Insetti interattivi

Gli insetti sociali, principalmente api, vespe,formiche (ordine Imenotteri) e termiti (ordine Isotteri) presentano strutture coloniali molto variabili: si va, infatti, da piccole colonie con pochi individui a società che ne hanno migliaia e perfino milioni. In alcune specie le colonie sopravvivono per un breve periodo, sono cioè stagionali, in altre possono durare molti anni; possono essere iniziate da un solo individuo o da un gruppo di individui che cooperano a questo scopo ed essere composte da membri di entrambi i sessi (come quelle delle termiti) o prevalentemente da femmine (come quelle degli Imenotteri). Nonostante la grande variabilità, queste società sono tutte caratterizzate da un’efficiente attività coordinata degli individui che le compongono. Mentre le regine si occupano della riproduzione, le operaie collaborano in modo altamente organizzato nella costruzione del nido, nella ricerca delle fonti di cibo, nella difesa della colonia, e si suddividono in modo efficiente i diversi compiti che devono essere svolti all’interno della colonia stessa.

Le società degli insetti sono quindi entità mirabilmente organizzate, tant’è che Edward O. Wilson [1] le pone tra i più alti vertici delle organizzazioni sociali nel regno animale, e mostrano abilità collettive veramente stupefacenti, sebbene gli individui che le compongono non possiedano “le strutture” e “l’intelligenza” necessarie per lo svolgimento di questi compiti. Sicuramente, molti di noi si saranno soffermati, almeno una volta, a osservare una lunga fila di formiche dirette verso una fonte di cibo; qualcuno avrà avuto anche occasione di vedere un gruppo di formiche che collaborano nel trasportare una grossa preda o uno sciame di api che vola in modo coordinato per andare a formare una nuova colonia. Ebbene, chi si è trovato di fronte a questi affascinanti esempi di comportamenti collettivi non ha potuto non domandarsi quali siano i meccanismi alla base di tali fenomeni. E’, infatti, naturale chiedersi: c’è qualcuno che dirige tali comportamenti organizzati?

Chi elabora i piani per lo svolgimento delle attività messe in atto dalle colonie di insetti sociali? In altre parole, esiste un leader che governa e dirige la colonia? Quindi, una delle più interessanti domande sull’organizzazione degli insetti sociali riguarda il meccanismo con cui le semplici azioni dei singoli individui riescono a produrre un utile collettivo. Nel passato, gli etologi cercavano di spiegare questi comportamenti complessi, che si presentano a livello di colonia, come comportamenti generati da individui particolari, in pratica individui capaci di integrare un certo numero di informazioni sul problema che si trovano a dover risolvere e di modulare, di conseguenza, il proprio comportamento. Una soluzione alternativa del problema vede queste attività altamente complesse e queste decisioni collettive come il risultato delle interazioni di individui che esibiscono comportamenti semplici in risposta a stimoli provenienti da altri individui o dall’ambiente. Questo secondo approccio si basa sull’applicazione del concetto di auto-organizzazione [2].

L’auto-organizzazione è un processo in cui una soluzione o una struttura nascono spontaneamente attraverso l’interazione dinamica degli individui che compongono il sistema, senza necessità né di un controllo centrale, né di un progetto predeterminato. Jean-Louis Deneubourg e Simon Goss [3] furono i primi a dimostrare che il principio dell’auto-organizzazione, inizialmente formulato per descrivere processi fisici e chimici, poteva essere applicato con successo anche agli insetti sociali. Ma l’idea non era comunque nuova perché già Georges-Louis Leclerc de Buffon nel XVIII secolo aveva descritto gli insetti sociali come automi e l’organizzazione sociale come il risultato delle loro disorganizzate attività singole, e William Morton Wheeler, nel 1927, aveva notato come le società degli insetti fossero formate da individui che di per sé non presentano comportamenti particolarmente più complessi di quelli degli insetti solitari.

Anche Wilson concludeva, nel suo trattato sulle società degli Insetti, che “A tutt’oggi, non ci sono prove sperimentali che ci permettono di concludere che il comportamento individuale mostrato dagli insetti sociali sia più elaborato di quello degli insetti che conducono una vita solitaria” [1].Alcuni esempi aiuteranno a comprendere come vari aspetti della vita sociale degli insetti possono essere spiegati in termini di auto-organizzazione.

