La moralità della deterrenza

Care sorelle e fratelli,

noi sottoscritti, vescovi cattolici degli Stati Uniti e membri di Pax Christi Usa, scriviamo a voi su un argomento di grave implicazione morale: continuare a possedere, sviluppare e pianificare l’uso di armi nucleari da parte del nostro paese. Nei passati 15 anni, e particolarmente nel contesto della Guerra fredda, noi, vescovi cattolici degli Stati Uniti, abbiamo con riluttanza riconosciuto la possibilità che le armi nucleari potessero avere una qualche legittimità morale, ma solo in vista del disarmo nucleare. E’ nostro attuale parere che questa legittimità venga ora a mancare.

Nel 1983 la Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici, nella nostra Lettera Pastorale La sfida della Pace, la promessa di Dio e la nostra risposta, affrontò l’eccezionale sfida morale posta dalle armi nucleari. Quindici anni fa noi affermammo che, data la massiccia e indiscriminata distruzione che le armi nucleari infliggerebbero, il loro uso non sarebbe moralmente giustificato (1). Allora, noi parlammo in sintonia con la coscienza del mondo. Oggi riaffermiamo il nostro giudizio. Le armi nucleare non devono mai essere usate, non importa quale sia la provocazione, non importa quale sia l’obiettivo militare.

La deterrenza

Quindici anni fa noi condividemmo l’opinione del Papa Giovanni Paolo II nel riconoscere che, nel contesto di quel fase storica, il possesso di queste armi come deterrente verso l’uso di armi nucleari da parte altrui poteva essere moralmente accettabile, ma accettabile solo come misura provvisoria e solo se la deterrenza fosse stata accompagnata da espliciti provvedimenti verso un progressivo disarmo.

La nostra fu un accettazione morale della deterrenza nucleare strettamente condizionata, basata su tre criteri:

– affidarsi a strategie di deterrenza deve essere solo una politica provvisoria. Come abbiamo affermato allora, “Noi non possiamo considerarla adeguata come principio fondamentale valido, di lunga scadenza, per la pace” (2);

– lo scopo di mantenere provvisoriamente le armi nucleari era solo “per ostacolare l’uso di armi nucleari da parte di altri” (3);

– la deterrenza deve essre intesa “non come un fine in se stesso ma come un passo nel cammino verso un progressivo disarmo” (4).

Nel nostro documento Mietere Giustizia è seminare in pace, redatto in occasione del decimo anniversario, noi chiarimmo ulteriormente che “un disarmo progressivo” deve comportare un impegno per l’eliminazione della armi nucleari, non semplicemente come un ideale, ma come un concreto obiettivo politico (5).

Una nuova fase

Nel 1998 il contesto globale è notevolmente diverso da quello di alcuni anni fa. Durante tutta la Guerra fredda l’arsenale nucleare venne sviluppato e mantenuto come ultimo baluardo, in un conflitto ideologico che oppose quelle che erano considerate due forze storiche contrapposte – capitalismo in Occidente e comunismo in Oriente. L’ampiezza di questo conflitto era determinata dalla reciproca esclusività di entrambe le ideologie. Le armi nucleari e la politica della Sicura Mutua Distruzione vennero accettate come il contesto inevitabile di quella particolare contrapposizione. Oggi l’Unione Sovietica non esiste più. Gli Stati Uniti stanno ora aiutando la democratica Federazione Russa a smantellare quelle stesse armi nucleari che fino poco tempo fa erano schierate per distruggerci. Eppure, le armi accumulate per tutta la durata della Guerra fredda sono sopravvisute a quel periodo storico, e sono in cerca oggi di nuove giustificazioni e nuove missioni da compiere.

Ma, con la fine della Guerra fredda giunse una nuova speranza. L’opinione mondiale si è coalizzata intorno allo sforzo concreto di bandire le armi nucleari, come è stato per le armi biologiche e chimiche e più recentemente per le mine anti-uomo. Come esempio di questa posizione, registriamo la drammatica dichiarazione pubblica del dicembre 1996 in cui 61 Generali ed Ammiragli in pensione, molti dei quali ebbero posizioni al più alto livello nell’establishment nucleare di questo paese, dissero che queste armi non sono necessarie, sono destabilizzanti e devono essere messe al bando (6). Ricordiamo inoltre lo storico parere della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 1996, secondo cui “la minaccia o l’uso delle armi nucleari sarebbero in generale contrari alle norme del diritto internazionale applicabili ai conflitti armati, e in particolare ai principi e alle regole della legge umanitaria”. La Corte proseguì affermando: “Esiste un obbligo a perseguire e concludere in buona fede negoziati che conducano al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti, sotto stretto ed efficace controllo internazionale” (7).

