In arrivo i biosimilari

Dopo i generici, ecco i biosimilari. Come il mercato farmaceutico è stato rivoluzionato, alcuni anni fa, dalla riproduzione a basso costo di molti dei farmaci più venduti, lo stesso potrebbe accadere a breve anche con i farmaci biologici e biotech di nuova generazione. Anche in questo campo, sono infatti molti i brevetti che si approssimano ormai alla scadenza, e diverse aziende europee, statunitensi e indiane, sono pronte a gettarsi sulla nuova opportunità. Sulla carta una prospettiva importante per i pazienti, che potrebbero avere più facilmente accesso a terapie oggi per lo più costosissime. Ma anche un fenomeno con molti rischi, su cui le autorità regolatorie dovranno vigilare con attenzione ancora maggiore di quanto non avvenga per i farmaci tradizionali.

I farmaci biotech rappresentano il 20 per cento dei prodotti sul mercato e ben il 50 per cento di quelli in sperimentazione clinica. Fanno parte di questa categoria tutti quei farmaci basati non su molecole di sintesi chimica, ma su proteine che riproducono quelle umane, spesso ottenute grazie a organismi geneticamente modificati: l’eritropoietina sintetica, usata per curare anemie di diversa origine, i fattori di crescita, l’insulina sintetica per il trattamento dei pazienti diabetici, diversi vaccini, gli anticorpi monoclonali usati per trattare malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, molti farmaci oncologici.

I primi prodotti di questo tipo furono sviluppati e brevettati circa 20 anni fa, e in parte servirono proprio a ‘tranquillizzare’ le case farmaceutiche che vedevano le proprie prospettive di profitto minacciate dallo scadere di molti brevetti sui farmaci più venduti. Ma tutti i brevetti arrivano a una scadenza prima o poi, e quella scadenza in Europa è appunto di vent’anni. Nei prossimi due o tre anni scadranno quindi i brevetti su molti dei farmaci biotech attualmente sul mercato. Ad aprire la strada, in Europa, è stata l’autorizzazione concessa nell’aprile di quest’anno dall’Emea (l’Agenzia europea che vigila sul mercato farmaceutico) a un farmaco basato sull’ormone della crescita somatropina, commercializzato da Sandoz, che è una ‘copia’ del prodotto originale di Pfizer. Ma molti altri seguiranno nei prossimi anni con lo scadere dei brevetti, a cominciare dalla vendutissima eritropoeietina.

Secondo la European Generic Medicines Association (Ega), che riunisce i produttori di farmaci generici nel vecchio continente, solo la prima ondata di sei farmaci biosimilari già in cantiere potrebbe portare a un risparmio di oltre un miliardo e mezzo di Euro all’anno per i sistemi sanitari europei, e permetterebbe a 500.000 pazienti in più con disturbi renali di ricevere un trattamento con eritropoietina. Sempre secondo l’Ega, nel complesso i biosimilari potrebbero garantire risparmi fino al 40% sui sette farmaci biologici che figurano tra i dieci farmaci iniettabili più usati in Europa.

I detentori dei brevetti, dal canto loro, ribattono però che replicare questo tipo di farmaci in modo che i profili di efficacia e di sicurezza siano davvero analoghi è tutt’altro che banale. Secondo la Emerging Biopharmaceutical Enterprises, un’associazione che rappresenta le case biotech impegnate nello sviluppo di nuovi farmaci, “i biosimilari non sono come i generici, e richiedono una procedura di valutazione diversa. Sono prodotti con procedure che usano cellule viventi e potenzialmente sono in grado di scatenare reazioni immunitarie molto serie, se non sono prodotti, testati e monitorati in modo opportuno”.
A differenza delle classiche molecole chimiche, che sono tipicamente di piccole dimensioni e struttura chimica semplice e relativamente stabili in termini chimici, i farmaci biotech sono molecole di grandi dimensioni e di grande complessità strutturale, in cui una minima variazione può modificare il profilo di attività biologica; sono instabili, e molto sensibili alle condizioni esterne. Inoltre sono prodotti con sistemi, a cominciare da organismi opportunamente geneticamente modificati, molto difficili da riprodurre.

Insomma, per questi prodotti l’equivalenza chimica non garantisce automaticamente l’equivalenza di efficacia ed effetti collaterali. Tanto che l’Emea, la European Medicines Agency, ha istituito sin dall’inizio di quest’anno un gruppo di lavoro sui farmaci biosimilari, con il compito di fissare linee guida per l’autorizzazione alla messa in commercio. Ai produttori di biosimilari sarà richiesto di assicurare per mezzo di trial clinici la sicurezza e l’efficacia dei loro prodotti. Ma i trial costano, e se davvero i produttori dovessero replicare per intero gli studi, diventerà difficile garantire davvero un prezzo sostanzialmente più basso del prodotto originale. Ci vorrà tempo quindi per capire se quello dei biosimilari sia davvero un affare.

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