L’architettura dei nidi

Come sottolineano Guy Theraulaz e collaboratori, tra la grande varietà di attività collettive mostrate dagli insetti sociali, la costruzione del nido è certamente la più spettacolare in quanto è grande la differenza che esiste tra il risultato del comportamento di un singolo insetto e le forme delle strutture prodotte dalla colonia [4]. I nidi degli insetti sociali sono sorprendenti per dimensione, regolarità e simmetria strutturale; basti pensare alla mole di un termitaio, che può raggiungere anche otto metri di altezza, o alla regolarità e alla simmetria di un favo di api o di vespe. Da sempre l’uomo si è interessato al meccanismo che permette ad api, formiche, vespe e termiti di erigere queste elaborate strutture architettoniche. Come può il lavoro indipendente dei singoli insetti che compongono la colonia portare alla formazione di tali strutture? Come fanno questi insetti a coordinare la loro attività costruttiva? Chi elabora il progetto del nido?

Nel passato, questa complessità architettonica veniva spiegata con la presenza di individui “intelligenti” che avevano conoscenza della struttura globale che stavano realizzando, ma, a tutt’oggi, non esistono dati sperimentali che confermino l’ipotesi che esista una qualche forma di mappa che venga usata dal singolo insetto durante la costruzione. E’ stato perciò suggerito che i singoli insetti non usino un progetto generale ma, che abbiano accesso solo a informazioni localizzate prive di riferimento alla struttura globale che essi stanno costruendo [4]. In altre parole, gli individui risponderebbero semplicemente a stimoli emessi dall’ambiente esterno o dai loro compagni di colonia. Un’altra complicazione risiede nel fatto che, spesso, il completamento di queste strutture architettoniche complesse richiede tempi lunghi, per cui più generazioni si susseguono nella loro realizzazione.

Negli ultimi dieci anni, si sono iniziati a comprendere, alcuni dei meccanismi che sono alla base della coordinazione delle attività costruzione. La costruzione del nido nelle termiti del genere Macrotermes fu studiata in modo approfondito da Grassé [5]. In queste termiti, la fase iniziale di costruzione del nido inizia con l’esplorazione dell’ambiente circostante da parte delle operaie che, successivamente, trasportano e depongono il materiale da costruzione (granuli, pallottole di terreno ed escrementi) in modo apparentemente casuale; in altre parole, le termiti sembrano agire in modo scoordinato, indipendentemente l’una dall’altra. Ma ad un certo momento, quando uno dei depositi raggiunge una data dimensione, se il numero di operaie costruttrici è sufficientemente alto, inizia la cosiddetta “fase di coordinazione” con l’innalzamento delle prime colonne di terra. Una struttura formata da pallottole di materiale appiccicate si dimostra più attraente per le termiti di quanto non siano pallottole isolate; infatti, le operaie continuano ad aggiungere granuli alla sommità di tali strutture in modo che le colonne si innalzano.

Questo meccanismo, osservabile nella fase iniziale della costruzione del nido nelle termiti, porta alla formazione di colonne regolarmente spaziate. Fu proprio Grassè che, alla fine degli anni Cinquanta, introdusse il concetto di “stigmergia” per spiegare la coordinazione e la regolazione dell’attività di costruzione che appare in questi insetti [5]. Il termine stigmergia è stato coniato dal greco e significa “incitare al lavoro”. Secondo Grassè, la regolazione e la coordinazione dell’attività di costruzione non dipende dalle interazioni tra le operaie ma piuttosto dal risultato raggiunto in precedenza. E’ la struttura che viene via via costruita che stimola automaticamente nuove azioni da parte di una qualsiasi operaia della colonia. Quindi, anche se la forza operaia viene costantemente rinnovata, la struttura del nido sarà portata avanti dato che è il lavoro già completato a determinare le azioni costruttive che seguiranno.

Un problema della stigmergia è quello di spiegare come la stimolazione sia organizzata nello spazio e nel tempo. Alla fine degli anni Settanta, Deneubourg ipotizzò che sostanze chimiche (feromoni della costruzione) siano mescolate al materiale da costruzione quando questo viene manipolato dalle operaie con le parti boccali [6]. Questo feromone si diffonderebbe nell’ambiente creando gradienti di intensità decrescente via via che si allontana dal punto in cui è stato deposto. L’attività costruttiva di una singola termite sarebbe proporzionale al gradiente del feromone e, inoltre, più alto è il gradiente più termiti sono attratte a costruire in quel punto particolare. Di fatto, l’azione del feromone produrrebbe, contemporaneamente, un accrescimento di alcune colonne in via di formazione e una inibizione nella formazione di altre colonne nelle immediate vicinanze; il risultato di questo processo porterebbe a una distribuzione regolare di colonne nello spazio senza che le operaie posseggano informazioni sulla effettiva distanza tra le colonne stesse.

