La fabbrica dei sospetti

A Ferrara è in corso un’inchiesta della Magistratura su 39 casi di operai deceduti per possibile avvelenamento da cloruro di vinile monomero (Cvm). E per altri venti, dal punto di vista della legge, è ormai troppo tardi perché i reati sono caduti in prescrizione. A essere indagati sono i funzionari dell’industria chimica Solvay nel periodo – gli anni ‘70 – in cui avveniva la lavorazione del Cvm. Le ipotesi di reato contestate sono omicidio colposo e lesioni colpose gravi. L’azienda risponde alle accuse affermando di avere, fin dall’inizio della vicenda Cvm, “intrapreso misure tecniche per ridurre l’esposizione del personale al Cvm”. E, “a seguito della conferma degli effetti tossici del cloruro di vinile, tutte le unità produttive di Cvm/Pvc del Gruppo Solvay furono oggetto di modifiche destinate a ridurre l’esposizione dei lavoratori”.Della nocività del Cvm, una sostanza impiegata nel ciclo di produzione della plastica, si è parlato molto in occasione del processo di Porto Marghera. Allora a essere imputati erano i vertici di Enichem e Montedison, accusati dal pubblico ministero Felice Casson di essere responsabili della morte di 157 operai. Gli imputati furono tutti assolti con una sentenza che fece scandalo.Ma proprio da quell’indagine nacque il procedimento di Ferrara. Fu lo stesso Casson a inviare a Ferrara uno stralcio dell’inchiesta in corso. Per molto tempo la vicenda degli operai ferraresi è rimasta inspiegabilmente nel silenzio. Fino a che, sulla spinta dell’intervento di Legambiente che sostiene legalmente la maggior parte delle vittime, anche l’inchiesta di Ferrara è decollata.A luglio 2002, concluse le indagini dei periti sui sopravvissuti, è iniziata la valutazione medico-legale delle cartelle cliniche dei deceduti. E quando, a fine novembre, si avranno i risultati, si saprà quanti di questi decessi sono effettivamente correlati all’esposizione al Cvm. Nel frattempo sono morte altre due persone.Nel 1999 la Solvay ha chiuso i battenti e ha smantellato buona parte degli edifici situati nell’area del polo chimico. Tutto finito dunque, e si tratta solo di fare i conti con un tragico passato? Non è affatto così, avverte Legambiente: “La questione per la bonifica dell’area ex-Solvay è ancora tutta aperta”. La linea scelta dall’amministrazione locale è quella di puntare, tramite un protocollo d’intesa, al reinsediamento di industrie sicure, poco inquinanti e che provvedano preventivamente alla bonifica dell’area.Ma proprio sull’impatto ambientale delle nuove industrie sono divampate le prime polemiche. A proposito della costruzione di una centrale elettrica da 800 megawatt. E il protocollo tra industrie e Comune, secondo Legambiente, rischia di diventare un mero “accordo di buon vicinato”, incapace di garantire da solo la soluzione del problema della bonifica. Che si dimostra drammaticamente complessa.Ultimo elemento in ordine di tempo è la scoperta di pozzi inquinati da Cvm (non imputabili, allo stato attuale, alla Solvay), che hanno innescato un nuovo caso. Ancora una volta è stata Legambiente a sollecitare l’avvio di un’inchiesta. Ne è nato un nuovo procedimento giudiziario a carico degli organi di controllo. A pochi mesi dalla scoperta dei primi due pozzi contaminati, ne sono stati trovati altri tre, sempre nell’area adiacente al polo chimico. Un’area in cui il Centro anziani di Ferrara ha destinato piccole parcelle di terreno alla coltivazione di orti. Che da quei pozzi attingevano acqua per le irrigazioni.

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