Il sesso dei polmoni

L’asma è molto più comune fra i giovani maschi che fra le femmine loro coetanee. Una differenza che si va riducendo con il passare degli anni fino a quando, durante l’adolescenza, i casi di asma fra ragazzi e ragazze si equivalgono. Nell’età adulta, invece, si osserva il ribaltamento della situazione: a soffrirne di più sono le donne. Se questa malattia dipende così tanto dal sesso come mai quando si realizzano degli studi clinici per testare nuovi farmaci o per capire meglio i meccanismi con cui la patologia si sviluppa, questo fattore non è considerato come una variabile importante? È questo un caso di “pregiudizio di genere”, l’errore che la medicina, e chi la pratica, commette considerando la donna uguale all’uomo. Per questo Cristina Mapp, professore associato di Medicina del lavoro all’Università di Ferrara, e Sonia Buist, professore di Medicina all’Oregon Health and Sciences University, hanno deciso di raccogliere tutta la letteratura disponibile sulle differenze di genere nello sviluppo delle malattie respiratorie in una pubblicazione, “Respiratory Disease in Women” edito dall’European Respiratory Society. “L’idea è quella di capire se in entrambi i casi possiamo parlare della stessa malattia, oppure se le differenze non diano luogo a patologie diverse, che quindi vanno trattate in maniera differente”, afferma Mapp. Ebbene le oltre 200 pagine che compongono la monografia sulle malattie respiratorie dimostrano proprio che le differenze esistono, non sono neanche banali, e nella maggioranza dei casi non sono prese in considerazione. Nel caso specifico dell’asma va considerata la differente anatomia delle vie aeree, più evidente durante l’infanzia e che potrebbe quindi essere la causa della diversa incidenza fra maschi e femmine in questo particolare momento della vita. “Tali differenze infatti vanno piano piano diminuendo con il passare degli anni”, spiega ancora la ricercatrice. Ma poi con l’adolescenza arrivano altre differenze, quelle ormonali. “Sono stati riportati molti casi in cui gli attacchi di asma peggiorano in particolare prima del ciclo mestruale”, sottolinea Mapp. Ma le differenze non sono, per così dire, solo strutturali. Vanno messe nel conto anche quelle socio-culturali. “Sull’asma influiscono anche le abitudini di vita, la maniera con cui si cucina (con macchine a gas, con stufe a legna o carbone), la frequenza con cui si è a contatto con detergenti e sostanze chimiche aggressive (una su tutte la varechina) che possono irritare e danneggiare l’apparato respiratorio”, dice il medico. Insomma il ruolo “classico” della donna, quello che la vede “regina” dell’ambiente domestico deve essere calcolato come fattore di rischio per lo sviluppo della malattia. Inutile dire che invece gli studi che hanno indagato questo aspetto sono praticamente inesistenti. Poche anche le sperimentazioni per testare le medicine che includono le donne. “E’ solo a partire dal 1973 che la Food and Drug Administration (l’ente statunitense che decide quali farmaci ammettere sul mercato) ha permesso di includere le donne negli studi di fase II”, conferma Mapp. “Prima erano escluse per motivi di protezione, per il pericolo che potessero rimanere incinta durante la sperimentazione”. I pochi dati in nostro possesso però parlano chiaro: la diversa distribuzione del grasso e di concentrazione di acqua nei tessuti dell’organismo maschile e femminile porta a una differente reazione nei confronti dei principi attivi e quindi a un’efficacia diversa delle medicine, mentre la risposta ad altre sostanze sembra dipendere dai livelli ormonali. “Queste sono differenze che devono essere prese in considerazione quando si decide di dare un farmaco a una donna che prende la pillola anticoncezionale oppure a una che sta assumendo la terapia ormonale sostitutiva perché è entrata in menopausa”, sottolinea Mapp.Un’affermazione che trova riscontro nelle ricerche svolte sull’ipertensione polmonare primaria, una malattia caratterizzata da una progressivo aumento della resistenza vascolare dei polmoni che porta a una morte prematura: in generale l’incidenza di questa patologia è maggiore nelle donne, la malattia aumenta dopo la pubertà, oppure subito dopo che la donna ha partorito. “Anche se il meccanismo esatto con cui agiscono non è stato ancora individuato sembra evidente che in questo caso gli ormoni giochino un ruolo importante nello scatenarsi della malattia”, spiega Mapp. E infatti l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva in donne a rischio di ipertensione polmonare primaria è ancora oggetto di discussione. Insomma, considerare la variabile “donna” all’interno degli studi sulle malattie respiratorie, e in generale in tutta la medicina, aiuterebbe a comprendere meglio la varietà di modi con cui le patologie si manifestano. “Si tratta di avere un approccio mentale diverso al problema della medicina”, conclude Mapp. “Non dobbiamo ricondurre tutto al sesso ma la medicina, e chi la pratica, non può ignorare che esistono sì somiglianze fra gli esseri umani ma anche delle notevoli differenze”.

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