Quindi, la stimergia appare come un caso particolare del processo di auto-organizzazione [4].Ma il nido delle termiti non è costituito solo da colonne dato che, nel tempo, compaiono anche gallerie. Grazie a un modello di simulazione al computer, è stato dimostrato che un semplice cambiamento nella propagazione del feromone con una corrente d’aria può portare alla formazione di gallerie utilizzando lo stesso modulo comportamentale esibito in risposta alla presenza di feromone. Si può immaginare che un flusso d’aria trasporti via il feromone da un certo tratto del nido inibendo le termiti a deporre materiale in quel tratto (parte centrale della galleria) e nello stesso tempo crei un accumulo di feromone dietro le colonne (nella zona sotto flusso), ai lati della galleria, inducendo qui l’attività costruttiva delle operaie (muri laterali della galleria).

In altre parole, il comportamento di singoli individui può portare a differenti tipi di struttura in differenti condizioni ambientali.Anche la percezione di variazioni chimiche e fisiche presenti nell’ambiente può guidare l’attività costruttiva di certi insetti sociali. Per esempio, gradienti di umidità e di temperatura sono usati da certe specie di formiche per scegliere i luoghi dove costruire i loro crateri di terra. Ma, talvolta, la costruzione è guidata da gradienti creati da alcuni individui della colonia stessa come, per esempio, avviene nelle termiti del genere Macrotermes nel momento in cui le operaie costruiscono la camera reale per la regina fisogastrica. Quest’ultima emette un feromone che si diffonde nell’ambiente creando un gradiente intorno al suo stesso corpo. E’ stato dimostrato che esiste un livello di concentrazione entro il quale ha luogo l’attività costruttiva delle operaie.

Queste depositano il materiale da costruzione solo quando percepiscono una ben definita soglia di concentrazione del feromone. Il muro della camera reale viene infatti eretto a una distanza determinata dal corpo della regina. Con questo semplice meccanismo, le operaie riescono a costruire una camera reale della dimensione adeguata al corpo della regina che viene modificata quando le condizioni cambiano; se la regina aumenta di dimensioni, la soglia di concentrazione del feromone che induce l’attività costruttiva si situa più lontano dal suo corpo fornendo le condizioni per la costruzione di una camera reale più idonea. Anche nelle vespe l’architettura dei nidi può essere molto complessa. Il materiale utilizzato per la costruzione del nido è, nella maggioranza delle specie, costituito da fibre vegetali che sono masticate e impastate con la saliva.

Con questo impasto cartaceo le vespe costruiscono le differenti parti del nido, il peduncolo, i favi di celle e, dove presente, l’involucro esterno. Le cellette presentano uno schema a base esagonale che, oltre a permettere uno sfruttamento ottimale dello spazio, consente di far procedere l’ampliamento del favo (cioè l’aggiunta di nuove cellette) indipendentemente da parte di più individui ma in modo coordinato e contemporaneamente in diversi punti dello stesso nido. L’attività costruttiva di ciascuna vespa, infatti, è la semplice la risposta a informazioni che provengono dalla struttura delle cellette che devono essere completate; il programma costruttivo dipenderà dall’informazioni che la vespa percepirà dal favo stesso. Per comprendere meglio il meccanismo di costruzione del nido nelle vespe, alcuni ricercatori [7] hanno creato dei semplici modelli al computer in cui automi si muovono a caso e indipendentemente su una rete tridimensionale deponendo mattoni di forma esagonale secondo uno stesso set di regole. Anche se questo tipo di approccio semplifica il processo usato dalle vespe per costruire i propri nidi, esso rappresenta, come suggeriscono Theraulaz e collaboratori [4], un potente strumento per studiare le limitazioni comportamentali che questi insetti hanno nella coordinazione delle loro attività costruttive. La cosa sorprendente è che molte delle strutture che si vengono a creare con questi modelli di simulazione sono straordinariamente simili alla struttura architettonica dei nidi naturali.

