Cosa significa innovazione in matematica?

matematica
(Credits: World Bank Photo Collection/Flickr CC)
matematica
(Credits:
World Bank Photo Collection/Flickr CC)

In matematica, l’idea del cambiamento fatica a trovare spazio; ma non sono in molti a lamentarsene, come fa invece il protagonista del romanzo di DeLillo La stella di Ratner. A questo primo non detto della matematica segue quello del percorso, spesso tortuoso e non rivelato, che porta un matematico alla dimostrazione di un risultato. Il francese Cédric Villani, medaglia Fields, in un libro di divulgazione innovativo quasi quanto i suoi risultati, presenta invece il suo lavoro associando all’elenco delle canzoni che ascoltava mentre lavorava al teorema che gli è valso il premio, la ricostruzione delle associazioni fra risultati e ambiti diversi della matematica che lo hanno reso possibile. Il suo modo di procedere fa pensare a quello che, all’inizio del secolo scorso, aveva spinto lo storico dell’arte Aby Warburg a immaginare una biblioteca ordinata secondo il criterio del ‘buon vicinato’ e a entrare negli archivi per capire le opere d’arte che studiava nei musei. Sulla scia di DeLillo, Villani e Warburg, si torna a parlare del cambiamento presentando le entità di cui tratta la matematica come modelli, più che verità scolpite nella pietra. E sono due matematici di periodi diversi e molto diversi fra loro per temperamento, Poincaré e Gowers, a spiegare con grande efficacia nei loro scritti il concetto di modello: per lo spazio e per i numeri, rispettivamente. Ma se il cambiamento investe le entità, lo spazio e i numeri per esempio, come entra in gioco con le procedure? Quando è che un risultato si può dire tale? Una dimostrazione vale l’altra? Che cosa accade nell’attesa che un risultato sia riconosciuto come tale dalla comunità scientifica? La strada è sempre quella degli archivi. E una nuova generazione di matematici con i loro blog pieni di tracce sembra averla imboccata.

Di questo viaggio nella matematica che cambia ecco la terza ed ultima puntata (qui la prima e qui la seconda)

7. Gli archivi della matematica

Nel suo intervento al Congresso internazionale di Roma del 1908, Enriques richiama i suoi colleghi invitandoli a considerare entrambi gli “aspetti fondamentali della nostra scienza dove taluno contempla ciò che è acquisito, la ‘teoria logica formata’, altri ciò che diviene la ‘storia’”17.

Le sue parole non sembrano essere state raccolte. Ma perché non esiste una storia di questo materiale ancora grezzo? È possibile provare a farne una, provare a parlare di ciò che avviene nell’attesa?

La logica della scoperta è molto più interessante della logica di ciò che è stato scoperto”, scrive Kline18 sulla scia di Rota. Ma per quale ragione allora la prima viene nascosta con cura, nella precisione del risultato pulito da ogni scoria del pensiero che lo ha creato?

Non tutti seguono questo suo pensiero. Gowers dà per scontata questa cancellazione. Anzi, la usa per distinguere il matematico dall’artista: sono diversi, sottolinea, malgrado il piacere estetico che può generare il lavoro di entrambi. “Una differenza è che, almeno dal punto di vista estetico, un matematico è più anonimo di un artista. Mentre possiamo ammirare enormemente un matematico che scopre una bella dimostrazione, la storia umana che si cela dietro questa dimostrazione finisce con il dissolversi ed è, infine, la sola matematica che ci dà piacere”.19 Pragmatico, prende atto di ciò che è stato indubbiamente fatto. Ma la dissoluzione della propria storia non è un imperativo. Sarà un caso ma l’autore di “Matematica” non esclude neanche che entro un centinaio di anni i computer potranno svolgere il suo lavoro, anche se in questo caso ammette di esprimere un parere non condiviso dalla maggior parte dei suoi colleghi20. Se avrà avuto ragione, la dissoluzione sarà allora completata.

8. Teoria della dimostrazione

La questione non si esaurisce con gli oggetti della matematica. Investe anche e soprattutto le procedure. La dimostrazione di un teorema è buona per tutte le stagioni? Quando si può dire che un teorema è dimostrato veramente? Sarà forse quando chi enuncia una serie di congetture che sembra funzionare è sufficientemente autorevole? Oppure, quando ogni singola proposizione del ragionamento scomposto ai suoi minimi termini è stato validato?

Il rigore della dimostrazione viene descritto come uno dei temi dominanti della matematica contemporanea: la dimostrazione della congettura di Poincaré da parte del russo Perelman ne è un esempio, così come quella del teorema di Fermat da parte di Andrew Wiles o della possibile dimostrazione della congettura Abc da parte di Shinichi Mochizuki.

