Incontinenza: 5 cose da sapere

In Italia sono circa 5 milioni le persone che soffrono di incontinenza, donne e uomini che vivono in un perenne stato di tensione e di vergogna. Che stentano a parlarne perfino con il medico. Inizia oggi la settimana mondiale di informazione su questa patologia (World Continence Week). Cerchiamo di capire cos’è e cosa si può fare per combatterla insieme agli specialisti della Società Italiana di Urodinamica (SIUD).

Come si manifesta. I due tipi di incontinenza più comuni sono da sforzo e da urgenza. Esiste poi anche una forma mista che presenta caratteristiche di entrambi i tipi. Nel primo caso a causare la fuoriuscita involontaria di pipì basta anche uno starnuto, un colpo di tosse, o una risata. L’incontinenza da sforzo è legata a un deficit dello sfintere uretrale o del supporto muscolare e fasciale del pavimento pelvico. Le perdite in questo caso non sono tipicamente precedute dalla sensazione di urinare e variano, a seconda dei casi, da poche gocce a un flusso più significativo. Si parla invece di incontinenza da urgenza quando la perdita involontaria di urina è simultanea o preceduta da uno stimolo urgente. È di solito legata ad una iperattività del muscolo liscio vescicale chiamato detrusore, per cui quest’ultimo di contrae in modo involontario.

Le cause. Nell’uomo l’incontinenza da sforzo è spesso un effetto secondario della chirurgia sulla prostata (soprattutto chirurgia radicale per tumore). Nella donna, contribuiscono alla genesi dell’incontinenza danni che possono verificarsi durante la gravidanza e soprattutto il parto. Spesso però l’incontinenza compare con la menopausa. In menopausa infatti il calo degli estrogeni mette in evidenza un danno che si è verificato in precedenza. Anche l’obesità (soprattutto nelle donne) e la scarsa attività fisica contribuiscono al problema: i muscoli del pavimento pelvico devono supportare l’eccesso di peso addominale. La perdita di peso a volte può migliorare l’incontinenza, senza altro trattamento. Alcol e caffeina, in quantità eccessive, possono causare una perdita del controllo della vescica. Il fumo di per sé non fa male a chi ha problemi di continenza ma può provocare quel colpo di tosse che esercita pressione sulla vescica. L’iperplasia prostatica benigna (ingrossamento della ghiandola prostatica) è la causa più comune di sintomi del basso apparato urinario negli uomini dopo i 40 anni. Raramente, si potrà verificare un’incontinenza da urgenza. L’incontinenza può svilupparsi come effetto secondario in chi assume farmaci antidepressivi, lassativi, diuretici e sedativi. Infine, le malattie neurologiche come la sclerosi multipla, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, l’ictus e le lesioni del midollo spinale possono interferire con la funzione della vescica.

La diagnosi. Si può basare la diagnosi di incontinenza su poche valutazioni semplici da far fare a tutti i pazienti (primo livello) o su esami complessi e ultraspecialistici da eseguire in casi selezionati (secondo livello). Fanno parte degli esami del primo livello (oltre all’anamnesi ed all’esame obiettivo) un esame delle urine, il diario minzionale (in cui il paziente dovrà annotare, per alcuni giorni, l’ora di ogni minzione e la quantità di urina emessa o le perdite), il Pad test (test del pannolino), in cui il pannolino viene pesato prima e dopo una serie di esercizi per quantificare le perdite di urine, i questionari sintomatologici. Gli esami di secondo livello comprendono tecniche di imaging e valutazioni urodinamiche che possono chiarire il quadro disfunzionale del paziente.

Le terapie. L’incontinenza urinaria può essere oggi trattata con successo, spesso attraverso la combinazione di più approcci. La terapia riabilitativa, quella farmacologica e quella chirurgica possono essere utilizzate (in sequenza o anche simultaneamente) per trattare le diverse forme di incontinenza. Nel primo caso si tratta di esercizi che tendono al rinforzo e al migliore utilizzo dei muscoli del pavimento pelvico. È considerata la prima forma di terapia in tutti i tipi di incontinenza urinaria. Il secondo step è quello farmacologico: si possono usare farmaci che bloccano l’iperattività detrusoriale (antimuscarinici, beta3-agonisti), che rinforzano l’azione sfinterica (Duloxetina) o terapie ormonali, di solito topiche. La tossina botulinica può essere utilizzata, con somministrazione diretta nella parete vescicale, in casi di iperattività detrusoriale resistenti alle terapie di primo livello. Altri farmaci, come i glicosaminoglicani (acido ialuronico, condroitinfosfato) possono essere somministrati per infusione endovescicale per ridurre stati di irritazione della parete vescicale. Con la terapia chirurgica, infine, si cerca di ripristinare un supporto per la vescica e l’uretra. Si utilizzano sempre più tecniche mini-invasive. In alcuni casi (nella donna) c’è necessità di correggere anche un associato prolasso degli organi pelvici.

Gli ausili. I più comunemente usati sono i gli assorbenti per incontinenti. Sono disponibili in una gamma completa di misure e livelli di assorbenza e sono pensati anche per eliminare gli odori sgradevoli. Il catetere di solito viene inserito un catetere vescicale con sacca di raccolta da gamba soprattutto dopo un intervento chirurgico. Dovrebbe rappresentare una misura temporanea. Il Servizio Sanitario Nazionale, in Italia, fornisce gratuitamente cateteri e pannolini ma non i farmaci che possono curare le diverse condizioni disfunzionali.

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