Sfruttamento delle fonti di cibo

Tra le prime ricerche sull’intelligenza collettiva possiamo ricordare gli studi sul comportamento delle formiche durante la ricerca del cibo [3]. Questi studi hanno permesso di capire “chi” dirige le lunghe file di formiche che si possono osservare in natura; questo comportamento collettivo è infatti il semplice risultato dell’attrazione che un feromone, rilasciato da ogni singola formica lungo il percorso, ha sulle compagne. Quindi, un semplice meccanismo di feedback positivo che funziona nel modo seguente: più una pista viene percorsa, più verrà tracciata con il feromone, più formiche verranno attratte sulla stessa strada e queste, a loro volta, rilasceranno il feromone lungo il medesimo percorso. In natura è facile osservare come le formiche siano anche “capaci” di scegliere la strada più corta per raggiungere una data fonte di cibo.

Semplici esperimenti condotti sulla formica argentina Linepithema umile [3] hanno dimostrato come questa scelta può essere spiegata con l’auto-organizzazione. Ponendo, infatti, tra la fonte di cibo e la colonia un ponte con due braccia di differente lunghezza si osserva che, nel giro di pochi minuti, le formiche selezionano il braccio più breve. Gli individui che ritornano prima al nido sono quelli che hanno casualmente scelto il percorso più breve (dal nido alla fonte e ritorno) influenzando così la scelta successiva verso il braccio più corto, dato che questo sarà il primo a essere marcato per due volte con il feromone. Possiamo facilmente ingannare le formiche se il braccio più corto del ponte è aggiunto successivamente al braccio più lungo; in questo caso le formiche non scelgono il ramo più corto dato che questo non è stato marcato per primo è quindi è meno attrattivo del braccio più lungo.

Sciamatura e fondazione di un nuovo nido

Altro caso molto studiato di decisione collettiva è quello degli sciami delle api. E’ noto che una colonia di api sciama quando il numero di individui che la costituiscono è troppo elevato rispetto alla cavità che ha a disposizione. Il processo di sciamatura porta la vecchia regina con circa la metà degli abitanti della colonia iniziale ad allontanarsi dal vecchio nido per trovare un luogo dove fondare una nuova colonia. In genere, i giorni successivi all’allontanamento dalla colonia di origine lo sciame staziona su un ramo di un albero e da qui fa base per perlustrere i dintorni in cerca di un posto idoneo dove costruire il nuovo nido. In realtà, non è l’intero sciame che effettua la ricerca ma sono solo alcune operaie che, in qualità di esploratrici, vagano nella campagna circostante in cerca di una cavità appropriata per la nuova colonia.

Una esploratrice che ritorna allo sciame dopo aver ispezionato una cavità potenzialmente idonea come luogo di nidificazione comunica alle altre api, tramite una danza scodinzolante (simile a quella usata per l’indicazione delle fonti di cibo), la direzione e la distanza del luogo individuato. Ma circa il cinque per cento degli individui che compongono lo sciame svolge il ruolo di esploratrice e quindi molti di loro danzeranno contemporaneamente sullo sciame per indicare diversi luoghi potenzialmente buoni per la nidificazione. Nel giro di qualche giorno, comunque, tutte le esploratrici raggiungeranno un accordo e saranno effettuate solo danze che danno indicazioni per il medesimo luogo. Quando ciò accade, lo sciame parte compatto per raggiungere il luogo indicato.

L’aspetto interessante del comportamento di sciamatura, già affrontato da Lindauer [8] in alcuni classici studi, riguarda appunto il meccanismo con cui lo sciame raggiunge una decisione collettiva e unanime. Secondo Lindauer, il meccanismo con cui è raggiunto questo accordo si basa su un processo di feedback positivo per i posti buoni; le esploratrici sono infatti in grado di valutare le diverse caratteristiche di una cavità e dedicheranno tanto più tempo e tanta più energia a danzare quanto migliore è la qualità del sito individuato. In questo modo, un maggior numero di nuove esploratrici sarà reclutato nello sciame per visitare quel determinato sito e, successivamente, esse recluteranno a loro volta altre esploratrici.

Quindi, questo meccanismo di feedback porta a un aumento esponenziale del numero di esploratrici che saranno reclutate per un potenziale posto di nidificazione di buona qualità.Il secondo problema è come lo sciame arrivi a una decisione unanime; di fatto prima che si alzi in volo per raggiungere il luogo prescelto, tutte le danze delle esploratrici indicano, in modo unanime, una medesima distanza e direzione. E’ di nuovo Lindauer che ci offre due ipotesi al riguardo: l’ipotesi del confronto prevede che quelle api che inizialmente hanno scelto un sito meno buono siano “convinte” dalle compagne che danzano più vivacemente ad andare ad ispezionare un’altra postazione. Secondo Lindauer le api potranno fare un confronto tra il sito da loro indicato e il nuovo sito e quindi reclutare altre compagne per il migliore dei due.

