Internauti d’Italia

Generalmente maschio, dai 25 ai 34 anni, abita nell’Italia centrosettentrionale, è laureato, usa Internet almeno una volta al giorno, si connette preferibilmente dal posto di lavoro, ma non disdegna lunghe navigate notturne da casa. E soprattutto, chiede alla rete una maggiore velocità. Nel frattempo aspetta che anche in Italia il commercio on-line spicchi finalmente il volo, a livello di offerta e di sicurezza, per poterlo utilizzare con più convinzione: per comodità, e perché è convinto di ottenere prezzi più bassi. E’ questa una delle istantanee sul popolo di “navigatori” italiani, come emerge dai risultati di un’indagine dell’Osservatorio Internet, coordinato da Andreina Mandelli, della Scuola di direzione aziendale della Bocconi di Milano.

Un’indagine che mette subito in chiaro una cosa: Internet sta crescendo anche nel nostro paese, ma siamo ancora lontani dall’entrare nel lotto dei G7 della telematica, visto che nel mondo siamo al 27° posto come livello di penetrazione della rete nel paese. Il boom, quindi, può attendere. Questione di qualche anno, secondo i più ottimisti. Intanto consoliamoci con le proiezioni: se attualmente sono circa 2.600.000 italiani al di sopra dei 15 anni che nell’ultimo mese hanno avuto a che fare con Internet – e di questi ben 771.000 si collegano quotidianamente alla rete – le stime sull’accesso potenziale si attestano ben oltre i 7 milioni.

Certo, la strada da fare è ancora tantissima, prima che la rete diventi uno strumento di uso comune. Fra i media tradizionali usati “tutti i giorni o quasi”, a farla da padrone è ancora la televisione con l’87,1 per cento, seguita dalla radio e dai quotidiani (49,8 e 4,8 per cento). Internet racimola per ora solo 1,6 italiani su cento, contro i 6,7 che normalmente usano il computer a casa. Interessante, in questa chiave, è quanto riporta il 32° rapporto del Censis sulla situazione sociale del paese, nel capitolo dedicato alla comunicazione e alla cultura. Secondo questi dati, in Italia si starebbero delineando, con sempre maggior nitidezza, due anime: una multimediale, composta da italiani che leggono, visitano musei o mostre, che sanno usare un computer e utilizzano attivamente le nuove tecnologie. E l’altra teledipendente, che cioè concentra tutte le sue fonti informative, di svago e di cultura, nella televisione.

E dunque Internet appartiene alla prima Italia, quella multimediale. Ma col nostro 1,6 per cento siamo lontanissimi dai grandi numeri: negli Stati Uniti circa il 20 per cento della popolazione è collegata alla rete, contro il 10 per cento della media europea (dove gli utenti sono 30 milioni) e il 3 per cento dell’Italia. Sulle ragioni di questa situazione il dibattito non conosce pause. Si va dal ritardo tecnologico e culturale dell’Italia, al problema dei costi. Sì, perché navigare in Italia oggi non è a buon mercato, tant’è vero che in questo 1,6 per cento nazionale di internauti il numero maggiore di collegamenti avviene dai posti di lavoro.

Insomma la rete costa ancora troppo e questo accade anche perché, a detta di molti, il suo sviluppo è legato a doppio filo alla diffusione del commercio elettronico. Che, da parte sua, cresce molto lentamente. Un peccato, se si pensa che col commercio elettronico l’utente è sicuro di risparmiare, e di poter di scegliere meglio. Anche se finora in Italia la fascia di spesa massima per gli acquisti on-line non supera le 100 mila lire, la voglia di comprare a colpi di clic – sondaggi alla mano – è forte: “è più comodo”, dice il 36 per cento, “trovo quello che non trovo altrove”, afferma il 35 per cento, “trovo un servizio migliore”, assicura il 13 per cento, e “i prezzi sono più bassi” dice ancora il 13 per cento. Ma finora non l’hanno fatto perché “è difficile trovare i siti che vendono on-line” o perché “non è sicuro” e perché si teme di “esser lasciati soli nell’assistenza”.

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