Inoltre, la Santa Sede è diventata più esplicita nella sua condanna delle armi nucleari, e ha sollecitato una loro abolizione. Noi riconosciamo questo nuova fase, e concordiamo con la Santa Sede, che ha affermato: “Se le armi biologiche, le armi chimiche e ora le mine terrestri possono essere distrutte, così lo possono anche le armi nucleari. Nessuna arma come quella nucleare minaccia la tanto desiderata pace del XXI secolo. L’enormità di questo obiettivo non ci deve dissuadere dagli sforzi necessari per liberare l’umanità da tale flagello” (8).

Sfortunatamente, gli enormi cambiamenti politici che sono avvenuti al seguito della Guerra fredda non sono stati accompagnati da analoghi cambiamenti nella pianificazione militare dello sviluppo e dello schieramento delle armi nucleari. E’ assolutamente evidente per noi che l’attuale polica statunitense non contempla un deciso impegno per un disarmo nucleare progressivo. Piuttosto, nel periodo del dopo-Guerra fredda, la politica sull’armamento nucleare è stata estesa per includere nuove missioni che vanno molto al di là del precedente ruolo di deterrenza nei confronti di un attacco nucleare. Attualmente, gli Stati Uniti mantengono l’impegno ad usare per primi le armi nucleari, anche per attacchi nucleari preventivi contro nazioni che non posseggono armamenti nucleari. “Strategie dal bersaglio flessibile” sono rivolte alle nazioni del Terzo Mondo, ed esiste un nuovo impegno a usare armi nucleare sia preventivamente che in risposta ad attacchi con armi chimiche e biologiche o ad altre minacce agli interessi nazionali statunitensi (9). Questo ampliamento del ruolo della deterrenza nucleare statunitense è inaccettabile.

Una nuova corsa al riarmo

Per mantenere la necessaria credibilità in linea con la strategia della deterrenza nucleare, gli Stati Uniti hanno oggi intrapreso un’ampliamento del loro complesso militare nucleare. Il Dipartimento per l’Energia, d’accordo con il Dipartimento per la Difesa, ha sviluppato il Programma di Amministrazione e Gestione dell’armamento nucleare (Stockpile Stewardship and Management Program), un vasto e multiforme sforzo di ammodernamento del complesso militare nucleare per assicurare la prosecuzione della ricerca, sviluppo e sperimentazione delle armi nucleari ben oltre il prossimo secolo. Il programma, alla fine, renderà possibile effettuare test nucleri simulati con computer che consentiranno agli Stati Uniti di continuare a sperimentare armi nucleari nell’eventualità che entri in vigore il Trattato di Proibizione Completa degli Esperimenti Nucleari (CTBT – Comprehensive Test Ban Treaty), che bandirà la sperimentazione nucleare sotterranea a piena scala (10). Il costo di questo programma è attualmente stimato in 60 miliardi di dollari nei prossimi dodici anni. Un tale investimento, in un programma destinato a migliorare la capacità di progettazione, sviluppo, sperimentazione e mantenimento delle armi nucleari indica in modo molto chiaro che gli Stati Uniti, (così come gli altri paesi militarmente nucleari che hanno similmente sviluppato queste nuove capacità di sperimentare e progettare) non mostrano alcuna intenzione di andare verso il “disarmo progressivo” e certamente nessun impegno nell’eliminare completamente queste armi (11).