È vero, le cose si sono fatte più complicate. Ma già all’inizio del Novecento, Peano rimproverava Segre per la sua insistenza nel voler distinguere il periodo della scoperta da quello di una sua successiva giustificazione rigorosa. “Chi enuncia delle conseguenze che non sono contenute nelle premesse, potrà fare della poesia, ma non della matematica”21, diceva il matematico torinese (che poi viene comunque criticato per le stesse ragioni che sollevava lui per attaccare altri).

Si tratta forse, allora, di un problema più intrinseco alla matematica. Come sembra voler dire Poincaré quando scrive che “non ci sono problemi risolti e non risolti. Ci sono soltanto problemi più o meno risolti” 22. Lui parlava della ricerca non solo formale di soluzioni di equazioni differenziali (ovvero della ricerca in tempi ragionevoli della soluzione, non solo della certezza che questa soluzione esiste), ma è difficile non rimanere affascinati dall’intrusione di questo aggettivo in questa storia.

Sono tutti d’accordo nel dire che i problemi della matematica sono stati risolti da tempo? Poincaré avrebbe posto la questione in altro modo, forse. Sempre nell’intervento che non era riuscito a fare al Congresso dei matematici di Roma del 1908 intitolato “L’avvenire della matematica”, se la prendeva con i “profeti di sventura, che ripetevano volentieri che tutti i problemi risolvibili erano stati risolti e che dopo di essi non c’era più nulla da spigolare”. Breve pausa. Sospiro di sollievo. “Fortunatamente, l’esempio del passato ci rassicura. Molte volte si è creduto di aver risolto tutti i problemi o almeno di avere fatto l’inventario di quelli che ammettono soluzione. Poi il senso del termine ‘soluzione’ si è allargato e i problemi insolubili sono diventati i più interessanti di tutti e si sono posti altri problemi ai quali non si era pensato”23.

Il matematico francese, che sarebbe morto entro pochi anni per il male che lo aveva tenuto recluso in albergo a Roma durante il Congresso, non si riferisce ai fondamenti (ma non si può non cogliere la dissonanza fra le due affermazioni) nella prolusione in cui ammette la debolezza della nostra mente, e la facilità con cui rischia di perdersi nella complessità del mondo se non fosse in grado di fare emergere un “ordine inatteso”, di “comprendere l’insieme contemporaneamente ai dettagli”. È lo stesso discorso in cui riconosce alle “felici innovazioni di linguaggio” il vero motore dell’innovazione matematica24.

Ma ci si chiede se fra la teoria che ci assicura la possibilità di scomporre una dimostrazione a minimi termini riconducibili agli assiomi, e la realtà di dimostrazioni di centinaia di pagine, non ci sia nulla che sfugge.

9. Blog e archivi

C’è da scrivere. E questo stanno facendo da diversi anni molti matematici. Non solo con libri che usano un linguaggio diverso da quello dei teoremi, dai lemmi e dalle loro dimostrazioni, anche se Villani ha da poco spostato la frontiera inserendo nel suo Teorema Vivente passaggi fondamentali, intoccati da nessuna concessione alla semplificazione. Ma anche con blog, per rendere la comunicazione ancora più diretta. Gowers, Terence Tao, anche lui Medaglia Fields e giovane coprotagonista di Villani di una matematica priva di frontiere interne. Forse è proprio il desiderio di molti di comunicare anche il pensiero mentre si compone la strada che porta agli archivi.

17 Enriques, Matematica e filosofia, citato in Guerraggio e Nastasi, “Roma 1908: il congresso internazionale dei matematici”.

18 Kline, A Cultural Approach to Mathematics. E’ più bello l’inglese “the logic of discovery is far more exiting than the logic of the discovered.

19 Gowers, cit. p. 137

20 In realtà sono in molti a esprimere fiducia in un tale sviluppo. Villani cita il matematico russo Vladimir Voevodsky, secondo cui “in un avvenire non molto lontano i programmi informatici potranno verificare degli argomenti lunghi e complessi, e dice che questo è già in corso di sperimentazione in Francia su alcuni risultati celebri. Sono stato scettico all’inizio, ma colui che ho di fronte non è un matto, è uno scienziato di altissimo livello. Devo prendere la cosa sul serio”, Villani, cit. p.189

21 Guerraggio e Nastasi, Roma 1908, il congresso internazionale dei Matematici, Bollati Boringhieri 2008, p. 42

22 Poincaré, L’avvenire della matematica, testo inserito nel libro di Guerraggio citato, p.187

23 Poincaré, cit. pag. 178

24 “Una parola ben scelta basta spesso a far sparire le eccezioni che comportavano le regole enunciate nel vecchio linguaggio: è per questo che si sono immaginate le quantità negative, le quantità immaginarie, i punti all’infinito ecc. E le eccezioni, non bisogna dimenticarlo, sono perniciose perché nascondono le leggi”, scrive ancora Poincaré, cit. pag. 184.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here