Influenza da pollo

Le persone colpite della cosiddetta “influenza dei polli” sono salite, nel momento in cui scriviamo, a sette. Il virus che i tecnici conoscono con il nome di H5N1 – che quest’anno per la prima volta è riuscito a superare la barriera di specie trasmettendosi direttamente dagli uccelli all’uomo, senza passare per i maiali, tradizionale “serbatoio” di adattamento alla crescita nell’organismo umano attraverso modificazioni genetiche – è al centro dell’attenzione di tutti i centri per l’influenza del mondo collegati ai Centers for Diseases Control di Atlanta e all’Organizzazione Mondiale della Sanità. A Hong Kong, dove il primo caso, un bimbo di tre anni, è stato registrato a maggio, sono stati prelevati campioni di sangue da bambini di un asilo per verificare l’eventuale capacità del virus di trasmettersi anche da uomo a uomo. Un’ipotesi, questa, che potrebbe diventare certezza se fosse confermata una voce che da qualche giorno turba le notti degli esperti: due dei bambini colpiti dal virus nella ex colonia britannica sarebbero cugini, e avrebbero giocato insieme. Un ottimo modo per trasmettersi l’infezione.

Se così fosse, c’è la possibilità che si verifichi una nuova pandemia influenzale. In effetti, rispetto ai ceppi AH3N1, AH1N1 e B, quelli che regolarmente infestano i nostri inverni, l’H5N1 ha una marcia in più. È infatti la prima volta che questo virus attacca l’organismo umano, che di conseguenza è privo di difese nei suoi confronti. E così, soprattutto nei soggetti più deboli – anziani, bambini o persone dal fisico già debilitato – i normali sintomi dell’influenza possono rivelarsi fatali.

Di conseguenza i centri di controllo si trovano a dover fronteggiare un’evenienza nuova e imprevedibile: il vaccino antiinfluenzale contro questo virus ancora non è pronto. Per questo, qualcuno ha addirittura paventato una “nuova spagnola”. In realtà, dopo quella del 1918-19, che causò la morte di almeno 20 milioni di persone, di pandemie se ne sono registrate diverse: nel ‘57 fu la volta dell’asiatica, che solo in Italia costrinse a letto ventisei milioni di persone, e nel ‘68 toccò a quella arrivata da Hong Kong. Nessuna di queste è stata grave come la spagnola ed è difficile che una strage simili si ripeta in futuro. Almeno nei paesi dell’occidente industrializzato.

Innanzitutto, perché l’esperienza passata insegna che l’influenza in arrivo dall’Asia in genere compare in Europa nell’inverno successivo. E ci sarebbe dunque tutto il tempo per lavorare ad un’arma preventiva, come già si sta facendo nei laboratori di mezzo mondo. In secondo luogo, perché il contesto in cui si presenta questo rischio-epidemia è notevolmente diverso da quello dell’Europa di ottant’anni fa, prostrata dalla prima guerra mondiale, e dalle strutture socio-sanitarie ancora molto deboli.

“È tutto sotto controllo”, tranquillizza infatti Isabella Donatelli, responsabile del Centro nazionale Oms per la sorveglianza dell’influenza dell’Istituto Superiore di Sanità. “L’aggiornamento sulla situazione è continuo anche grazie alla task force internazionale che si è creata per circoscrivere il contagio. Parliamo di allerta, ma non di allarme. Sono state prese tutte le misure necessarie, sia sui focolai animali che sull’uomo. Nel primo caso, laddove sono stati individuati allevamenti sospetti sono stati bloccati gli spostamenti, e si è proceduto all’abbattimento degli animali, si sono chiusi i mercati, come previsto da specifiche normative internazionali. Nel secondo caso, le autorità sanitarie hanno diramato le raccomandazioni del caso agli ospedali, ai servizi sanitari locali, alle scuole, e così via”. Insomma, anche se con qualche cautela, gli esperti invitano alla calma. L’infezione è circoscritta. Oggi sono disponibili tutti gli antibiotici necessari a combattere le complicazioni batteriche. E presto, nel giro di qualche mese, avremo un vaccino ad hoc.

I sintomi provocati dal virus H5N1 sono simili a quelli di una normale influenza, con febbre e problemi respiratori. Ma sappiamo ancora poco di come si sviluppa nell’uomo. Per ora, è certo che l’H5 non è affatto un virus nuovo per i polli. E l’unica novità è che ora l’infezione è passata alla specie umana. Non è però la prima volta che assistiamo a un salto di specie di questo genere. “Nelle diverse specie esistono infatti 14 sottotipi di influenza: 14 virus del tipo H, alcuni dei quali circolano solo negli animali, e di cui gli uccelli sono i principali serbatoi. Finora i sottotipi 1, 2 e 3 sono riusciti ad arrivare all’uomo. Ora, a saltare la barriera di specie è stato il numero 5”, dice Donatelli.

Intanto ad Hong Kong per combattere l’inatteso ospite si ricorre ad un noto antivirale, l’amantadina, finora poco utilizzato a causa dei suoi effetti collaterali, e soltanto nei casi di persone che non potevano ricevere il vaccino anti-influenzale, come, ad esempio, gli allergici alle proteine dell’uovo utilizzate per la produzione del vaccino. “Fortunatamente il farmaco funziona bene contro i virus di tipo A, sia a scopo terapeutico che profilattico, e dunque in questo caso si è dimostrato utilissimo, specialmente per tenere sotto controllo i familiari delle persone colpite dal virus”, aggiunge la virologa.

E tutto questo, in attesa del vaccino: è chiaro che sarà necessario mettere a disposizione un ceppo vaccinale, anche se, dicono gli esperti, metterlo in produzione su larga scala sin da ora potrebbe rivelarsi un inutile spreco di energie, nonché un’inutile spesa. E se poi il “virus dei polli” non fosse poi così “cattivo”?

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