Invece di un disarmo progressivo, stiamo assistendo all’istituzionalizzazione della deterrenza nucleare. La recente Direttiva presidenziale sulla politica nucleare militare, parzialmente resa nota al pubblico nel dicembre 1997, rende chiaro questo punto. La Direttiva indica che gli Stati Uniti continueranno a fare affidamento sulle armi nucleari come il pilastro della difesa della nazione, che il ruolo di queste armi è stato ampliato per includere la deterrenza verso gli stati del Terzo Mondo militarmente non-nucleari e la deterrenza verso le armi chimiche e biologiche, così come altri non identificati interessi vitali statunitensi all’estero (12). Non rappresenta forse questa politica, insieme ai grossi investimenti previsti dal Programma di Amministrazione e Gestione dell’armamento nucleare, un rinnovato impegno per la deterrenza nucleare che influirà sulle generazioni future? Il calendario del Ministero dell’Energia nell’ambito del dal Programma di Amministrazione e Gestione dell’armamento nucleare indica che gli Stati Uniti continueranno a sviluppare, sperimentare e contare sulla deterrenza nucleare fino al 2065 (13). Questa non è certo la politica di transizione alla quale noi demmo a malincuore la nostra approvazione morale nel 1983. È piuttosto la manifestazione di una riconferma della strategia della deterrenza nucleare “come piattaforma a lungo termine per la pace” che noi rifiutammo in La sfida per la Pace. Questa politica, attuata quasi in assenza di discussione o dibattito pubblico, non porta forse la nostra nazione molto lontano dall’obiettivo di eliminare le armi nucleari al momento giusto, quando le aspirazioni della comunità mondiale si stanno dirigendo verso questa eliminazione?

Chiaramente, l’attuale corso della politica statunitense minaccia di innescare una nuova corsa al riarmo sia tra gli Stati militarmente nucleari, in quanto collaborano e competono nello sviluppo di programmi di progettazione e sperimentazione simulati al computer, sia tra le nazioni non militarmente nucleari, che percepiscono la istituzionalizzazione della deterrenza nucleare come una minaccia alle loro società. La grande maggioranza delle nazioni del mondo hanno solennemente rinunciato allo sviluppo di armi nucleari con il Trattato di Non Proliferazione. In cambio, gli Stati militarmente nucleari si impegnarono ad eliminare i loro arsenali. Nello stesso momento in cui gli Stati miltarmente nucleari intraprendono i loro attuali programmi di modernizzazione, essi inviano un chiaro messaggio al resto dei firmatari del Trattato: non solo non intendono rispettare gli accordi, ma ritengono le armi nucleari indispensabili per la loro sicurezza nazionale. Noi dobbiamo confessare il nostro timore che, tra non molto, altre nazioni che si sentono minacciate rinuncino al loro impegno di non sviluppare armi nucleari e intraprendano lo stesso cammino che gli Stati militarmente nucleari hanno indicato con il loro esempio ridimensionando l’idea di agire nell’interesse della sicurezza nazionale.

Nuove missioni nucleari

Il cambiamento della strategia statunitense – dall’idea di utilizzare il nucleare come deterrente per altri Stati che posseggono armi nucleari a quella di tenere sotto tiro tutte le nazioni che possono sviluppare qualsiasi arma di distruzione di massa – è relativamente recente (14). Tale sviluppo solleva serie preoccupazioni. Questa estensione del ruolo delle armi nucleari contraddice nettamente la nostra valutazione precedentemente asserita sulla moralità della deterrenza nucleare e sul ruolo delle delle armi nucleari, come pure l’impegno che gli Stati Uniti hanno preso sottoscrivendo il Trattato di non-proliferazione nucleare. Nel documento Mietere Giustizia è seminare in pace noi abbiamo parlato della crescente preoccupazione che le armi nucleari possano essere usate contro minacce non nucleari: “Gli Stati Uniti si dovrebbero impegnare a non usare mai per primi le armi nucleari, dovrebbero fermamente rifiutare ogni proposta di utilizzare armi nucleari per fermare minacce non nucleari, e dovrebbero rinforzare la fragile barriera contro l’uso di queste armi” (15). La politica di deterrenza nucleare, così come si è sviluppata nell’utimo decennio, è in chiara contraddizione con questi obiettivi.

