Ilva, come si è arrivati alla chiusura

Da stamattina alle otto, i badge degli operai dell’ Ilva non funzionano più. L’azienda ha infatti comunicato la sospensione immediata di tutte le attività lavorative negli impianti dello stabilimento siderurgico pugliese, a valle del provvedimento di sequestro emesso dal Gip di Taranto, che comporta “in modo ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, da quello di Taranto”, come si legge nella nota stampa emessa dall’Ilva. I dipendenti, dal canto loro, hanno occupato lo stabilimento.

In attesa di nuovi sviluppi, ripercorriamo brevemente le vicissitudini che hanno portato alla chiusura dello stabilimento.

1997: lo studio del Centro Europeo Ambiente e Salute dell’Oms
Già quindici anni fa i ricercatori dell’Oms sollevano il problema dell’inquinamento ambientale causato dallo stabilimento pugliese: il rapporto Ambiente e salute in Italia, di cui un intero capitolo è dedicato all’area tarantina, evidenzia un eccesso di mortalità nel periodo 1980-1987, e in particolare un incremento dei decessi per tumore del 10 per cento.

Novembre 2011: lo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità – atto I
Il 9 novembre 2011, i ricercatori dell’ Istituto superiore di sanità presentano a Torino i risultati principali del progetto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento), relativi al periodo 1995-2002. I dati sono inquietanti: a Taranto vi è una mortalità legata ai tumori superiore del 10-15 per cento rispetto alla media nazionale (nel 30 per cento dei casi si tratta di cancro al polmone) e alle malattie respiratorie acute superiore del 40-50 per cento sempre rispetto alla media nazionale. Lo studio evidenzia inoltre una situazione di rischio generalizzata: “I dati sulla mortalità in eccesso si ritrovano in tutte quelle aree che hanno conosciuto 50-60 anni di sviluppo industriale che non hanno tenuto conto della salute e dell’ambiente”.

Luglio 2012: lo studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr
Il 25 luglio 2012, il Gip Patrizia Todisco dispone il sequestro preventivo degli impianti a seguito dei risultati di Sentieri e di quelli di un nuovo studio dell’ Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr, che parla molto chiaramente di “decenni di inquinamento” da attribuire all’Ilva, con conseguente aumento di mortalità per malattia, inquinamento e danni alla salute umana. Come spiega Fabrizio Bianchi, ricercatore dell’Istituto, “la perizia è stata fatta da alcuni dei maggiori esperti europei con metodi avanzatissimi e ha dimostrato che le patologie riscontrabili sono riconducibili sia all’inquinamento degli anni ’60 e ’70 sia a sostanze prodotte nell’ultimo decennio. Questo non vuol dire però che l’impianto va chiuso: Taranto può diventare un punto di svolta per i siti inquinanti italiani”. A quanto pare, purtroppo, la previsione di Bianchi era troppo ottimistica.

Settembre 2012: lo studio del Dipartimento di Epidemiologia Ssr Lazio
Il nuovo lavoro conferma la situazione descritta da Sentieri, e per certi versi è da considerare ancora più interessante: anzitutto è riferito a un periodo più recente ( 1998-2010), poi è specificatamente relativo all’area urbana di Taranto (mentre Sentieri faceva riferimento a tutta la Puglia) e infine è un lavoro scientifico vero, sottoposto alla procedura di peer-review. Anche in questo caso, il quadro non è dei migliori: “Sono stati documentati”, si legge nell’introduzione, “per l’intera città di Taranto eccessi di mortalità e incidenze di patologie tumorali”, tenendo conto dei cosiddetti differenziali sociali, cioè del legame tra stratificazione socio-economica della popolazione e mortalità. Qualche numero: mortalità per tutte le cause aumentata dell’ 8-27 per cento, tumori maligni del 5-42 per cento, malattie cardiovascolari del 10-28 per cento, malattie respiratorie dell’ 8-64 per cento.

Ottobre 2012: lo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità – atto II
A ottobre 2012 vengono pubblicati i dati aggiornati di Sentieri, relativi al periodo 2003-2009. E non si tratta di niente di buono: “Dai risultati presentati”, ammette il ministro della Salute Renato Balduzzi, “emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto. I residenti nei quartieri Tamburi, Borgo, Paolo VI [quelli più vicini agli impianti, nda] mostrano una mortalità e morbosità più elevata rispetto alla popolazione di riferimento”. Anche in questo caso i numeri sono impietosi: per tutte le cause di mortalità e per tutta la popolazione c’è stato un aumento dal 10 all’11 per cento dal 2008 al 2009, dato ottenuto mediando  quello relativo a uomini e donne. Per loro, in particolare, la situazione è particolarmente negativa: 13 per cento dei decessi dovuto a tumori, il cui incremento è molto sostanzioso (fegato: +75 per cento; linfoma: +43 per cento; utero: +80 perc ento; polmoni: +48 per cento; stomaco: +100per cento; mammella: +24 per cento).

27 novembre 2012: chiusura degli impianti
L’epilogo (per ora) di una vicenda così drammatica è stato la chiusura totale degli stabilimenti, con sette persone arrestate per tentativi di nascondere e insabbiare i dati sull’inquinamento e cinquemila lavoratori a rischio. Corrono lo stesso pericolo, secondo l’azienda, anche gli stabilimenti di Liguria e Piemonte. Staremo a vedere.

Via: Wired.it

Credits immagine: ça y est…/Flickr

1 commento

  1. Per favore smettiamola con le percentuali. Suggerisco una lettura: Gerd Gigerenzer – Quando i numeri ingannano – Cortina Ed.
    Non sto dicendo che a Taranto sono tutte frottole, dico solo che così come sono scritte queste percentuali galleggiano sul nulla. Occorrono i numeri di riferimento, i valori assoluti. Poi ognuno si faccia le sue percentuali.
    Di solito il solo dato percentuale è ingannevole.

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