Ci sarebbero le prove del passaggio dalla scimmia alla specie umana nei fossili 4,1 milioni di anni fa, rinvenuti in Etiopia, nella valle di Awash del deserto dell’Afar. Secondo Tim White, paleontologo dell’Università di Berkeley (Usa), a cui va il merito della scoperta pubblicata su Nature, i resti appartenevano a una razza ominide intermedia fra gli antichissimi ardipitechi (Ardipithecus ramidus), vissuti tra i 7 e i 4,4 milioni di anni fa, e i successivi australopitechi (Australopithecus afarensis). Alla specie Afarensis appartiene Lucy l’ominide che più ci assomiglia. Lucy, ritrovato nel 1974 anch’esso nella depressione dell’Afar, risale a circa 3,2 milioni di anni fa ed è stato a lungo considerato l’antenato più antico dell’uomo, perché l’analisi del suo bacino ha svelato che camminava in posizione eretta. Secondo White, l’ultimo ominide, di cui sono stati trovati una mandibola con i denti, le ossa di una mano, le ossa di un piede e una clavicola, sarebbe una “specie intermedia” fra gli ardipitechi e gli australopitechi anamensis. Questo supporta l’ipotesi che l’Australopithecus anamensis fosse un diretto antenato dell’Australopithecus afarensis, cioè di Lucy. E non è tutto. La scoperta, basata soprattutto sull’analisi dei denti, apre nuovi orizzonti proprio in quella zona a circa 30 chilometri a nord-est di Addis Abeba, perché mai in precedenza erano state trovate tracce di tre ominidi in evoluzione nello stesso posto. Oltre a Lucy, infatti, nel 1992, sempre in Etiopia, era stato rinvenuto l’Australopithecus ramidus. Ora si tratta di capire quale sia la specie mancante, perché le analisi del Dna suggeriscono che la “separazione” tra uomo e scimmia è avvenuta circa 5 milioni di anni fa. (a.c.)
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