Imparare le lingue, perché per alcuni è così difficile?

Vi sarà forse capitato di imbattervi nei famigerati “10 trucchi per imparare le lingue” che spopolano sul web, ma siamo sicuri che seguire con impegno i consigli di un poliglotta sia sufficiente per padroneggiare in breve tempo una nuova lingua?

Uno studio pubblicato su Journal of Neuroscience ci racconta che la realtà è più complessa: esisterebbe infatti una predisposizione innata all’apprendimento delle lingue straniere, determinata dal modo in cui diverse aree del nostro cervello comunicano fra loro. La ricerca, frutto di una collaborazione fra la McGill University e il Montréal Neurological Institute, ha coinvolto 15 persone di madrelingua inglese che stavano per cominciare un corso intensivo di francese. Gli aspiranti francofoni sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale per valutare la loro connettività a riposo, cioè lo stato di attivazione cerebrale in condizioni di tranquillità, quando non si svolge nessun compito specifico. Inoltre, le loro abilità linguistiche sono state valutate prima e dopo il corso.

I ricercatori hanno osservato che i partecipanti con connessioni più forti fra due precise aree del cervello, l’insula anteriore sinistra/opercolo frontale e una sotto-area della circonvoluzione temporale superiore sinistra, mostravano un miglioramento più marcato nel test che valutava la fluenza verbale. Inoltre una maggiore connettività fra la cosiddetta “regione della forma visiva delle parole”, localizzata nel lobo temporale, e un’altra sotto-area della circonvoluzione temporale superiore sinistra si associava a migliori performance in un compito di lettura.

“La cosa più interessante è che la connettività fra le diverse aree è stata osservata prima dell’apprendimento” commenta Arturo Hernandez, neuroscienziato alla University of Houston. “Ciò dimostra che alcune persone possiedono un particolare schema di attività neuronale che le predispone ad imparare più facilmente una seconda lingua”.

Per chi però non è proprio portato per le lingue, un invito a non scoraggiarsi arriva dalla prima autrice della ricerca, Xiaoqian Chai: “Questo non vuol dire che il successo nello studio di una lingua straniera sia del tutto predeterminato dalla conformazione dei nostri circuiti cerebrali. Il cervello è altamente plastico, e ciò significa che può essere plasmato dall’apprendimento e dall’esperienza.” I risultati della ricerca potrebbero anzi fornire un valido aiuto, “indicando strategie più efficaci per imparare meglio”.

Riferimenti: The Journal of Neuroscience doi: 10.1523/JNEUROSCI.2234-15.2016

Credits immagine: Penn State/Flickr CC
Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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