Che il rosmarino non fosse utile soltanto ad aromatizzare le patate al forno era noto fin dall’antichità, quando oli essenziali e infusi venivano bruciati o usati come medicinali; ma dei suoi effetti sul cervello si sapeva ben poco. Una parte del mistero è stata finalmente svelata grazie a uno studio del Brain, Performance and Nutrition Research Centre della Northumbria University (Inghilterra). Sembra infatti, come spiegano i ricercatori sulle pagine di Therapeutic Advances in Psychopharmacology, che il Rosmarinus officinalis funzioni come un vero amplificatore cerebrale: migliora precisione e velocità nelle performance cognitive e regala felicità sottoforma di soddisfazione e appagamento.
Per comprendere l’azione sul cervello di questa pianta, gli studiosi hanno preso in considerazione uno dei principali componenti chimici dell’olio di rosmarino – un liquido incolore o debolmente giallino – che ne viene estratto: 1,8 cineolo, presente anche nelle essenze di eucalipto e cajeput e in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica del cervello. I ricercatori hanno quindi esposto venti volontari a essenze di rosmarino diverse intensità e per studiarne gli effetti hanno chiesto ai partecipanti di eseguire dei test cognitivi, un esame del sangue e di compilare un questionario sull’umore.
I risultati di queste analisi hanno mostrato una chiara correlazione tra le concentrazioni di 1,8 cineolo nel sangue e la velocità e la precisione nei test cognitivi. Meno evidente ma sempre riscontrabile anche un’azione benefica sull’umore: i partecipanti riportavano soddisfazione, appagamento, felicità. Tuttavia quest’ultimo effetto non sarebbe imputabile ai livelli di 1,8 cineolo, anzi completamente indipendente da essi, ma a un’altra sostanza ancora da identificare e che agisce attraverso percorsi neuronali diversi. Due proprietà positive del rosmarino, ma nettamente separate.
Riferimenti: Therapeutic Advances in Psychopharmacology doi: 10.1177/2045125312436573
Credit immagine a Plbmak/ Flickr
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