Istantanea di un labirinto

Una rete intricatissima, un’architettura raffinata. È quella delle connessioni cerebrali messa in evidenza grazie a sofisticate tecniche di indagine basate sulla Risonanza Magnetica Nucleare (Rmn). Immagini riprodotte per la prima volta da alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università “La Sapienza” di Roma e dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Neuromed” di Isernia. Il risultato della ricerca sperimentale sarà messo a breve a disposizione dei neurochirurghi che, in questa maniera, avranno la possibilità, durante un’operazione al cervello, di visionare su uno schermo la mappa dei collegamenti. Una preziosa informazione, finora non disponibile. La nuova tecnica è stata illustrata dal responsabile scientifico del progetto, Bruno Maraviglia, durante i lavori del corso inaugurale della Scuola Internazionale di Risonanza Magnetica e Funzioni Cerebrali del Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice. La struttura delle connettività delle aree cerebrali si ricava attraverso lo studio del cosiddetto “tensore di diffusione” (Dti). “Il Dti”, spiega Maraviglia, “consiste nell’analisi delle caratteristiche di anisotropia (che variano cioè a seconda delle diverse direzioni) della diffusione delle molecole di acqua, derivante dalla struttura istologica del tessuto cerebrale. In particolare, le fibre nervose sono formate da insiemi di assoni mielinizzati e orientati parallelamente: la diffusione delle molecole d’acqua è facilitata se queste si muovono lungo l’asse maggiore delle fibre”. La determinazione del tensore di diffusione quindi si rivela particolarmente utile perché consente di valutare in vivo lo sviluppo, la sede e l’orientamento di molti fasci di fibre bianche. “Inoltre, nelle patologie cerebrali”, aggiunge il fisico romano, “il Dti può fornire un nuovo ausilio per diagnosticare e valutare la progressione di varie malattie, come quelle demielinizzanti focali o diffuse”.I progressi compiuti in questo settore della ricerca sperimentale sono molto significativi e i campi di applicazione non si limitano soltanto a questa nuova tecnica. La Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI) – raffinatissima tecnica per lo studio in vivo della biochimica cerebrale – “consente di ottenere in maniera semplice e non invasiva”, spiega Maraviglia, “vere mappe di attivazione del cervello durante lo svolgimento di un compito sensoriale o cognitivo, raggiungendo un buon compromesso tra risoluzione spaziale e temporale. Le potenzialità di tale strategia sono enormi, molte delle quali ancora inesplorate. Si pensi, per esempio, all’importanza di investigare come si comporta il cervello durante la somministrazione di farmaci, o in corrispondenza di alcune malattie che alterano la funzionalità cerebrale, come l’epilessia, il morbo di Alzheimer o la schizofrenia”.Il sensibile sviluppo della ricerca di base in fisica come in biologia molecolare, negli ultimi anni, sta consentendo agli scienziati di approfondire le conoscenze sulle funzionalità cerebrali mediante un approccio multidisciplinare. E già cominciano a delinearsi gli ipotetici scenari futuri. L’attività neurale, come è noto, provoca un dispendio di energia e, di conseguenza, un’aumentata richiesta di ossigeno. Pertanto, se una regione del cervello à attiva, necessariamente, avrà più bisogno di ossigeno. “La strategia fMRI di gran lunga più diffusa”, aggiunge il fisico, “si basa, infatti, proprio, sul contrasto Bold (Blood Oxygen Level Dependent), in cui le variazioni del segnale misurato sono legate alle variazioni locali del grado di ossigenazione del sangue (tale parametro varia durante l’attivazione neuronale per far fronte alle alterate richieste energetiche). È possibile, inoltre, ricavare mappe funzionali adoperando avanzate tecniche di Rmn che consentono lo studio selettivo di altri parametri che variano durante l’attivazione neuronale, mentre utilissime informazioni sulle variazioni metaboliche associate all’attivazione neuronale possono essere ricavate con la Spettroscopia Rmn”.

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