Il sesso (troppo) rumoroso delle mosche

Il sesso fatelo in silenzio. Piuttosto che agli impetuosi vicini di casa, l’invito andrebbe rivolto alle mosche; almeno a quelle che convivono con le colonie di pipistrelli. Un consiglio che potrebbe salvare loro la vita. Come mostra uno studio del Max Planck Institut für Ornithologie, infatti, i suoni ad alta frequenza emessi dai maschi quando sbattono le ali durante l’amplesso sono un richiamo irresistibile per i chirotteri affamati, attratti dalla possibilità di rimediare due bocconi in un colpo solo.

Che i predatori approfittino dei momenti di distrazione di una coppia impegnata in effusioni erotiche per raddoppiare il bottino, non è una novità. L’impegno amoroso costa caro anche a locuste, crostacei e gerridi (gli insetti pattinatori che scivolano sulla superficie dell’acqua).

Tuttavia, finora il fenomeno non era mai stato documentato con l’accuratezza che ritroviamo nello studio tedesco, pubblicato su Current Biology: quattro anni di riprese video nel set ideale di una stalla per mucche, abitata da pipistrelli e infestata da miriadi di mosche ronzanti.

Alla conclusione che il “sesso uccide”, gli scienziati sono giunti dopo essersi domandati come facessero i pipistrelli ad aggiudicarsi pranzi così lauti a base di quei piccoli insetti che non volano di notte e che sono invisibili al loro sonar. Delle 8986 mosche filmate nessuna veniva attaccata mentre camminava sul soffitto o mentre riposava immobile su una superficie. In quei casi l’ecolocalizzatore in dotazione ai mammiferi volanti non serve: il suono di rimbalzo è debole e si confonde con gli altri rumori di fondo.

Quando si accoppiano, invece, le mosche emettono rumori ad alta frequenza, ben udibili dai predatori, che le gettano allo scoperto. Così il 26 per cento delle coppie osservate è stato colto di sorpresa mentre metteva in pratica il progetto che tutti gli animali considerano prioritario: mettere al mondo la prole. Il 60 per cento di queste è finito nelle fauci del predatore.

Riferimenti: Current Biology doi:10.1016/j.cub.2012.06.030

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