Il software che svela le bugie

Lo sa bene il dottor Cal Lightman (Tim Roth) di Lie to Me: quando mentiamo, forniamo involontariamente una serie di indizi con cui è possibile smascherarci. Piccoli gesti, l’intonazione della voce, la direzione del nostro sguardo: tutti particolari che possono aiutare un esperto a capire quando stiamo dicendo una bugia.

Partendo da questa idea, un team di ricercatori dell’Università del Michigan ha sviluppato una macchina della verità di nuova generazione: un lie detection software che può scoprire una bugia senza bisogno dei sensori dei vecchi poligrafi, ma semplicemente visionando i filmati di un interrogatorio.

Il programma, presentato durante la recente International Conference on Multimodal Interaction, funziona grazie al machine learning, o apprendimento automatico. I ricercatori hanno cioè addestrato il software sottoponendogli oltre 120 filmati di interrogatori, e stabilendo poi se le persone riprese stavano mentendo o meno utilizzando il verdetto del relativo processo.

In questo modo, il software è riuscito a individuare diversi indizi che rivelano una potenziale menzogna: un bugiardo tenderebbe ad esempio a muovere più spesso le mani, cercherebbe di sembrare più sicuro delle proprie affermazioni, guarderebbe più spesso negli occhi il proprio interrogatore, e si distanzierebbe dalle scene che descrive, utilizzando più spesso termini come “lui” o “lei”, piuttosto che “io” o “noi”.

Al termine dell’addestramento, il programma aveva a disposizione un ampio repertorio di indizi verbali e gestuali in grado di individuare una menzogna. È stato quindi messo alla prova su un nuovo gruppo di filmati, dimostrando di poter individuare una menzogna nel 75% dei casi. Non abbastanza forse per mandare qualcuno in prigione, ma sicuramente meglio di quanto sapremmo fare noi esseri umani. Nell’esperimento, infatti, le persone a cui sono stati sottoposti gli stessi filmati hanno dimostrato una capacità di poco superiore al 50% (praticamente come fare a testa o croce) nel riconoscere quando venivano dette delle bugie.

“Gli esseri umani sono poco abili a riconoscere una bugia”, spiega Rada Mihalcea, ricercatrice che ha coordinato il progetto. “Semplicemente, non è il tipo di attività in cui riusciamo bene. Esistono moltissimi indizi che gli esseri umani forniscono involontariamente quando mentono, ma noi non prestiamo abbastanza attenzione per riconoscerli. Non contiamo ad esempio quante volte una persona dice io, o quanto spesso alza lo sguardo al cielo, perché siamo concentrati su un livello di comunicazione superiore”.

Nonostante i buoni risultati, i ricercatori sottolineano che quello realizzato finora è solo un pezzo di un progetto più ampio, che mira a creare un apparecchio per identificare le bugie che possa risultare essere utile alle forze di polizia, al personale sanitario e in sede processuale. Per farlo, stanno approcciando il problema da diverse angolazioni, per migliorare ulteriormente la precisione del programma. Il prossimo passo ad esempio sarà integrare nell’apparecchio anche i dati analizzati dai poligrafi tradizionali, come il battito cardiaco, il respiro e la temperatura corporea, raccolti però con metodi non invasivi di imaging termico.

Via: Wired.it

Credits immagine: Andy Rennie/Flickr CC

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