Pericoli inerenti

La politica della deterrenza nucleare ha sempre contemplato l’intenzione di usare le armi se la deterrenza dovesse fallire. Dalla fine della Guerra fredda questa deterrenza è stata ampliata fino ad includere qualsiasi tipo di aggressore potenziale, gli Stati proliferatori e le cosiddette “nazioni canaglia”. L’inerente instabilità di un mondo senza costrizioni imposte dalle grandi potenze come al tempo della Guerra Fredda ci induce a concludere che il pericolo inerente al fallimento della deterrenza è di fatto aumentato. Questo pericolo può manifestarsi se anche uno solo dei cosiddetti paesi “canaglia” si accorge del bluff. In tal caso, la politica della deterrenza prevede l’uso effettivo delle armi nucleari. Questo non deve essere permesso. Sia per gli effetti terrificanti che avrebbe l’uso delle armi nucleari, sia per le aumentate probabilità che esse vengano effettivamente utilizzate, riteniamo imperativo sollevare una chiara, non ambigua voce contro la strategia della deterrenza nucleare.

Conclusioni morali

Purtroppo, è chiaro che le precise condizioni da noi indicate per un’accettazione morale della deterrenza nucleare non sono state soddisfatte. In particolare:a) la politica della deterrenza nucleare sta per essere istituzionalizzata. Essa non viene più considerata una politica transitoria ma è diventata piuttosto la sola “base a lunga scadenza per la pace” che noi rifiutammo nel 1983.b) Dopo la Guerra fredda, il ruolo della deterrenza nucleare si è allargato ben oltre la precisa finalità di dissuadere altri dall’uso delle armi nucleari. Il ruolo che le armi nucleari dovrebbero ora giocare comprende un’intera gamma di contingenze su scala globale, compresa la neutralizzazione del pericolo delle armi chimiche e biologiche e la protezione di vitali interessi nazionali all’estero.c) Sebbene gli Stati Uniti e le repubbliche che costituivano la precedente Unione Sovietica abbiano negli ultimi anni eliminato parte del loro immenso, e superfluo, arsenale nucleare, si può affermare che, perlomeno il nostro paese, non ha alcuna intenzione di eliminare completamente queste armi. Piuttosto, gli Stati Uniti intendono mantenere il proprio deterrente nucleare fino ad un futuro indefinito.

Il Vangelo fa appello all’amore

Come vescovi della Chiesa degli Stati Uniti, è nostro compito testimoniare direttamente delle politiche e delle azioni della nostra nazione. Noi parliamo d’amore non solo per quelli che potrebbero soffrire e morire come vittime della violenza nucleare, ma anche per quelli che potrebbero avere su di sé la terribile responsabilità di aver fatto esplodere queste orrende armi. Noi parliamo d’amore per coloro che soffrono a causa degli effetti sulla salute nelle comunità dove queste armi sono prodotte e sono state sperimentate. Noi parliamo d’amore per coloro che vengono privati dei beni primari a causa dell’impiego di enormi quantità di risorse disponibili per lo sviluppo e il mantenimento delle armi nucleari. Ricordiamo le parole di un altro messaggio del Vaticano alle Nazioni Unite, secondo cui queste armi, “solo per il loro costo, uccidono i poveri facendoli morire di fame” (16). Noi parliamo d’amore sia per le vittime sia per i carnefici, ritenendo che “l’intera legge è contenuta in un’unica affermazione, cioè, ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’” (Gal 5-14).

E’ in nome di questo amore che noi alziamo le nostre voci insieme ad altre in tutto il mondo per invocare la fine della strategia di deterrenza nucleare e, d’altro canto, facciamo appello agli Stati Uniti e agli altri Stati militarmente nucleari affinché avviino un processo di eliminazione completa di queste armi moralmente offensive. In verità, nel prendere questa posizione, noi rispondiamo a un appello di Papa Giovanni Paolo II, il cui rappresentante permanente alla Nazioni Unite aveva affermato nell’ottobre del 1997:

“Il lavoro che questo comitato (primo comitato delle Nazioni Unite) ha intrapreso al fine di sollecitare negoziati che portino ad una convenzione sulle armi nucleari dev’essere accresciuto. Quegli Stati militarmente nucleari che resistono a tali negoziati debbono essere sfidati, perché aggrappandosi ad una giustificazione razionale della deterrenza nucleare ormai sorpassata, stanno negando le più profonde aspirazioni dell’umanità così come l’opinione delle maggiori autorità legali a livello mondiale. Ci saranno gravissime conseguenze per l’umanità se il mondo sarà guidato dal militarismo rappresentato dalle armi nucleari piuttosto che dalle leggi umanitarie adottate dalla Corte Internazionale di Giustizia. “Le armi nucleari sono incompatibili con la pace che ci auguriamo per il XXI secolo. Esse non possono avere alcuna giustificazione. Devono essere condannate. Perché Trattato di non proliferazione venga preservato occorre un impegno esplicito e chiaro circa la loro abolizione. Questa è una sfida morale, una sfida legale e una sfida politica, che richiede l’impegno di tutta la nostra umanità” (17).

