Aspro, salato o dolce a seconda dell’umore. Uno studio dell’Università di Bristol pubblicato su Journal of Neuroscience mette in evidenza gli stretti legami tra il gusto del cibo e lo stato d’animo con cui ci si siede a tavola. Chiarendo soprattutto come cambia la percezione del sapore in pazienti depressi. La ricerca potrebbe rivelarsi utile per mettere a punto innovativi “test del gusto” in grado di individuare il farmaco più efficace per curare il disagio psichico.
Chi soffre di depressione manifesta un aumento nel cervello dei livelli di serotonina o noradrenalina e in alcuni casi di entrambe le sostanze e ha, probabilmente come conseguenza di queste alterazioni, una scarsa percezione dei sapori. Somministrando a 20 volontari due farmaci antidepressivi con effetti differenti, i ricercatori di Bristol hanno notato che il composto chimico responsabile di un aumento della serotonina rende più sensibili al dolce e all’amaro, mentre il farmaco che produce un innalzamento dei livelli di noradrenalina inasprisce il gusto dei cibi. “Finora non sapevamo esattamente quali sapori fossero legati alla depressione”, dice Lucy Donaldson responsabile della ricerca. Ora conosciamo la relazione tra le sostanze chimiche e il gusto dei cibi che da queste viene alterato”.
In futuro i medici potrebbero basarsi sulle impressioni gastronomiche dei pazienti per decidere la terapia più efficace: potrebbe bastare infatti individuare quale sfumatura del gusto prevale e quale invece è assente in una determinata pietanza. Prossimamente i ricercatori valuteranno anche gli effetti sul gusto del triptofano, una sostanza che, al contrario di quelle finora impiegate nell’esperimento, abbassa i livelli di serotonina. (g.d.o)
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