Fiumi, lagune costiere e laghi italiani sono sempre più poveri di pesci e specie acquatiche. Dati allarmanti sono forniti dal Wwf nel recente rapporto “Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci”, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua dell’Unesco, il 22 marzo scorso.
Secondo quanto riportato nel dossier, di 50 specie autoctone italiane che vivono nelle acque interne, solo una, il cavedano (Leuciscus cephalus), non sarebbe a rischio di estinzione. Fra altre 49, la lampreda di fiume, lo storione comune e lo storione ladano sono già considerate estinte da tempo, mentre 14 sono in pericolo o gravemente minacciate. Le restanti 32 vengono considerate “vulnerabili” o “quasi a rischio”. Fra le specie elencate, va considerato che 22 sono endemiche, ossia esclusive di un ambiente ristretto, come il carpione del Fibreno, che si trova soltanto nel piccolo lago laziale di Posta Fibreno.
Come riportato nel dossier, questi dati, ricavati dall’ultimo aggiornamento 2007 della Lista Rossa dei Vertebrati Italiani (redatta dal Wwf Italia fin dal 1998), sono il sintomo di una gestione non adeguata dei bacini idrici, conseguenza anche dell’applicazione inefficiente di norme nazionali e internazionali (come ad esempio la cosiddetta “Direttiva habitat” europea), che andrebbe perfezionata nell’ottica della conservazione degli ambienti acquatici e delle loro risorse. Fra le principali cause del degrado ci sarebbero l’inquinamento e la distruzione degli habitat naturali con la costruzione di dighe, la cementificazione degli argini, l’escavazione degli alvei.
Molte delle specie minacciate hanno un ruolo particolarmente delicato all’interno degli ecosistemi e alcune, come l’anguilla o le trote, rappresentano una fondamentale risorsa per l’economia ittica nazionale. Basti pensare che l’anguilla da pesca e acquacoltura nostrana costituisce il 35-38 per cento della produzione dell’Unione Europea. (s.s.)
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