La lotta alla fame passa per i diritti delle donne

Se nel mondo oltre un miliardo e venti milioni di persone patiscono la malnutrizione, questo è dovuto anche alla discriminazione nei confronti del sesso femminile. È questo un dato tra i più importanti emersi quest’anno nella quarta edizione dell’Indice Globale della Fame (Igf), il rapporto sullo stato della sicurezza alimentare mondiale, curato dall’International Food Policy Institute e tradotto in italiano da Link 2007, un network di dieci organizzazioni non governative italiane. Infatti, secondo il documento – presentato oggi a Roma -, garantire i diritti delle donne attraverso l’accesso alle scuole, alle strutture sanitarie e alla produzione economica significa poter contare su ‘mamme sane’, i cui figli sono forti e ben nutriti soprattutto nei primi anni di vita.

L’associazione emerge anche da altri dati, quelli presentati ieri dall’Unicef nel rapporto “Il punto sui progressi nella nutrizione materno-infantile”, secondo cui 200 milioni di bambini sotto i cinque anni hanno ritardi nella crescita proprio a causa della denutrizione cronica infantile e materna. Nonché dal rapporto di Medici Senza Frontiere “Malnutrizione, quanto è stato speso”, dove si legge che i fondi andrebbero moltiplicati per trenta, ma che dovrebbero soprattutto essere indirizzati ai cinque milioni di bambini che rischiano di non superare i cinque anni per motivi legati alla scarsa alimentazione. I tre rapporti arrivano alla vigilia del vertice della Fao sulla sicurezza alimentare, in programma a Roma dal 16 al 18 novembre.

I dati utilizzati nella stesura dell’Indice Globale della Fame fanno riferimento agli anni 2002-2007 ed è quindi escluso il biennio 2008-2009 che ha visto una delle più gravi crisi economiche degli ultimi cento anni. Se nel 2003-2005 le persone nel mondo che soffrivano la fame erano circa 840 milioni (in base ai dati forniti dalla Fao), nel 2008 questo dato è salito al miliardo e venti milioni. Si tratta di un sesto della popolazione mondiale, al quale potrebbe aggiungersi il fattore importante, ma non ancora rilevato, della crisi.

I ricercatori hanno preso in considerazione 121 paesi, a esclusione di Afghanistan, Somalia e Iraq di cui non si dispongono dati sufficienti (da notare che queste tre nazioni sono anche quelle dove è più forte la discriminazione della donna), e raccolto dati su diversi fattori come la percentuale di bambini malnutriti, il tasso di mortalità infantile e la percentuale di popolazione adulta che non ha accesso a una quantità adeguata di calorie. È emerso così che 29 nazioni del mondo hanno un indice della fame allarmante, in cui, cioè, dal 20 a oltre il 30 per cento della popolazione soffre la malnutrizione.

I paesi con il più alto “tasso di fame” al mondo si trovano nell’Asia meridionale e in Africa Sub-Sahariana. Per quanto riguarda la popolazione adulta malnutrita, il paese con la più alta percentuale al mondo è la Repubblica Democratica del Congo, seguita dall’Eritrea. I bambini che più soffrono la fame vivono invece in India e in Bangladesh, mentre la Sierra Leone detiene il primato per il più alto tasso di mortalità infantile sulla Terra. Alcune delle cause di queste situazioni sono il perdurare dei conflitti, la debolezza dei governi, la diffusione dell’Hiv e, come detto, la disparità di genere.

Ecco alcune proposte avanzate dalle associazioni non governative per ridurre il tasso di malnutrizione nel mondo: investire nell’agricoltura, soprattutto per il cosiddetto “ultimo miglio”, cioè per le popolazioni che vivono in aree rurali abbandonate o nelle periferie degradate delle città; promuovere la qualità dei consumi nel mondo occidentale; difendere i diritti delle donne.

Per quanto riguarda gli investimenti delle nazioni più ricche per gli aiuti alla cooperazione e lo sviluppo del Sud del mondo, l’Italia è il fanalino di coda dell’Unione Europea. “Quest’anno abbiamo investito lo 0,22 per cento del Pil e non siamo sicuri di riuscire a raggiungere l’obiettivo Ue del 2010 che prevede di arrivare allo 0,51 per cento – spiega il Vice Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, Mario Sammartino – Per questo il Parlamento ha votato una mozione bipartisan che prevede di reperire più fondi per il prossimo anno, in modo da essere in linea almeno con un altro obiettivo: lo 0,7 del Pil entro il 2015”. La differenza con altri paesi europei è netta: nel Nord Europa le nazioni hanno già raggiunto (e qualche volta superato) lo 0,51 per cento, mentre di poco sotto la media europea sono la Germania, la Francia e la Spagna. l’Italia è all’ultimo posto in Europa, a pari merito con la Grecia.

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