L’ivermectina non va usata contro Covid-19

ivermectina
(Foto: Halacious on Unsplash)

Dopo il boom di acquisti dell’antimalarico idrossiclorochina lo scorso anno, che – ricordiamo – non è attualmente raccomandato contro Covid-19, questa volta è il turno di nuovo farmaco che sta spopolando negli Stati Uniti (da noi ancora no). Si tratta dell’ivermectina, un medicinale a uso veterinario e non solo, contro specifiche forme di parassitosi, nato più di 40 anni fa. Negli Stati Uniti c’è stata ed è in corso un’impennata di acquisti: si parla di 88mila confezioni vendute a settimana a metà agosto contro le 3.600 medie prima della pandemia.

Per questa ragione le autorità sanitarie internazionali, dalla Food and Drug Administration (Fda) statunitense all’Agenzia europea per i medicinali (Ema), richiamano alla cautela rimarcando che questo farmaco non è né autorizzato né raccomandato contro Covid-19. E sottolineano che ad oggi non ci siano prove sufficienti dei benefici dell’ivermectina nelle infezioni da coronavirus, fermo restando che per approfondire l’argomento sono in corso delle apposite sperimentazioni.

Cosa dicono Ema e Fda

Ema raccomanda di non utilizzare l’ivermectina contro il coronavirus se non all’interno di specifici studi clinici. “L’Ema ha esaminato le ultime evidenze sull’uso di ivermectina per la prevenzione e il trattamento di Covid-19 – si legge in un comunicato ufficiale – e ha concluso che i dati disponibili non ne sostengono l’uso al di fuori di studi clinici ben progettati”. L’agenzia, inoltre, sottolinea che non è stata ricevuta alcuna domanda di autorizzazione del prodotto contro le infezioni da coronavirus. Inoltre all’analisi degli studi clinici emerge che “questo farmaco potrebbe bloccare la replicazione del Sars-Cov-2 ma a concentrazioni molto più elevate rispetto a quelle raggiunte con le dosi attualmente autorizzate”.

Il rischio paventato dalle autorità è che l’assunzione di dosi massicce possa comportare effetti collaterali importanti. Questo rischio in qualche caso, purtroppo, è già realtà: stando a quanto riferisce il New York Times, che a sua volta riporta dati dei Centers for Disease Control and Prevention, le chiamate al centro antiveleni sarebbero aumentate di ben 5 volte dall’inizio di luglio (dati dell’American Association of Poison Control Centers). A questo proposito il messaggio della Fda arriva forte e chiaro attraverso un tweet.

Cosa dicono gli studi su ivermectina

Secondo l’esame Ema, gli studi sul farmaco contro Covid-19 hanno prodotto risultati diversificati: alcuni hanno mostrato qualche potenziale beneficio, mentre altri non segnalano vantaggi degni di nota. Molte ricerche erano peraltro di dimensioni ridotte o presentavano altre limitazioni, come l’uso concomitante di altri medicinali che può confondere l’esito dell’indagine. Il vasto studio Together trial, coordinato dalla McMaster University in Canada, per esempio, è stato interrotto all’inizio di agosto perché la somministrazione di ivermectina non ha portato miglioramenti superiori a quelli di un placebo. Ma ancora sono in corso vari trial per capire se e come l’impiego di questo principio possa essere utile.


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Cos’è l’ivermectina

Scoperta nella metà degli anni Settanta e introdotta nei primi anni Ottanta, l’ivermectina nasce come farmaco a uso veterinario, per eliminare vari tipi di vermi e altri parassiti. L’utilizzo è stato esteso anche all’essere umano, contro particolari forme di parassitosi, e questo risultato è valso agli scopritori, William C. Campbell e Satoshi Omura, il premio Nobel per la Medicina nel 2015. L’impiego veterinario rimane più comune anche se a dosi relativamente basse l’ivermectina è autorizzata e viene somministrata per bocca anche agli esseri umani contro l’oncocercosi, la strongiloidosi e la filariosi linfatica (tutte malattie infettive causate da parassiti nematodi), ma anche contro la scabbia e i pidocchi. Mentre per applicazioni sulla pelle può essere prescritta nel caso di una patologia cutanea chiamata rosacea.

Via: Wired.it

Credits immagine: Halacious on Unsplash