”.

    1 commento

    1. Molto interessante speriamo che questi sistemi siano alla portata di tutti il piú presto possibile e che si possano utilizzare per migliorare sia la vita nell’ambito delle persone deboli che nella vita quotidiana in ambienti di lavoro casa ecc.

    LASCIA UN COMMENTO

    Please enter your comment!
    Please enter your name here