In altre parole, le api sono in grado di fare un paragone tra due luoghi e cambiare idea. In base alla seconda ipotesi, invece, le esploratrici smetterebbero di danzare per luoghi “non eccessivamente validi”; in altre parole le esploratrici non rimarrebbero “affezionate” alla loro decisione iniziale ma diminuirebbero le loro danze fino ad annullarle. Recenti osservazioni [9] indicano che difficilmente le esploratrici passano da una danza indicante un sito ad una indicante un altro sito. Questi dati indicherebbero quindi che il confronto non sarebbe così importante nel raggiungimento dell’unanimità e avvalorerebbero la seconda ipotesi di Lindauer. Sebbene i meccanismi collettivi della sciamatura appena esposti presentino caratteristiche comuni ad altri processi di auto-organizzazione, ulteriori studi sono necessari per chiarire alcuni aspetti ancora oscuri di questo fenomeno. Per esempio, non è chiaro come tutti i componenti dello sciame siano capaci di volare verso il luogo selezionato dato che è costituito principalmente di api che non hanno mai né visitato tale luogo né, probabilmente, seguito le danze delle esploratrici che ne fornivano le coordinate.

Divisione del lavoro

Un altro aspetto dell’organizzazione delle società degli insetti riguarda la divisione dei compiti tra i membri della colonia. All’interno di una colonia di api, per esempio, le decine di migliaia di operaie sterili svolgono mansioni differenti: alcune si occupano di alimentare le larve nelle cellette (le “nutrici”), altre puliscono le celle, altre immagazzinano il cibo, altre difendono la colonia e altre ancora, le bottinatrici, vanno all’esterno a ricercare nettare e polline. Studi ormai classici hanno mostrato che la divisione del lavoro nelle colonie di api, come in altre specie di insetti sociali, è correlata all’età. Marcando operaie di età nota è stato dimostrato che, in condizioni normali, le operaie nelle prime due-tre settimane di vita rimangono nell’alveare e svolgono mansioni quali la cura della prole, la costruzione del nido, la pulizia delle cellette ecc.; solo successivamente questi stessi individui escono dalla colonia e, per il resto della loro vita (una-tre settimane) si occupano della ricerca di fonti di cibo e della difesa della colonia.

E’ stato visto che questi cambiamenti nel comportamento sono correlati a variazioni ormonali che avvengono in ciascuna ape nel corso della vita: le operaie giovani presentano bassi livelli di ormone giovanile (un ormone secreto dalle ghiandole chiamate corpora allata) nell’emolinfa mentre quelle più anziane, che svolgono il ruolo di bottinatrici, hanno livelli di ormone giovanile nettamente più alti. Quest’ormone innesca dei cambiamenti in certe parti del cervello dell’ape che inducono un mutamento nel comportamento degli insetti, forse predisponendoli ad apprendere i riferimenti spaziali utili durante i voli di ricerca . Trattando api con ormone giovanile o analoghi dell’ormone si induce un comportamento di foraggiamento precoce, mentre asportando i corpora allata si ritarda tale comportamento. Quindi il tasso di biosintesi di ormone giovanile aumenta con l’età ed è correlato con il comportamento. Ma studi condotti su questi insetti hanno mostrato che questi cambiamenti ormonali, e quindi del comportamento, non sono sempre rigidamente correlati con l’età.

Ponendo in isolamento api appena sfarfallate, annullando quindi qualsiasi tipo di interazione sociale, si ottiene un prematuro innalzamento di ormone giovanile nell’emolinfa e un conseguente comportamento di foraggiamento. D’altra parte, api appena sfarfallate e allevate in piccoli gruppi in condizioni di laboratorio mostrano un tasso di biosintesi tipico di quell’età, indicando che lo sviluppo accelerato negli individui isolati è dovuto alla mancanza dell’ambiente sociale (interazioni) piuttosto che all’assenza del nido [10].

Un esperimento condotto da Zachary Huang e Gene E. Robinson nel 1992 ha mostrato che è il numero di foraggiatrici anziane presenti nella colonia che regola il momento del passaggio delle giovani nutrici alla categoria di foraggiatici. E’ possibile, quindi, che sia la quantità delle interazioni tra giovani nutrici e foraggiatrici a influenzare l’organizzazione della divisione in compiti della colonia nel suo complesso. Sulla base dei risultati raggiunti, gli stessi autori hanno ipotizzato che le foraggiatrici abbiano un alto livello di un ipotetico inibitore che trasferirebbero alle altre api attraverso le interazioni (trofallassi) e che ritarderebbe lo sviluppo nelle giovani operaie. Lo sviluppo precoce di alcune operaie in una colonia con poche foraggiatrici sarebbe quindi una conseguenza del fatto che le giovani operaie interagiscono poco con le più anziane ricevendo quindi poco inibitore.

