Kepler, un cacciatore di pianeti da record

È ufficiale: Kepler ha fatto record. Nei primi giorni di questo 2015 gli esopianeti scoperti dal telescopio spaziale della Nasa (e la cui esistenza è stata confermata) hanno infatti superato quota mille. Ma non solo, ben tre degli ultimi pianeti extra-solari identificati dal team di Kepler sono potenzialmente abitabili: sono infatti di dimensioni simili alla Terra (e quindi probabilmente solidi, e non giganteschi ammassi di gas come Giove), e orbitano abbastanza vicino alla loro stella da possedere acqua allo stato liquido sulla superficie. Gli ultimi risultati, in attesa di pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal, arrivano dall’analisi del più recente gruppo di candidati rilasciato dalla sonda, che comprende oltre 550 possibili esopianeti, e portano il numero totale di pianeti scoperti fuori dal Sistema solare a 1.789.

La missione di Kepler ha avuto inizio nel 2009, quando la sonda è stata posizionata in orbita intorno al Sole con il suo unico strumento, un fotometro ultra sensibile, puntato su una porzione della Via Lattea che comprende le costellazioni del Cigno, della Bilancia e del Dragone. Lo scopo della Nasa era quello di determinare quanto fossero comuni i pianeti nella nostra Galassia al di fuori del Sistema Solare. Per farlo, la sonda ha monitorato per quattro anni tutte le stelle presenti nel suo campo visivo entro i 3.000 anni luce, alla ricerca dei piccoli cali di luminosità (rilevabili dal fotometro di cui è equipaggiata) che indicano il passaggio di un pianeta di fronte a questi corpi celesti.

Con questa tecnica la sonda è riuscita ad identificare oltre 4mila potenziali esopianeti e a confermarne oltre 700, ma a maggio del 2013 il guasto della seconda ruota di reazione (la prima era andata perduta già nei primi mesi della missione), strumento necessario per tenere perfettamente in posizione la sonda, aveva costretto la Nasa a sospendere le operazioni, con il serio rischio che la missione dovesse essere abbandonata definitivamente tre anni prima della deadline originaria.

Alla fine è stata trovata una soluzione ingegnosa, che sfrutta la pressione del vento solare per bilanciare la sonda in una nuova posizione, e che sposta però il suo campo visivo verso una nuova zona dello Spazio, più o meno in direzione della costellazione del Sagittario. La scelta alla fine si è rivelata vincente, e a dicembre del 2014 Kepler ha scoperto il primo nuovo esopianeta della seconda parte della sua missione: Hip 116454b, una super Terra che orbita troppo vicino alla sua stella per consentire la presenza di acqua allo stato liquido, e quindi della vita come la conosciamo.

Differente la situazione gli ultimi tre esopianeti confermati negli scorsi giorni dagli scienziati della Nasa. Questi corpi celesti rispondono infatti ai criteri di Goldilocks, orbitano cioè nella cosiddetta “zona abitabile” di una stella, e sono quindi potenzialmente in grado di ospitare oceani sulla loro superficie.

(credits: NASA)
(credits: NASA)

Di questi nuovi pianeti due sono particolarmente simili alla Terra per dimensioni, e hanno quindi un’alta probabilità di essere composti di materia solida come il nostro pianeta. Entrambi gli esopianeti orbitano intorno ad una nana rossa. Il primo, Kepler 438b, dista 475 anni luce dalla Terra, ha una massa superiore a quella del nostro pianeta di circa il 12%, e il 70% di probabilità di essere composto di roccia e di rientrare nella zona abitabile della sua stella. Il secondo, Kepler 442b, è più distante, trovandosi a circa 1.100 anni luce da noi, è più grande della Terra di circa il 30%, ha una probabilità del 97% di trovarsi nella zona abitabile e del 60% di essere solido.

via Wired.it

Credits immagine: NASA Ames/JPL-Caltech/T Pyle

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