La ricerca sul supervirus H5N1 – balzato agli onori della cronaca alla fine del 2011 – è pronta a ripartire. Dopo oltre un anno di discussioni sulla legittimità degli studi, sulla necessità o meno di pubblicare dati così sensibili, Yoshihiro Kawaoka della University of Winsconsin-Madison e Ron Fouchier dell’ Erasmus Medical Centre di Rotterdam – protagonisti delle ricerche sul virus dell’aviaria, che grazie a poche mutazioni genetiche diventava trasmissibile anche per via aerea tra i mammiferi (furetti) – dichiarano che gli studi sul patogeno possono riprendere (sebbene a qualche condizione). È quanto hanno fatto sapere oggi gli stessi ricercatori attraverso una lettera pubblicata da Science e Nature firmata da una quarantina di scienziati (tra cui anche Ilaria Capua, che avevamo intervistato proprio nel pieno delle polemiche sulla pubblicazione o meno dei risultati di Kawaoka e Fouchier).
La questione a suo tempo però non riguardava solo l’opportunità di pubblicare o meno i dati così sensibili (la paura era che avrebbero potuto essere usati anche in modo improprio, ovvero per fini terroristici). Il problema era infatti spiegare anche la legittimità (utilità?) stessa di ricerche come queste. Per questo, esattamente un anno fa, sempre Science e Nature annunciarono una pausa di sessanta giorni sulla ricerca su H5N1.
Si era parlato di una vera pausa di riflessione, chiesta ai gruppi a capo delle ricerche per dar modo alla comunità scientifica di interrogarsi sui potenziali benefici di studi delicati e pericolosi come questi. “Riconosciamo il bisogno di spiegare chiaramente i benefici di questa importante ricerca e le misure prese per minimizzare i rischi”, scrivevano a suo tempo gli scienziati annunciando la moratoria. Una pausa anche per dar modo a governi e istituzioni di ripensare alle politiche di gestione di studi come questi. Quei sessanta giorni poi si sarebbero prolungati, così da assicurare tutto il tempo necessario per ridefinire la questione.
Oggi, però, i ricercatori sono pronti a mettere fine alla moratoria, ritenendo che abbia ormai prodotto gli effetti sperati. Ovvero la ricerca può riprendere, almeno in quei paesi che abbiano dato la loro approvazione, in cui cioè siano soddisfatte le richieste di biosicurezza che studi come questi reclamano (laboratori di Biosafety level 3+ ma anche 4, in alcuni casi).
Ma come scrivono nella loro lettere anche Kawaoka e Fouchier, la ripresa degli studi su H5N1 significa anche che i benefici di questo tipo di ricerca sono stati compresi, come scrivono: “Dal momento che studi sulla trasmissione del virus H5N1 sono essenziali per una preparazione alla pandemia e per comprendere l’adattamento dei virus influenzali ai mammiferi, i ricercatori che hanno ricevuto approvazioni dai loro governi e dalle loro istituzioni per condurre questo tipo di ricerca senza rischi, sotto appropriate condizioni di biosicurezza, hanno una responsabilità pubblica di riprendere questo importante lavoro. Gli scienziati non devono riprendere le loro attività invece nei paesi dove, ancora, nessuna decisione è stata raggiunta circa le condizioni per la ricerca sulla trasmissione del virus H5N1”.
Una decisione, quindi, che parte dalla piena coscienza delle condizioni in cui opera la ricerca, non dimenticando però che questo tipo di studi, così come tutti quelli che riguardano gli agenti infettivi non sono privi di rischi. “Ma”, e così concludono gli esperti: “dal momento che esiste in natura il rischio che emerga un virus H5N1 capace di trasmettersi tra i mammiferi, i benefici di questo lavoro superano i rischi”.
Via: Wired.it
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