Categorie: Società

In ricordo di Felice Ippolito

La mattina del 24 aprile 1997 se ne è andato Felice Ippolito, una delle rare figure esemplari di questo secolo e di questo paese. Era nato il 16 novembre 1915, a Napoli. Il suo primo lavoro è del 1937 e si intitola “Segnalazioni di un pozzo esistente nell’antica città di Pompei”. Già nel titolo riassume tre grandi passioni intellettuali della sua vita: la geologia, la storia e la napoletanità. Perché è la geologia applicata l’oggetto ininterrotto della sua ricerca, la storia lo strumento di riflessione, la napoletanità il fondamento della sua sincerità pungente. Sarà poi anche un grande organizzatore dell’attività scientifica nazionale, un politico impegnato, un conoscitore dell’industria nazionale pubblica e privata, un attento osservatore dei problemi economici, ma queste responsabilità appartengono all’Ippolito pubblico, mentre geologia, storia e napoletanità fanno l’Ippolito privato, quello che si può amare come un maestro impareggiabile di vita.Naturalmente, l’Ippolito pubblico e il privato si intrecciano intimamente: pazinte e disponibile con i giovani, allievi e non, può essere implacabile con i vecchi che occupano posizioni di rilievo e che non giudica all’altezza del posto: i pavidi, gli intimoriti dai politici, gli opportunisti. Quando, nel 1963, viene perseguitato in un infame processo, le sue idee non vengono piegate dalle minacce dei poteri occulti già affermati in Italia. dalla sua parte sono i più importanti scienziati italiani, Edoardo Amaldi in testa; le riunioni per decidere il da farsi in suo favore si svolgono in casa di Bruno Touscheck. Cito Amaldi e Touscheck perché sono i soli esempi che io conosca di franchezzae onestà intellettuale, senza riserve, confrontabili con Felice Ippolito. Nessuno di essi è più in vita, l’amarezza è grande, l’eredità pesante da raccogliere.Felice Ippolito incontrò Amaldi nel corso di uno studio sulle lave vesuviane. Si intesero subito sulla necessità di sviluppare la ricerca nel settore nucleare e, nel 1952, dettero vita al Centro Nazionale Ricerche Nucleari (Cnrn). Ippolito, il più giovane, ne divenne Segretario; quattro anni più tardi, Segretario Generale. Il Cnrn si trasformò in Cnen, Comitato Nazionale Energia Nucleare: Amaldi e Ippolito cercarono di legare le sorti della ricerca in Italia a quelle dell’Europa e del resto del mondo. Nasce Euratom, che sarà terreno di scontro con i preponderanti interessi avversi dei petrolieri e degli elettroproduttori privati. Ippolito sostiene la nazionalizzazione dell’energia elettrica e viene ben presto demonizzato, nel processo che lo colpisce nel 1963: almeno, salva la vita, a differenza di Enrico Mattei.Ritorna all’Università, a Napoli, nella facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, nel 1969: è lo stesso di prima, le avversità non lo hanno intimorito. L’Italia è cambiata: i fisici sono sempre grati a Ippolito per lo sviluppo della ricerca di punta che egli ha contribuito ad impiantare; l’attività di sviluppo dei reattori nucleari ha però subito un forte rallentamento: il Cnen è in mano a dirigenti pavidi. Inoltre, sta montando un ambientalismo opportunista, che cerca collocazione politica agendo sulle paure popolari. Ippolito è incolpato di essere nuclearista a oltranza. La disonestà degli attacchi intellettuali lo manda fuori dai gangheri, come avviene anche ad Edoardo Amaldi: non sembra possibile mettersi “intorno a un tavolo” e discutere razionalmente. Chi ha visto Ippolito adoperarsi in occasione della formulazione dei piani energetici o delle norme di protezione civile sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi sa quanto fosse lontana dal suo stile l’idea di realizzare impianti a rischio sconosciuto; ma la ragione politica spinse alcuni a trattarlo come un tecnocrate irresponsabile, e questa disonestà ebbe la meglio, cancellando ben presto ogni competenza nucleare nel paese.Gli incarichi che Ippolito ha avuto e ancora aveva al momento della sua morte sono innumerevoli. Era molto preso dalla Commissione scientifica per la ricerca in Antartide, istituita dal Ministero della Ricerca, che presiedeva. Gli dispiaceva di avere “qualche difficoltà fisica” ad andare lì, per fare uno dei suoi sopralluoghi da geologo; di tanto in tanto vagheggiava trasognato questo viaggio. Non ha potuto farlo, non potrà farlo più. E’ entrato nella storia che tanto lo appassionava.

Carlo Bernardini

Carlo Bernardini,fisico, è professore emerito alla Sapienza Università di Roma. Dal 1983 al 2013 è stato direttore di Sapere

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