Sappiamo che il nostro messaggio incontrerà delle opposizioni. Siamo piernamente consapevoli che molti dei nostri uomini politici credono sinceramente che il possesso di armi nucleari sia vitale per la sicurezza nazionale. Noi, però, siamo convinti che non è così. Piuttosto, esse rendono il mondo un luogo più pericoloso. E forniscono ad altre nazioni una base razionale per costruire a loro volta arsenali nuclari, quindi aumentando la possibilità che esse vengano usate prima o poi da qualcuno.

Non solo queste armi non sono vitali per la sicurezza nazionale, ma noi crediamo che esse in realtà contribuiscano alla insicurezza del paese. Nessuna nazione può essere veramente sicura finché la comunità delle nazioni non sarà sicura. Siamo consci dell’ammonimento di Papa Giovanni Paolo II secondo cui “la violenza, sotto qualsiasi forma, non può decidere dei conflitti tra individui o tra nazioni, perché la violenza genera ancora più violenza” (18).

Ora, nel XV anniversario della Sfida alla Pace è giunto il momento di intraprendere azioni concrete per il disarmo nucleare. Alla vigilia del Terzo Millennio possa il nostro mondo liberarsi da queste terribili armi di distruziuone di massa e dalla costante minaccia che impongono. Non possiamo attendere oltre. La deterrenza nucleare come politica nazionale deve essere condannata come moralmente inaccettabile, dal momento che rappresenta la giustificazione per il possesso e l’ulteriore sviluppo di queste armi tremende. Noi esortiamo tutti ad unirsi nella sfida di avviare subito il processo di abolizione delle armi nucleari, piuttosto che continuare a fare affidamento su di esse a tempo indefinito.

La grazia e la pace di Gesù Cristo risorto sia con tutti noi.

(Seguono le firme di 73 vescovi statunitensi)

Bibliografia

1) The Challenge of Peace: God’s Promise and Our Response, NCCB, 1983, No. 150

2) Ibid., Challenge of Peace, No. 186

3) Ibid., Challenge of Peace, No. 185 & 188 (1)

4) Giovanni Paolo II, Message to the United Nations Special Session On Disarmament, 1982, #8

5) The Harvest of Justice is Sown in Peace, NCCB, 1993, p. 13

6) “Statement on Nuclear Weapons by 61 International Generals and Admirals”, New York Times, 6 dicembre , 1996

7) Advisory Opinion of the International Court of Justice on the (Il)legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, 8 luglio, 1996

8) Arcivescovo Renato Martino, United Nations Permanent Observer of the Holy See, Statement to the United Nations’ 1st Committee, 15 ottobre, 1997

9) British American Security Information Council, Nuclear Futures: Proliferation of Weapons of Mass Destruction and US Nuclear Strategy, 1 marzo 1998, p.10

10) Presidente William J. Clinton, Letter of Transmittal of the Comprehensive Test Ban Treaty to the United States Senate, 22 settembre 1997

11) Western States Legal Foundation, A Faustian Bargain: Why “Stockpile Stewardship” is Incompatible with the Process of Nuclear Disarmament, marzo 1998

12) Reported in the Washington Post, 7 dicembre 1997, p. 1

13) Da un colloquio tra William J. Hogan, Senior NIF Scientist, Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), e una delegazione di Pax Christi USA in visita al LLNL, 7 ottobre 1997

14) British American Security Information Council, Nuclear Futures: Proliferation of Weapons of Mass Destruction and US Nuclear Strategy, 1 marzo 1998. p.9

15) The Harvest of Justice is Sown in Peace, NCCB, 1993, p. 13

16) Giovanni Cheli, rappresentante permanente della Missione di osservazione della Santa Sede presso le Nazioni Unite, United Nations 1st Special Session on Disarmament, 1976

17) Arcivescovo Renato Martino, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, Dichiarazione presentata al United Nations’ 1st Committee, 15 ottobre 1997

18) Giovanni Paolo II, Address to Pax Christi International, 19 maggio 1995

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