La memoria dell’olfatto

Perché quando entriamo in un ambiente pervaso da un forte odore siamo inizialmente molto sensibili, e dopo dieci minuti non lo percepiamo quasi più? Sulle cause dell’adattamento olfattivo c’erano finora molte ipotesi, ma nessuna certezza. In una ricerca internazionale, Takashi Kurahashi del National Institute for Physiological Sciences di Okazaky, Giappone, e Anna Menini dell’Istituto di Cibernetica e Biofisica di Genova, illustrano la loro scoperta secondo cui l’adattamento avviene già a livello dei neuroni olfattivi, le cellule che entrano fisicamente in contatto con le molecole provenienti dal mondo esterno. La ricerca è pubblicata sull’ultimo numero di Nature.Il ruolo centrale nel processo, spiega la studiosa italiana, è svolto da alcuni particolari canali ionici (i corridoi che attraversano la membrana cellulare dei neuroni olfattivi e governano il passaggio degli ioni tra l’interno e l’esterno della cellula): quelli attivati da un trasmettitore interno, l’Amp ciclico. All’inizio del processo, questi canali sono chiusi. Quando le molecole odorose arrivano a contatto con i neuroni olfattivi, si legano a una proteina sulla membrana. A questo punto parte una complessa reazione chimica che provoca la produzione di molecole di Amp ciclico, che a loro volta causano l’apertura dei canali ionici. Attraverso i canali, ioni di calcio e di sodio penetrano all’interno della cellula e ne modificano il potenziale elettrico: la cellula è eccitata e reagisce in modo brillante. Ma è proprio l’aumento della concentrazione interna di ioni di calcio il fattore che “narcotizza” i canali ionici, rendendoli incapaci di aprirsi ancora. A ogni stimolazione successiva, entrerà nella cellula un numero inferiore di ioni positivi. La cellula reagisce ai nuovi stimoli odorosi con segnali elettrici più deboli rispetto a quelli prodotti la prima volta: in altre parole, si è adattata all’odore.”La rilevanza della scoperta va al di là dell’interesse scientifico per l’olfatto”, spiega Anna Menini, “perché conferma la straordinaria versatilità di questa categoria di canali ionici attivati da nucleotidi ciclici, come l’Amp. Non solo sono coinvolti nei processi sensoriali – sono presenti anche nei recettori visivi, oltre che nelle cellule olfattive – ma sono stati scoperti anche nell’aorta, nello sperma, e in alcuni invertebrati hanno il compito di regolare la percezione della temperatura”.Era già noto che l’adattamento visivo e quello acustico avvenissero internamente alle cellule recettrici, e ora che scopriamo la stessa cosa riguardo all’olfatto, diventa ancora più evidente la somiglianza dei meccanismi attivi nelle diverse modalità sensoriali: “Nonostante gli stimoli olfattivi siano così dissimili dagli stimoli visivi, perché in un caso si tratta di molecole e nell’altro di fotoni, i processi molecolari coinvolti nell’adattamento sono straordinariamente simili. Anche le proteine recettrici sono della stessa famiglia, e mostrano comportamenti comuni: per esempio, entrambe attraversano la membrana cellulare sette volte, ed entrambe attivano le stesse proteine. Tuttavia, rimangono differenze importanti fra olfatto e visione. Per dirne una, la visione cromatica si sviluppa a partire dalla ricezione di tre colori fondamentali, mentre l’olfatto possiede migliaia di recettori proteici di base, ciascuno sensibile a un tipo di odore diverso”.”La scoperta è importante per tre aspetti”, precisa poi Takashi Kurahashi. “E’ la prima dimostrazione che l’adattamento olfattivo avviene al livello del recettore cellulare, descrive in modo completo qual è il meccanismo molecolare alla base dell’adattamento e ha permesso di mettere a punto una nuove tecniche per misurare gli eventi molecolari interni alla cellula”.Secondo Kurahashi, queste tecniche potranno risultare utili per lo studio di altri tipi di cellule: “Il nostro obiettivo finale è sviluppare questi procedimenti per applicarli ai neuroni cerebrali. E’ un passo molto difficile da compiere, dato che i neuroni cerebrali elaborano l’informazione in modo estremamente rapido. Ma ci sono buone speranze. Inoltre riteniamo che la nostra tecnica sia applicabile anche alla complessa rete dei neuroni nel cervello. Credo che molti neuroscienziati usino già procedimenti simili per venire a capo dell’attività complessiva del cervello, così il nostro metodo può arricchire le neuroscienze e addirittura le ricerche nel campo dell’intelligenza artificiale”.Il fatto che l’adattamento olfattivo avvenga interamente al livello della cellula ha ripercussioni anche sulle scienze cognitive in generale, perché lancia un monito importante. Fino a questo momento si era pensato che l’adattamento fosse causato da un ordine proveniente dai livelli più alti della cognizione: e cioè che fosse il cervello, accorgendosi di ricevere da un po’ di tempo gli stessi segnali, a ordinare ai recettori di smettere di reagire a quegli stimoli. Se questo fosse stato il meccanismo corretto, gli eventi molecolari interni alla cellula avrebbero dovuto essere attivati da un segnale esterno, proveniente dalle zone del sistema nervoso centrale in cui avviene l’elaborazione dell’informazione sensoriale. Poiché invece le cellule sono capaci di sbrigarsela da sole – lo sapevamo già per la vista e per l’udito, lo apprendiamo ora riguardo all’odorato – le cellule devono essere più “intelligenti” di quanto credessimo, e i livelli inferiori della cognizione devono essere in grado di portare a termine in modo autonomo attività che a prima vista richiederebbero interventi dai livelli superiori.”E’ davvero stupefacente”, conclude Kurahashi, “che la cellula recettore, il primissimo gradino del processo sensoriale, abbia così tante funzioni: trasduzione del segnale, discriminazione delle specie di stimoli, adattamento, mascheramento (si veda l’articolo di Kurahashi et al., Science, 1994, 265, pp. 118-120). In effetti il neurone olfattivo non è solo il luogo da cui parte l’input sensoriale, ma un vero e proprio processore complesso. Anche se non escludiamo la possibilità che l’adattamento olfattivo possa essere ulteriormente regolato da livelli più alti”.

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