D’altra parte, il ritardo nello sviluppo in una colonia in cui sono predominanti vecchie foraggiatrici sarebbe il risultato del fatto che le operaie ricevono un livello di inibitore inusualmente alto che copre l’effetto dell’attivatore (l’ormone giovanile). Le interazioni sociali, che avvengono continuamente tra le operaie, permettono quindi alla colonia nel suo complesso di realizzare una suddivisione del lavoro tra gli individui che la compongono sempre appropriata alla differenti esigenze. Il modello dell’attivazione-inibizione riflette quindi un processo di auto-organizzazione. Tutti questi esempi ci mostrano che la cooperazione a livello di colonia sembra essere auto-organizzata sulla base della semplice interazione dei singoli individui che la compongono. In altre parole, comportamenti complessi e coordinati come quelli esibiti dai gruppi di insetti sociali non sono programmati esplicitamente a livello individuale ma sono piuttosto il risultato di molteplici semplici interazioni tra i singoli individui e tra gli individui e il loro ambiente.P. Kirk Visscher e Scott Camazine [9] sottolineano come questo tipo di studi ci permetta di “apprezzare i modi altamente efficienti con cui questi piccoli esseri con piccoli cervelli hanno evoluto meccanismi straordinari per risolvere problemi giornalieri in modi veramente non comuni e non umani”. Questa capacità degli insetti di risolvere problemi complessi senza ricorrere a un controllo centralizzato ha anche dato lo spunto a ricercatori ed esperti informatici per trovare la soluzione di problemi legati all’organizzazione di alcune attività umane, quali l’ottimizzazione del traffico all’interno di una rete, o delle fasi di produzione di un’azienda talvolta difficilmente risolvibili utilizzando i metodi classici [11].

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamo il Prof. Floriano Papi per la revisione del manoscritto e per gli utili suggerimenti.

BIBLIOGRAFIA

[1] WILSON, E.O., The insect societies, Harvard Univ. Press., Cambridge, MA. 1971.
[2] BONABEAU E., THERAULAZ G., DENEUBORG J.-L., ARON S., CAMAZINE S., “Self-organization in social insects”, TREE, 12: 188-193, 1997.
[3] DENEUBOURG J.-L., GOSS, S., “Collettive patterns and decision making”, Ethol., Ecol. & Evol., 1: 295-311,1989.
[4] THERAULAZ G., BONABEAU E., DENEUBORG J.-L.,. “The mechanisms and rules of coordinated buildings in social insects” in C. DETRAIN, J.L. DENEUBORG, J .M. PASTEELS (eds.), Information Processing in Social Insects, Birkhäuser Verlag , 1999, pp. 309-330.
[5] GRASSÈ, P.-P.,. “La reconstruction du nid et les coordinations inter-individuelles chez Bellicositermes natalensis et Cubitermes sp. La théorie de la stigmergi: essais d’interprétation du comportament des termites constructers”, Ins. Soc., 6: 41-84, 1959.
[6] DENEUBOURG J.-L.,. “Application de l’ordre par fluctuationa à la description de certaines étapes de la construction du nid chez les termites”, Ins. Soc., 24: 117-130, 1977.
[7] THERAULAZ G., BONABEAU E., “Coordination in distributed building”, Science, 269: 686-688, 1995.
[8] LINDAUER M., “Communication in swarm-bees searching for a new home”, Nature, 179: 63-66, 1957.
[9] VISSCHER P.K., CAMAZINE S., “The mystery of swarming honeybees: from individual behaviours to collective decisions”, in C. DETRAIN, J.L. DENEUBORG, J .M. PASTEELS (eds.), Information Processing in Social Insects, Birkhäuser Verlag,1999, pp. 355-378.
[10] HUANG Z.-Y., ROBINSON G.E.,. “Social control of division of labour in honey bee colonies”, in C. DETRAIN, J.L. DENEUBORG, J .M. PASTEELS (eds.), Information Processing in Social Insects, Birkhäuser Verlag, 1999, pp. 165-186.
[11] BONABEAU E., THERAULAZ G., “Sciami intelligenti”, Le Scienze, 381: 75-81, 2000.Dossier, novembre 2002 © Galileo

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